Living Planet Report: «Dal 1970 vertebrati diminuiti del 69%»

È un calo medio devastante quello subìto dalle popolazioni di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci dal 1970 in tutto il mondo: le popolazioni di fauna selvatica monitorate dal Living Planet Report (LPR) 2022, il rapporto biennale sulla salute del pianeta, che il WWF ha lanciato a livello globale, sono calate in media del 69%.

Living Planet Report: «Dal 1970 vertebrati diminuiti del 69%»

È un calo medio devastante quello subìto dalle popolazioni di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci dal 1970 in tutto il mondo: le popolazioni di fauna selvatica monitorate dal Living Planet Report (LPR) 2022, il rapporto biennale sulla salute del pianeta, che il WWF ha lanciato a livello globale, sono calate in media del 69%.

Il report evidenzia «le drammatiche prospettive dello stato di salute della natura e lancia un appello urgente ai governi, alle imprese e all’opinione pubblica: serve subito un’azione di trasformazione per invertire la drammatica perdita di biodiversità, che insieme all’emergenza del cambiamento climatico indotto dall’uomo minaccia il benessere delle generazioni attuali e future» scrive il WWF.

«Con il suo bacino di dati, che comprende quasi 32.000 popolazioni di 5.230 specie di vertebrati, il Living Planet Index (LPI), fornito nel rapporto dalla ZSL (Zoological Society of London), mostra che nelle regioni tropicali l’abbondanza delle popolazioni di vertebrati selvatici monitorati sta crollando a un ritmo particolarmente sconcertante. Il WWF è estremamente preoccupato per questa tendenza, poiché queste aree geografiche sono tra le più ricche di biodiversità al mondo. In particolare, i dati del LPI rivelano che tra il 1970 e il 2018 le popolazioni di fauna selvatica monitorate in America Latina e nella regione dei Caraibi sono diminuite in media del 94% - prosegue la nota del WWF - In circa 50 anni, a livello globale le popolazioni d’acqua dolce monitorate sono diminuite in media dell’83%: si tratta del più grande declino di qualsiasi gruppo di specie. La perdita di habitat e le barriere alle rotte migratorie sono responsabili di circa la metà delle minacce alle specie ittiche migratorie monitorate».

I leader mondiali si riuniranno a dicembre alla quindicesima Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD COP15). «Il WWF chiede ai leader di impegnarsi per un accordo in “stile Parigi” in grado di invertire la perdita di biodiversità, attraverso la trasformazione dei settori che causano la perdita di natura e il sostegno finanziario ai Paesi in via di sviluppo - scrive ancora l'associazione - Tra le popolazioni di specie monitorate nell’LPIndex ci sono i delfini rosa di fiume dell’Amazzonia, le cui popolazioni sono crollate del 65% tra il 1994 e il 2016 nella Riserva di sviluppo sostenibile di Mamirauá, nello stato brasiliano di Amazonas e i gorilla di pianura orientale, il cui numero ha subito un declino stimato dell’80% nel Parco nazionale di Kahuzi-Biega della Repubblica Democratica del Congo tra il 1994 e il 2019. Il numero dei cuccioli di leone marino dell’Australia meridionale e occidentale è calato di due terzi tra il 1977 e il 2019».

Secondo il Living Planet Report «le principali cause del declino delle popolazioni di fauna selvatica sono i cambiamenti nell’uso del suolo e del mare, lo sfruttamento eccessivo di piante e animali, il cambiamento climatico, l’inquinamento e le specie aliene invasive, le minacce provenienti da agricoltura, caccia e bracconaggio, e deforestazione sono particolarmente gravi ai tropici, mentre hotspot di inquinamento sono particolarmente importanti in Europa. Inoltre a meno che non limitiamo il riscaldamento a meno di 2°C, o preferibilmente 1,5°C, è probabile che il cambiamento climatico diventi la causa principale della perdita di biodiversità e del degrado degli ecosistemi nei prossimi decenni. Il rapporto sulla salute del pianeta chiarisce che non sarà possibile realizzare un futuro nature-positive senza riconoscere e rispettare i diritti, la governance e la leadership nella conservazione dei popoli Indigeni e delle comunità locali in tutto il mondo.

Luciano Di Tizio, presidente WWF Italia ha concluso: «I dati del Living Planet Report sono l’ennesimo, drammatico allarme del pessimo stato di salute della biodiversità globale e confermano che il tempo a nostra disposizione per invertire la curva dell’emorragia di natura che contraddistingue la nostra epoca è ormai agli sgoccioli. Senza un cambiamento strutturale nelle nostre politiche, economie, abitudini quasi nessuno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU (SDGs) potrà essere raggiunto. Per invertire la perdita di natura e garantire un futuro più sicuro e sano per tutti è indispensabile dimezzare l’impronta globale di produzione e consumo entro il 2030. Abbiamo bisogno di trasformare radicalmente la nostra cultura e la nostra società. In Italia il WWF ha avanzato proposte concrete che ci auguriamo vengano messe al centro dell’agenda del nuovo Governo: entro un anno serve una legge sul clima, una per contrastare il consumo del suolo ed un Codice della Natura per razionalizzare tutte le norme a tutela della nostra biodiversità».

 

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