Manovra economica, Legambiente: "Solo tagli al futuro"

In concomitanza con la giornata di proteste e scioperi indetta dal sindacato, Legambiente sottolinea gli aspetti negativi della manovra economica del Governo. L'attacco perpetrato a danno del territorio attraverso interventi privi di disegno organico, spiega l'associazione, aggraverà il rischio idrogeologico, oltre ad allargare le maglie all'abusivismo, senza dare alcuna risposta né ai bisogni abitativi né a quelli occupazionali dei cittadini.

Manovra economica, Legambiente:
“I contenuti della manovra predisposta dal Governo, appaiono del tutto inadeguati alla gravità della crisi che stiamo vivendo, che è parallelamente sociale, economica e ambientale. Questa manovra acuisce le disuguaglianze, aggrava la precarietà, riduce la sicurezza dei cittadini e aggredisce il territorio”. Così Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente ha commentato la manovra economica del governo, in occasione della giornata di protesta indetta per domani. In concreto, secondo Legambiente, gli aspetti negativi della manovra economica, tra il primo Decreto approvato definitivamente a luglio e quello in corso di approvazione, sono molteplici. In primis, l’attacco perpetrato a danno del territorio a partire dal via libera dato ad un’edilizia selvaggia e di rapina. Nella manovra approvata a luglio sono state infatti introdotte modifiche al quadro normativo che guardano al passato, a una stagione di sviluppo senza regole e di degrado invece che verso una stagione di nuova qualità, attenzione al paesaggio e ai valori del delicato e fragile territorio italiano. Dopo l'introduzione della Dia per larga parte delle opere edilizie e la successiva ulteriore semplificazione con la Scia, si è arrivati infatti ad introdurre il silenzio assenso anche per le operazioni edilizie più complesse, fino ad oggi soggette a permesso di costruire, col rischio - essendo ancora moltissimi i Comuni senza piani regolatori di nuova generazione o con regolamentazione ancora generica - di trasformare il territorio in un coacervo di interventi privi di disegno organico, che aggraverà il rischio idrogeologico, oltre ad allargare le maglie all'abusivismo senza dare alcuna risposta né ai bisogni abitativi né a quelli occupazionali e rendendo ingovernabile il territorio, con gravi rischi per la sicurezza dei cittadini. Particolarmente gravi sono inoltre le diverse modifiche introdotte al Codice dei beni culturali e del Paesaggio. Con l'estensione da 50 a 70 anni della soglia temporale per la quale diventa possibile sottoporre il patrimonio immobiliare pubblico o di enti no profit o religiosi ad accertamenti per verificarne il grado di interesse culturale, si cancellano le limitazioni imposte da eventuali vincoli e da possibili interventi del Ministero dei Beni culturali; con l'abolizione dell'obbligo, previsto sin dai tempi della Legge Bottai (la 1089/1939), per cui il Ministero deve essere informato di qualsiasi trasferimento della proprietà dei beni vincolati, l'amministrazione non avrà più alcuna informazione su chi ha materialmente disponibilità di un bene vincolato ed è quindi anche responsabile del rispetto delle regole di corretta conservazione dello stesso. Infine, il parere che il Soprintendente è chiamato a dare per gli interventi da attuarsi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, passerà da vincolante ad obbligatorio con silenzio-assenso dopo 90 giorni dalla ricezione del progetto. Anche i provvedimenti che vorrebbero spingere la riqualificazione urbana risultano pericolosi: nonostante il fallimento del cosiddetto 'piano casa' varato dal Governo nel 2009, infatti, vengono riproposte le misure di incentivazione volumetrica allargate ad ogni funzione, non solo quella residenziale, ma al di fuori di qualsiasi pianificazione comunale se da realizzarsi in aree urbane degradate con deroghe che non fanno che aggrovigliare ulteriormente la giungla normativa. “Per Legambiente - sottolinea Cogliati Dezza - questi temi sono fondamentali per il futuro del Paese. Occorre una riflessione ponderata e provvedimenti urgenti per avviare una seria manutenzione e riqualificazione del patrimonio edilizio e del territorio italiano. È necessario avviare una profonda innovazione che abbia al centro gli obiettivi che riguardano il clima e la riduzione dei consumi energetici nelle abitazioni, come ci impongono le direttive europee, e la messa in sicurezza statica degli edifici. È a partire da qui che vanno sostenute nuove filiere industriali e rilanciata l’occupazione. Occorre, inoltre, avviare riforme profonde che permettano al nostro Paese di ridurre il debito pubblico facendo pagare chi non lo ha mai fatto, come le tante lobby che distruggono l'ambiente e il paesaggio italiano: chi sfrutta il demanio, le cave, le sorgenti idriche, le case sfitte”. Molta preoccupazione viene sollevata anche dalla proposta, nella manovra di Luglio, di costituire fondi d'investimento immobiliari al fine di valorizzare o dismettere il patrimonio immobiliare di Regioni, Province e Comuni (art. 33), così come dalle ipotesi di condono, di sospensione degli abbattimenti delle costruzioni abusive in Campania e di reintroduzione del diritto di superficie sulle spiagge per 90 anni, riproposti con recenti emendamenti da alcuni deputati del Pdl. Altri significativi passi indietro sono stati fatti nel settore dell'energia: il Decreto di luglio ha dato il via libera alla riconversione a carbone della mega centrale di Porto Tolle, assicurando una deroga alle disposizioni di Legge nazionali e regionali, in barba alla sentenza del Consiglio di Stato sull'inidoneità ambientale e al rischio sanitario per la popolazione, mentre la Manovra di agosto ha previsto anche di allargare la cosiddetta 'Robin hood tax' alle