Libera Uscita: «Morire bene significa amare la vita e concluderla in pace»

Evitare di parlare della morte equivale, in un certo senso, a rimuoverla. Viviamo come se fossimo eterni, come se non ci riguardasse profondamente tutti e in ogni momento della nostra vita. Nella nostra cultura la morte è un tabù potentissimo e non la percepiamo come qualcosa di possibile fino a quando non ci tocca da vicino.

Libera Uscita: «Morire bene significa amare la vita e concluderla in pace»

A quel punto, poi, la combattiamo con ogni mezzo, sempre e comunque, la detestiamo fortemente e  la consideriamo ingiusta e cattiva. La morte non può essere buona. Mai. Sembra un ossimoro, un'assurda contraddizione.

In queste settimane l'attenzione dei media si è concentrata su alcuni casi delicatissimi che hanno riportato alla discussione sull'eutanasia. La “buona morte” appunto. Di eutanasia, quindi, si parla. Anche perché non è difficile e la questione è sempre se si è a favore oppure no. Io sono per, io sono contro. Punto. E' più raro, però, riuscire a intavolare un confronto serio su questo tema. Le resistenze culturali sono moltissime e le informazioni sono spesso incomplete, parziali, ideologiche o trasudano paura, scarsa conoscenza e superficialità. In realtà se ne sa ancora molto poco. “Fine vita” non significa affatto solo eutanasia e una legge che viene continuamente rimandata sarebbe necessaria per fare finalmente chiarezza e per dare una risposta concreta a un problema che non può più essere posticipato o ignorato.

Ne parliamo con Maria Laura Cattinari, presidente dell'associazione nazionale Libera Uscita, che da anni si batte per il riconoscimento e la regolamentazione del testamento biologico in Italia.

Che cosa si intende con le parole “scelta” e “autodeterminazione del singolo”?

 “Scelta” e “autodeterminazione della singola persona (faccio la guerra al maschile plurale che oblitera il femminile)”, in ambito terapeutico, rappresentano la legittimazione di ogni atto medico. Fatte salve le “urgenze” in cui non sia possibile acquisire il consenso,  ogni atto medico rappresenta un illecito penalmente perseguibile. La prima storica sentenza, di questo lungo cammino di civiltà, si deve al giudice  Benjamin Cardoso (California 1914). Il 2° comma dell’art.32 della nostra Costituzione lo afferma in modo chiaro: “Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (riserva di legge questa a tutela della salute altrui). La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Il primato, per la nostra Costituzione, non è della legge bensì della persona!

Nella nostra società la scelta può essere davvero libera?

In generale posso rispondere che ogni scelta è condizionata e che più abbiamo consapevolezza dei condizionamenti che subiamo, più possiamo dirci “liberi” e “libere le nostre scelte”. Aggiungerei che l’attuale concezione soggettiva del diritto si basa sull’idea che la singola persona possa, a determinate condizioni, prendere libere decisioni.

C'è il rischio o la possibilità che la nostra autodeterminazione possa ledere o limitare quella degli altri? Se sì, qual è il limite oltre il quale non ci si può spingere?

Sempre delimitando il campo all’ autodeterminazione terapeutica e, più ampiamente all’autodeterminazione nel fine vita, non vedo come si possano ravvisare rischi, per le altre persone, da tali scelte personalissime.

Se, invece, no, può spiegarci perché non c'è questo rischio?

Ognuno resterà pienamente libero di decidere secondo i propri valori e la propria fede o non fede. Tutte le vite sono degne d’essere vissute, questo naturalmente è un assunto, per me irrinunciabile. Anche una vita in stato vegetativo permanente è  degna d’essere vissuta. Orribile e inaccettabile però è costringere contro la sua volontà una persona a vivere in quelle condizioni. Riteniamo che sia proprio una violazione dei limiti imposti dal rispetto della Persona umana  (art.32) Noi vogliamo solo che sia data la possibilità di decidere ad ogni singola persona quale è la qualità di vita per lei, e solo per lei, degna o meno d’essere vissuta.

Può spiegarci che cos'è esattamente un testamento biologico? Se tutti lo facessimo, cosa cambierebbe nella nostra vita?

