La lotta quotidiana fra genitori, figli e I-Phone

Quei pochi coraggiosi o audaci che ancora fanno figli si scontrano con una serie di difficoltà quotidiane da affrontare e una delle più ostiche è quella con il tanto decantato smartphone, detto anche scemofono o lampada di Aladino tascabile. Ormai l’aggeggio viene dato in mano già quando i bambini hanno tre o quattro anni, se non addirittura prima...

La lotta quotidiana fra genitori, figli e I-Phone

Quei pochi coraggiosi o audaci che ancora fanno figli si scontrano con una serie di difficoltà quotidiane da affrontare e una delle più ostiche è quella con il tanto decantato smartphone, detto anche scemofono o lampada di Aladino tascabile. Ormai l’aggeggio viene dato in mano già quando i bambini hanno tre o quattro anni, se non addirittura prima. Però più il bambino cresce e più i genitori si trovano in difficoltà e cercano di limitargliene l’uso, perlomeno quelli più coscienti o che si accorgono che c’è qualcosa che non quadra. I bambini infatti ne rimangono rapiti come se fosse una televisione all’ennesima potenza; anzi, più della televisione l’aggeggio ha la capacità di essere interattivo. Se si abituano ad averlo poi non riescono a staccarsene e ogni volta è una discussione sui tempi da rispettare per la visione dello stesso: solo dieci minuti, che poi diventano venti, poi trenta e così via. E ogni volta che il bambino deve staccarsi dall’aggeggio, lo fa controvoglia o come se gli si stesse portando via un arto. I genitori, già provati dalla vita che ha mille impegni e complicazioni, fanno fatica ad imporsi e quindi quasi sempre il bambino tiene l’aggeggio più del dovuto. Per il genitore l’I-phone è croce e delizia perché, così come la televisione, distrae il bambino e lo anestetizza quindi lo placa e questo significa che il genitore può dedicarsi ad altre faccende, ma poi percepisce che non è proprio il massimo far guardare al proprio figlio delle immagini in movimento dentro una scatolina, che per la vista non sono certo un toccasana, e quello sarebbe il meno.

Il genitore sa che più gli dà in mano l’aggeggio e più il bambino lo saprà usare e più lo saprà usare e più potrà entrare nel magico e infinito mondo di internet, con tutto quello che ci abita di positivo (poco) e di negativo (tanto). Un bambino/ragazzo non ha ancora capacità di discernimento, non sa quali pericoli corre, con chi si relaziona e quali video vede. E non sa che shock o traumi può avere da quello che guarda inavvertitamente, visto che in rete gira qualsiasi cosa di tremenda e abominevole.
Tutto ciò con buona pace dei parent control e filtri di qui e di lì che i giovani sanno aggirare perfettamente, è come fermare un fiume con le mani. Anche perché basta che il bambino o ragazzo guardi il cellulare di un amico senza parent control e il gioco è fatto.
E più i bambini crescono, più la dipendenza diventa forte e anche questa preoccupa il genitore che vede i propri figli ipnotizzati (e non è di certo un bel vedere) che parlano, o meglio si esprimono, in qualche modo (perché spesso non si parla nemmeno, si mandano messaggini, vocali o simili) con gli amici attraverso l’aggeggio, si relazionano quasi solo con l’aggeggio e ne dipendono totalmente.
Infatti ormai innumerevoli studi scientifici realizzati da schiere di specialisti (addirittura un senatore della Repubblica fece uno studio accurato con specifica commissione senatoriale tra il 2019 e il 2021) dimostrano che la dipendenza da I-phone, internet, ecc, soprattutto per i giovani, è paragonabile alle droghe pesanti. Con una leggerissima differenza: se il genitore vedesse il figlio che si fa di eroina o cocaina non gli direbbe di certo: “Però fattene poca” o “Non esagerare, mi raccomando”.
Per non parlare del micidiale elettrosmog dall'acclarata pericolosità per la salute che però, visto che non ti fa venire la febbre e non si chiama covid, ovviamente non esiste.
A chi ancora crede che l’I-phone sia solo uno strumento e dipende da come lo si usa, basta far notare i miliardi di persone anestetizzate che non sanno staccarsi dallo strumento che è tutto tranne che neutro perché realizzato proprio per tenerci prigionieri. Ma forse chi racconta questa barzelletta dello strumento lo fa o perché lavora per i business stratosferici che ci girano attorno o perché non vuole dire qualcosa controcorrente che lo metterebbe in cattiva luce. Come si fa infatti al giorno d’oggi a dire qualcosa contro l’invenzione del millennio? Impensabile. 

