Il Brasile mette a rischio la foresta amazzonica. Si aspetta il veto della Rousseff

Negli ultimi trent’anni un’area di foresta amazzonica grande quanto la Francia è andata distrutta e nonostante le ultime decisioni legislative della Presidentessa brasiliana Dilma Rousseff ora arriva una proposta di riforma del Codice Forestale del Brasile, una legge che minaccia l’inizio di un nuovo periodo di deforestazione selvaggia. Intanto gli attivisti scompaiono 'misteriosamente'.

Il Brasile mette a rischio la foresta amazzonica. Si aspetta il veto della Rousseff
La Foresta Amazzonica, sembra inutile dirlo, è fondamentale per la vita dell'intero pianeta, lo insegnavano anche a scuola. È, infatti, la più grande foresta pluviale del mondo - 370 milioni di ettari - capace di produrre ben il 20% del nostro ossigeno e vede scorrere nei suoi fiumi un quinto dell'acqua dolce del Pianeta. Senza la foresta amazzonica, la Terra non sarebbe come la conosciamo e sicuramente anche tutto il nostro parlare di energie rinnovabili o di lotta ai cambiamenti climatici e all'effetto serra non avrebbe più alcun senso. Nonostante questo, sono decenni che la Foresta Amazzonica rimpicciolisce sotto i colpi dei grandi proprietari terrieri e delle compagnie multinazionali che da quei terreni vogliono ricavare legno, campi per coltivare, costruire o su cui vogliono pascolare animali. Fino ai primi anni 70' il 99% della foresta amazzonica era praticamente intatto, negli ultimi 30 anni oltre 55 milioni di ettari di foresta - un'area grande quanto la Francia - sono stati distrutti. Ora, se mai fosse possibile, la situazione potrebbe peggiorare. Il mese scorso il Congresso Brasiliano ha approvato una legge che cancella le poche tutele della grande foresta e come se non bastasse condona ogni passata violazione di queste leggi. Finora agricoltori e allevatori avevano il divieto assoluto di sradicare un’area maggiore di un quinto di foresta nei loro terreni; avevano l’obbligo, per gli stessi, di mantenere intatta una parte cospicua di mata (foresta brasiliana atlantica) - tra il 20% e l’80% a seconda delle zone - quale 'riserva integrale' e il veto assoluto di entrare per motivi diversi dallo studio nell’ambito delle PPA (le aree protette permanenti) di maggiore pregio e dagli ecosistemi più fragili. A onor del vero bisogna precisare che le leggi sul disboscamento sono da tempo aggirate in Brasile o sono comunque molto difficili da far rispettare soprattutto nelle zone più profonde dell'Amazzonia dove da anni si vive una deforestazione selvaggia che non compare nelle statistiche ufficiali. Con lo scaldarsi del dibattito sulla legge in oggetto molti ambientalisti hanno preso fortemente posizione contro i proprietari terrieri i quali dalla loro hanno solo le ragioni del denaro che portano al Brasile e dell'economia che trainano con livelli record di esportazione negli ultimi anni. Argomenti che scaldano i cuori dei membri del congresso, ma non convincono quelli della gente comune che si sta mobilitando in modo sempre più deciso (il 79% dei brasiliani è contro la deforestazione). Forse per questo motivo, negli ultimi mesi diversi attivisti per l'ambiente sono morti o sono stati uccisi in condizioni molto particolari. L'ultimo caso è quello dei da Silva, Jose Claudio Ribeiro e sua moglie Maria do Espirito Santo, che sono stati uccisi solo un mese fa durante un'imboscata nello stato di Parà. Ma il loro è solo uno dei tanti nomi che già l'anno scorso la Commissione pastorale della Terra aveva trovato elencato in una lista di 125 persone "indicate per essere uccise" e che pian piano stanno effettivamente scomparendo. "L'assenza di autorità statale porta alla deforestazione illegale - spiega Valdimir Ferreira, consigliere municipale di Nova Ipixuna -. Da Silva aveva iniziato una lotta contro le compagnie forestali e i potenti proprietari terrieri. E loro hanno ordinato di ucciderlo". Insomma, l'Amazzonia brucia, chi lotta per lei muore e il Brasile con una riforma del codice forestale pare voler cancellare quel poco di legislazione che al momento esiste. L'unica speranza ormai è quindi che il Presidente Dilma Rousseff, coerentemente sia con la politica protezionistica del suo predecessore e mentore Lula, sia con quanto da lei stessa dichiarato in passato, ponga il veto alla legge. Sappiamo però quanto sia difficile resistere alle pressioni delle lobby del legno e per questo è necessario che in tutto il mondo ci si mobiliti per convincere la Segnora Rousseff a porre il veto. A questo scopo la ONG Avaaz sta raccogliendo le firme per una petizione che una volta superate le 500.000 sottoscrizioni verrà consegnata alla Presidente Brasiliana. Perché in gioco non c’è solo il futuro del Brasile ma il futuro di tutto il pianeta.

Commenti

ovviamente vengono omessi i NOMI delle multinazionali che approfitteranno di questo scempio ........
Leni, 30-06-2011 01:30

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