di
Andrea Degl'Innocenti
03-04-2012
Un rapporto del Ministro della Salute certifica che le caraffe filtranti non migliorano la qualità dell'acqua, e in alcuni casi la peggiorano persino. La nuova legge varata in febbraio cerca di colmare queste mancanze e obbliga i produttori a fornire gli strumenti per verificare la validità dei propri prodotti.
Continua l'epopea delle caraffe filtranti. La relazione tecnica firmata dal ministro della Salute Renato Balduzzi, che accompagna la nuova legge sui filtri domestici dell'acqua sembra confermare le accuse dei loro detrattori: le caraffe non solo non migliorerebbero la qualità dell'acqua filtrata, ma in alcuni casi risulterebbero persino dannose.
Secondo il rapporto ministeriale esse non tengono conto della composizione specifica dell'acqua ed eliminano indistintamente una serie di sostanze come calcio, magnesio e altri sali necessari per l'organismo. Inoltre il fatto che siano vendute senza controllo e istruzioni esaustive, sulla base di vecchie disposizioni "inadeguate per la salvaguardia della salute”, non rende chiaro a chi ne fa uso il bisogno di continua manutenzione, la cui mancanza "potrebbe addirittura far sì che nel tempo l'acqua in uscita perda le caratteristiche di potabilità".
Il rapporto è stato accolto positivamente dall'associazione Altroconsumo, autrice a sua volta di uno studio approfondito sull'utilità delle caraffe: “Anche se la pubblicità lascia intendere che le caraffe garantiscono sempre e comunque un miglioramento della qualità dell'acqua, il test condotto da Altroconsumo ha dimostrato che per alcuni aspetti tendono a peggiorarla. Il fatto più grave è la proliferazione di batteri, prima non presenti, soprattutto verso la fine della cartuccia. L'acqua filtrata, insomma, contiene più batteri di quella del rubinetto.”
“L'altro punto debole – continua il rapporto di Altroconsumo - è l'eccessivo addolcimento. Se, inoltre, l'acqua del rubinetto ha tutte le caratteristiche di potabilità necessarie, come stabilito dalla legge, non si può dire lo stesso per quella filtrata con le caraffe". Dunque "si spendono soldi nella speranza di filtrare sostanze indesiderate, ma nel contempo possono esserne rilasciate di nuove, che non erano presenti nell'acqua di rubinetto”.
Il nuovo decreto varato dal ministro Balduzzi che introduce le "Disposizioni tecniche concernenti apparecchiature finalizzate al trattamento dell'acqua destinata al consumo umano" – si tratta del DM 25 del 27 febbraio 2012, che sostituisce il DM 443/90 - cerca di colmare queste mancanze. Produttori e distributori saranno tenuti a mettere in commercio dispositivi che possano dimostrare che le proprie apparecchiature siano in grado mantenere le prestazioni promesse lungo l'intero ciclo di vita del prodotto. In tal modo chiunque potrà controllare che in tale periodo la qualità dell'acqua mantenga le caratteristiche previste dalla legge, che devono essere conformi ai requisiti imposti dal DL n. 31 del 2 febbraio 2001.
Anche la promozione del prodotto dovrà avvenire sulla base di dati scientifici nazionali ed internazionali e potrà contenere argomentazioni riferite solamente alle effettive e comprovate prestazioni di ogni apparecchio. Il Ministro della Salute ha concesso sei mesi alle aziende per adeguarsi ai nuovi requisiti di sicurezza dei materiali presenti nel decreto.
Fra sei mesi dunque gli amanti delle caraffe filtranti potranno essere più sicuri dell'acqua che berranno. Oppure fin da ora – evitando rigorosamente l'acqua in bottiglia – potranno convertirsi all'acqua che esce dai rubinetti, che come ricorda Legambiente in un dossier “è buona e sicura, controllata da norme sanitarie rigorose; rispetta l’ambiente, non produce rifiuti plastici ed è a chilometri zero, non viaggia per centinaia di chilometri su inquinanti TIR, evita il consumo di combustibili fossili, l’emissione di CO2 e di polveri sottili”.
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