fonti rinnovabili, con una tassazione che risulta incomprensibile, visto il ruolo positivo che questo tipo di impianti stanno avendo in termini energetici e occupazionali, e schizofrenica perché quegli stessi impianti beneficiano di incentivi che verrebbero ulteriormente tassati. Nonostante il Paese sia devastato dalle discariche di rifiuti pericolosi e dalle attività dell'ecomafia che operano in questo settore, si è tentato anche di abolire il Sistri, il discusso sistema di tracciabilità dei rifiuti che questo stesso governo aveva scelto, facilitando così la vita alla criminalità e mettendo ancora più a rischio la sicurezza dei cittadini. D'altra parte, il tema della legalità non è evidentemente tra le priorità di questo governo che ha perso anche l'ennesima occasione, offerta dal recepimento della direttiva europea sui reati ambientali, per introdurre questi delitti nel codice penale. Cosicché, i reati ambientali continuano a rientrare tra le contravvenzioni, le sanzioni rimangono scarsamente deterrenti e i tempi di prescrizione bassissimi, a tutto vantaggio dei disonesti. Questo governo, inoltre, tenta di annullare i risultati del referendum sulle privatizzazioni dei servizi pubblici: con la manovra economica in fase di discussione e già approvata con DL n. 138 del 13 agosto scorso, ha riproposto (negli articoli del Titolo II) la sostanza delle norme abrogate con volontà popolare nel recente referendum. Infatti, l’articolo 4 ripresenta il vecchio Decreto Ronchi e persino nuove date di scadenza per le prossime privatizzazioni dei servizi pubblici locali, mentre l’articolo 5 arriva a dare un premio in denaro agli enti locali per convincerli a lasciare al mercato delle privatizzazioni i propri servizi essenziali per le comunità. Anche per i beni e le attività culturali con le due finanziarie di luglio e agosto arrivano tagli indiscriminati di risorse e di competenze, invece che serie riforme e investimenti lungimiranti per lo sviluppo civile ed economico del Paese. La manovra finanziaria di luglio taglia 55,2 milioni di euro in tre anni. Nel complesso, il MiBAC potrebbe perdere un quinto del personale, circa 4mila dipendenti, rischiando così di non essere più in condizione di esercitare molte delle sue funzioni di salvaguardia del nostro patrimonio. Ai pensionamenti non seguiranno nuove assunzioni e considerando che l'età media del personale è di circa di 55 anni, è facile prevedere gli effetti di questi tagli sul nostro patrimonio culturale, a partire da Pompei, dagli archivi e dalle biblioteche che lottano ogni giorno per continuare a rimanere aperte, dai gloriosi studi di Cinecittà, per fare solo qualche esempio, ai quali dobbiamo aggiungere anche i tagli agli Enti Locali, che sono i custodi principali dell'immenso patrimonio storico-culturale diffuso del nostro Paese con ulteriori effetti negativi sulla tutela, valorizzazione e sulla promozione dei beni e delle attività culturali e sulle condizioni lavorative e professionali di chi ci lavora. L'allentamento dei vincoli di salvaguardia, l'impossibilità di monitorare e salvaguardare il nostro patrimonio per i tagli alle strutture e al personale, l'ulteriore precarizzazione del lavoro nel settore sono quindi gli ingredienti principali dei provvedimenti governativi che sembrano rispondere più a istanze ideologiche che non alla volontà di rilanciare la nostra economia. Nella finanziaria di luglio, inoltre, oltre ad essere prevista la possibilità per il Ministero dei Beni culturali di accedere alle già striminzite risorse del 5 per mille destinate alle organizzazioni non profit, sono stati inseriti anche tagli gravosi per le piccole scuole dei comuni di montagna e delle isole, già penalizzate dai tagli del 2008 operati su tutto il sistema dell'istruzione e dell'università, con la soppressione della segreteria e della presidenza per tutte le scuole sotto i 500 alunni. A tutto questo elenco dobbiamo aggiungere i recenti emendamenti relativi ai piccoli comuni per i cui i municipi sotto i mille abitanti sarebbero obbligati a delegare ogni funzione amministrativa e di programmazione economico-finanziaria a un nuovo ente, le Unioni Municipali, aumentando così la burocrazia, i costi e i disservizi per i cittadini. Inoltre l'estensione del Patto di Stabilità anche per questi nuovi enti non potrà che peggiorare la possibilità di governo del territorio. “In tutti i Paesi europei si cerca di capire come spostare il peso della fiscalità dal lavoro al consumo delle risorse ambientali e alle emissioni di CO2, in modo da premiare gli investimenti virtuosi, e si punta ad aggredire le speculazioni finanziarie internazionali attraverso la Tobin Tax. Ed è questa la prospettiva cui l'Italia dovrebbe guardare - conclude Cogliati Dezza -, perché può consentire di recuperare risorse, creare occupazione immediata e duratura, e costruire le condizioni per una crescita reale e sostenibile. Sbaglia, infatti, chi pensa che la risposta alla gravissima crisi che ha inciso profondamente nell'economia e nella società italiana, possa venire dalle solite ricette e dalla concorrenza sul costo del lavoro o dall’abbattimento dei controlli ambientali. Deve essere chiaro a tutti che quella che stiamo attraversando non è una ciclica situazione di difficoltà dopo la quale ripartiranno le solite produzioni industriali fatte di automobili e produzioni inquinanti, di palazzoni energivori e seconde case, di turismo d'agosto, di contratti e forme di lavoro sempre più precarie e una rinnovata capacità di arrangiarsi. Quell'idea di sviluppo appartiene ormai al passato e non avrà spazio nel futuro. Per tutto questo riteniamo inaccettabile la manovra del governo e sosteniamo la protesta indetta dalla Cgil e dai sindacati di base”.

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