E’ lo strumento attraverso il quale esercitare il nostro diritto fondamentale, già costituzionalmente garantito, all’autodeterminazione terapeutica anche oggi per domani in previsione di uno stato di incapacità d’intendere e di volere o anche semplicemente di comunicare. Lo si stende non solo per non vedersi condannate (persone) a sopravvivere in SVP come fu per Eluana Englaro, lo si stende per lo più per non vedere prolungata artificialmente di settimane, se non di mesi, la propria agonia. Purtroppo è ciò che drammaticamente accade troppo spesso oggi nei nostri nosocomi. Se lo si facesse, avremmo la possibilità di morire meglio.

Al momento, in Italia, è possibile fare un testamento biologico? E se sì, che valore legale ha? Se no, perché?

In assenza di una legge che regoli l’esercizio del diritto già costituzionalmente garantito, ci siamo appellati ai Comuni ( l’istituzione più vicina ai cittadini che ha competenza in materia sanitaria e che ha ricevuto delega dallo stato di fornire Servizi)  per chiedere l’apertura degli ormai famosi Registri dei Testamenti Biologici. Il primo vide la luce nel X Municipio di Roma nel Gennaio 2009. Oggi saranno quasi 2000, ogni giorno si ha notizia di un  nuovo Registro. A Modena, dove risiedo, quasi  il 50% dei comuni lo ha aperto. Poiché comunque normalmente solo i residenti nel comune possono utilizzare il servizio, dove non c’è Registro occorre recarsi da un notaio. In assenza di una legge ordinaria che dica con chiarezza che il medico è vincolato al rispetto delle DAT (disposizioni anticipate di trattamento), non possiamo affermare che senz’altro le nostre volontà sulle cure verranno rispettate. Certo, il medico è tenuto a tenerne conto anche solo sulla base del suo codice deontologico (art. 38), inoltre, in caso di contenzioso tra medico e fiduciario, nessun giudice potrà non riconoscerne il valore probatorio e potrà nominare un Amministratore di Sostegno (legge Cendon 2004).

Com'è la situazione in Europa?

Tutti i principali Stati europei si sono dati da tempo Leggi sul Testamento Biologico. L’Italia fa eccezione insieme all’Irlanda e, credo, la Grecia. Il Benelux ha legalizzato l’eutanasia.

Com'è il caso della Svizzera?

La Svizzera è un caso a parte. Non ha legalizzato l’eutanasia e non si è data una Legge sul suicidio assistito, come molti credono. Il SMA in Svizzera  è possibile grazie all’art. 115 del loro Codice Penale che prevede che non sia  penalmente perseguibile chi, per motivi non egoistici, aiuta un altro a morire.

Può spiegarci la differenza tra testamento biologico ed eutanasia?

Sono proprio due cose di diversa natura: il testamento biologico è uno strumento giuridico, l’eutanasia è un atto medico. Il TB serve per lo più per sottrarci a terapie non volute,  per lasciar corso alla nostra morte naturale. Ma può essere, al contrario, utilizzato per chiedere che non venga “staccata la spina” visto che, come noto, nelle terapie intensive i decessi avvengono per desistenza terapeutica. L’eutanasia attiva volontaria è invece l’atto attraverso il quale il medico anticipa il decesso di mesi se non di anni attraverso la somministrazione di una sostanza letale.

Perché è importante parlare di questi argomenti?

Per più ragioni, prima di tutto per morire meglio. Il morire è vita, vita preziosa e vorremmo che fosse vissuta nel miglior modo possibile fino all’ultimo. Insieme al TB l’altro strumento che già abbiamo è la Legge 38/2010 sulle Cure Palliative e la terapia del dolore. Legge ottima che bisogna far funzionare. La conoscono poco anche i medici, figuriamoci la gente. Eppure questa Legge ha inserito nei LEA (livelli essenziali d’assistenza) le cure palliative anche domiciliari, questo significa poter morire in casa propria nel proprio letto assistiti fino alla fine con cure che hanno la finalità di garantirci la miglior qualità di vita possibile. Come dovrebbe essere noto. E’ all’interno delle cure palliative che è prevista la sedazione profonda continua (sedazione terminale)  se richiesta, quando i dolori non sono diversamente contenibili.