Chi crede che sia solo uno strumento forse non realizza, o lo nasconde consapevolmente, che centinaia di migliaia, se non milioni di persone lavorano ogni giorno pagate lautamente per inventare costantemente modi per tenerci sempre più incollati alla droga digitale. Possono persone normali resistere a questa potenza di fuoco e investimenti di miliardi di dollari che hanno il solo obiettivo di rubare la nostra attenzione per venderci di tutto e renderci totalmente passivi? Da come stanno andando le cose direi proprio di no. 
E infatti le battaglie con i figli per limitarne l’uso vengono regolarmente perse dai genitori, sia perché le forze sono soverchianti ma anche per il semplice e solare motivo che i genitori stessi sono completamente dipendenti dall’aggeggio e lo usano sempre. Visto che i figli si basano sull’esempio e non certo sulle parole o imposizioni, si può dire quanto si vuole che lo devono usare con parsimonia ma i genitori, non essendo credibili, non verranno ascoltati. E così il genitore è perdente e triste perché si accorge che la cosa non è sana ma allo stesso tempo poi si fa sempre le solite giustificazioni e domande. Ma se lo hanno tutti come posso negarlo a mio figlio? Poi sarebbe tagliato fuori, tutto passa da lì, sarebbe emarginato, non avrebbe più amici, più relazioni. 

Come se prima dell’I-Phone le relazioni con gli altri non esistessero o le relazioni possano passare per qualcosa di virtuale che invece sta facendo accadere esattamente il contrario: bambini, ragazzi, adulti sempre più connessi e sempre più soli.
Scuse e giustificazioni umanamente comprensibili certo ma non per questo giuste o sane.
Fra essere emarginati (e da cosa poi? Da persone che non si fanno domande basilari sulla loro salute e su quella dei loro figli?) e avere problemi di salute e perdere importanti facoltà mentali, forse vale la pena essere emarginati?
Se tutti fanno qualcosa che fa male, che ci sta anestetizzando e facendo diventare sempre più dipendenti e fragili, perché dobbiamo farlo anche noi? Semplicemente perché chi vende roba che fa male (dalle sigarette al cibo spazzatura, dai pesticidi ai giochi d’azzardo, a qualsiasi cosa che inquina o che è un attacco alla salute) riesce a convincerci attraverso campagne pubblicitarie martellanti. E una volta che quel qualsiasi cosa si è diffuso grazie a enormi investimenti, con la complicità di politici ed esperti prezzolati, poi diventa impossibile frenare la valanga e così, quando la follia diventa normale e diffusa, viene socialmente accettata. Ma non per questo diventa meno follia.
Con la massa imponente di studi che sta emergendo sugli effetti devastanti sia dal punto di vista di elettrosmog ma anche della perdita di tante capacità intellettive umane facendoci diventare sempre più stupidi, forse sarebbe il caso di farci un pensierino se sia il caso di seguire la massa nella corsa forsennata verso il baratro.
Anche perché gli aggeggi diventeranno sempre più performanti, l’elettrosomg sempre più pericoloso con i 5G, 10G, 100G poichè coloro che ci devono guadagnare non si fermano di fronte a niente e nessuno, tanto di soldi per continuare a comprarsi media, politici ed esperti ne hanno all’infinito.
L’antidoto alla follia generalizzata? Non sono né le punizioni, né i fioretti, né tanto meno psicologi o esperti che alla fine danno soluzioni che non spostano di molto il problema, bensì cercare persone che vogliano rimanere umane e costruire società diverse dove la tecnologia non sia un mezzo per rimbambire, controllare e vendere di tutto alla gente. Bisogna ritrovare insieme agli altri il piacere delle relazioni dirette, della relazione con la natura, delle attività che hanno senso, cioè quelle non virtuali ma vere e vive. E quando si fanno attività interessanti si hanno relazioni interessanti, si riscopre la meravigliosa bellezza della natura, rimane ben poco tempo da perdere per aggeggi e roba virtuale.
Per quanto ora possa sembrare impossibile o impensabile, ci sono tante persone a cui non torna quello che sta accadendo a noi e ai nostri figli e il prossimo passo sarà dire: no grazie.

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RELATORE: PAOLO ERMANI

 

 

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