Perché c'è così tanta resistenza, qualche volta rifiuto, nei confronti di questi problemi al punto che è difficile anche solo sfiorarli?

Occorre distinguere tra chi ha pregiudiziali ideologiche e, affermando che la vita è un bene indisponibile, di fatto decide che altri siano autorizzati a disporne al posto del soggetto che quelle decisioni altrui dovrà subire, da chi teme che il “diritto di morire” possa un domani trasformarsi in un “dovere di morire” perché  non più utili né a sé né agli altri, come teorizzava San Tommaso Moro nel suo celeberrimo libro “Utopia”. Da ultimo, per molti è difficile affrontare l’argomento poiché stendere un Testamento Biologico significa pensare alla propria morte in modo responsabile e sereno.

Viviamo in un paese cattolico e l'influenza della Chiesa è molto forte. E' davvero questo il problema? La Chiesa in ogni caso, non sembra rifiutare l'idea di un'opposizione decisa all'accanimento terapeutico. Dov'è il punto critico?

Il punto critico è: l’AUTODETERMINAZIONE ciò che la Cei non è disponibile ad accettare è la decisione autonoma della Persona. Dico la Cei (conferenza episcopale italiana) perché nel mondo cattolico ci sono voci ben diverse. Basti pensare a Don Gallo o a Noi siamo Chiesa.

Può spiegarci la differenza tra sedazione continua profonda, eutanasia e suicidio assistito?

La sedazione continua profonda non è pratica eutanasica poiché non ha il fine di anticipare il decesso ma solo quello di consentire alla persona di non vivere coscientemente le sofferenze dell’agonia. Così come accadde per il Cardinal Carlo Maria Martini. L’eutanasia attiva volontaria è invece pratica medica che consente attraverso la somministrazione di una sostanza letale di anticipare il decesso di una persona ammalata di malattia inguaribile, per lo più allo stadio terminale, di mesi se non di anni. Il suicidio assistito, come dice il termine, prevede che sia la persona stessa a darsi la morte assumendo la sostanza letale.

Perché la parola “eutanasia” rimanda alla parola “omicidio” nei pensieri e nelle sensazioni delle persone?

Potrei rispondere:  perché nel nostro codice penale non si parla di “eutanasia” ma di “omicidio del consenziente”. Perché Hitler usò questo termine per il suo Aktion T4, con cui decretò la soppressione di tante persone. Ma credo ancora che si debba rimandare alla difficoltà di confrontarsi con l’inevitabile venir meno della nostra vita personale. Cosa che dovrebbe essere tanto più facile da accettare per chi crede in una “vera Vita” quella ultraterrena dell’anima ma, strano a dirsi, sono più facilmente propensi ad accettare il proprio ineludibile destino di morte proprio coloro che si definiscono atei. Mi verrebbe fatto di pensare che ciò che allontana il credente dal pensiero della sua prossima fine sia il terrore della punizione eterna che può attenderlo, ma è vero che esiste l’assoluzione in articulo mortis, quindi senz’altro mi sbaglio. Certo Francesco d’Assisi ringraziava per “sora nostra morte corporale”.

Che cos'è  Libera Uscita? Per cosa si batte? Cosa chiede esattamente?

Associazione nazionale, laica, apartitica per il diritto di morire con dignità. Facciamo parte di una rete internazionale di associazioni che si battono per questo stesso obiettivo. Oggi in Italia siamo impegnati a fare informazione su questi temi e ad ottenere una buona legge sul TB. Abbiamo giudicato buono il TU (testo unico) che il 7 Dicembre uscì dal comitato ristretto della Commissione Affari Sociali della Camera. Purtroppo già taluni emendamenti ne hanno limitato la validità. Si ricomincia a limitare l’autodeterminazione, ad esempio nel comma 4 dell’art. 3 si parla di “contrasto tra medico e fiduciario” per rimandare ad un decisore terzo, il giudice tutelare.

Cosa può fare chi volesse cominciare a saperne di più?

Può fare tante cose, ad esempio aprire il nostro sito: www.associazioneliberauscita.it

L'8 aprile 2017 a Modena si terrà il convegno nazionale di Libera Uscita dal titolo: "Testamento biologico: la legge che vogliamo"

 

 

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