Luoghi di Sosta Pedonale, favorire la socialità di strada a Bologna

Piccole piazzette grandi come uno stallo per auto dedicate agli abitanti e ai frequentatori di una strada, che costituiscono uno spazio per incontrarsi, conoscersi e socializzare. Stefano Reyes descrive il progetto nato a Bologna due anni fa, che sta attraversando oggi un’importante fase di crescita e di confronto.

Luoghi di Sosta Pedonale, favorire la socialità di strada a Bologna
Lo scorso anno abbiamo parlato dell’interessante esperienza bolognese dei Luoghi di Sosta Pedonale, micropiazze allestite allo scopo di favorire la frequentazione delle strade e il rinsaldarsi dei legami di vicinato. A quasi due anni dal loro esordio ufficiale, abbiamo sentito Stefano Reyes – architetto e vicepresidente dell’Associazione Centrotrecento, promotrice dell’iniziativa –, con cui abbiamo stilato un bilancio provvisorio e analizzato le prospettive future. Per prima cosa, puoi riassumere brevemente il percorso che vi ha condotti sin qua? Quella dei LSP è una sperimentazione nata sulla scia della mia tesi di laurea, ulteriormente sviluppata prima dell’inizio dell’iniziativa e dopo il suo avvio. Abbiamo attuato la proposta progettuale trasformando un’idea di tipo architettonico e urbanistico in un qualcosa che attiene più all’ambito sociale. Questo ha voluto dire accantonare gran parte di ciò che riguarda l’ambito architettonico, abbandonare il punto di vista secondo cui l’aspetto principale è la forma urbana e architettonica, in favore di altri aspetti, che contano di più per la gente. Urbanistica e architettura possono essere utili per trasformare una città, ma se si vuole avviare un progetto partecipato ciò che spinge la gente a intervenire non è tanto la forma dello spazio, quanto piuttosto ciò che si fa al suo interno. Infatti, siamo passati dal proporre un progetto in cui gli abitanti erano invitati a partecipare a scelte specifiche a un’esperienza differente, che inizialmente era posta in secondo piano, ovvero far sì che le persone potessero partecipare alla vita collettiva attraverso l’uso continuativo dello spazio offerto. All’abitante interessa fruire di questo spazio piuttosto che fornire pareri tecnici precisi, i quali comunque derivano da una concezione più ampia dell’utilizzo dello spazio pubblico. L’idea di base è vivere e far diventare patrimonio comune i luoghi della città ed essa comporta naturalmente di effettuare delle preferenze, sempre e comunque partecipate. Le scelte tecniche di natura architettonica e urbanistica diventano quindi un mezzo attraverso cui realizzare ciò che più conta, cioè la partecipazione stessa. Esatto, questa sintesi può sembrare paradossale ma è corretta. Mentre molti percorsi di progettazione partecipata hanno come obiettivo il raggiungimento di una decisione, nel nostro caso è la partecipazione stessa l’obiettivo dell’iniziativa: potersi incontrare quotidianamente, scendere di casa e fare due chiacchiere in piazzetta, conoscersi, socializzare. C’è da considerare che molti hanno un lavoro e poco tempo, ma la partecipazione alla vita collettiva è fortemente voluta. Quali sono state le principali evoluzioni dalla prima piazzetta, a settembre 2010, a oggi? Prima la piazzetta veniva allestita per periodi più brevi – un o due settimane –, che si sono allungati progressivamente fino a tre mesi. Ma forse la cosa più importante è che da novembre scorso è stata interamente predisposta dagli abitanti e noi ci siamo occupati solo della supervisione. Si è gradualmente passati da una gestione totalmente in mano all’associazione a una sorta di “svezzamento” del neo-nato comitato di strada, che ha cominciato a organizzare direttamente le attività e la gestione dello spazio, occupandosi anche di montaggio, manutenzione e cura quotidiana. Ora la piazzetta c’è di nuovo, è iniziata a maggio e durerà fino all’inizio di agosto. Attualmente è in corso un importante momento di confronto con i frequentatori. Recentemente è stato proposto un questionario di valutazione del progetto: abbiamo rivolto una serie di domande agli abitanti, sulla base delle quali è stato strutturato il questionario, che abbiamo poi diffuso a tappeto su tutta la strada e le sue vicinanze, distribuendo 450 copie che stanno pian piano tornando indietro compilate. Non sono ancora disponibili i risultati definitivi, ma possiamo fare una stima provvisoria sui dati sinora ricevuti. Abbiamo somministrato i questionari sia in buchetta che a mano ai passanti, selezionando diverse categorie, contraddistinte da etichette diverse: i negozianti, i residenti e i frequentatori, in modo da rivolgerci non solo a chi abita nella strada ma anche a chi ci lavora o semplicemente ci transita. A livello di età e professioni la partecipazione è assolutamente eterogenea e trasversale. Per ora, il 95% della gente valuta positivo l’impatto che il progetto ha avuto sulla strada: alla prima domanda “Sei contento dell’iniziativa?”, due terzi ha risposto di sì, ma anche chi ha risposto negativamente considera comunque l’idea buona. Fra gli aspetti che attirano di più c’è la raccolta differenziata presente in piazzetta, oltre al discorso legato alla socialità. Per quanto riguarda gli elementi che inibiscono la frequentazione, l’unica risposta che si è ripetuta è stata la mancanza di tempo. La seconda parte del questionario è volta a capire se è cambiata la percezione del luogo rispetto a com’era prima dell’iniziativa. Il 90% risponde positivamente alla domanda “Si sente più legato alla sua strada?”. Addirittura nelle interviste preliminari erano emerse situazioni di persone che avevano deciso di non traslocare più perché si erano affezionate alla propria strada. Il questionario è semplicemente valutativo o ha uno scopo preciso? Serve a noi per capire cosa ne pensa la gente, in particolare quella che non partecipa agli incontri con l’associazione e alla piazzetta. Abbiamo cercato di realizzarlo inserendo una serie di domande e di possibili risposte che consentissero anche di esprimere opinioni negative, eppure quasi nessuno si è pronunciato in questo senso. Attualmente hanno risposto una cinquantina di unità abitative, che vuol dire 150-200 persone. Quelli che fanno parte del gruppo organizzativo sono una quindicina di persone, per cui più del 90% della gente che ha risposto non la conosciamo. Attraverso il questionario ci proponiamo quindi di coinvolgere queste persone, ma anche di capire cosa pensano del progetto e quali aspetti si possono migliorare. Per esempio, un intervistato ci ha scritto che non ha avuto risposta quando ha cercato di contattare l’associazione e questo ci ha spinto a curare di più la logistica della comunicazione. Nel questionario sono presenti anche risposte aperte e molti degli interpellati hanno riportato suggerimenti ricchi e interessanti. Sono importanti anche le motivazioni alle risposte negative, perché vogliamo essere sicuri di non aver attuato un’iniziativa che possa recare fastidio. Fortunatamente sinora solo una persona si è pronunciata in questo senso e questo ci tranquillizza, non perché questa persona non sia importante ma perché il dato complessivo ci conferma che l’idea è piaciuta. Pensando a progetti di riqualificazione urbana, questo aspetto ci conforta molto, perché generalmente si tratta di iniziative che spesso non vengono sviluppate con i cittadini. In che modo sinora l’esperienza dei LSP ha influito sul modo di relazionarsi fra loro degli abitanti della strada? C’è un altro quesito importante nel questionario: “Sono cambiati anche i rapporti di vicinato?”. Una persona su cinque dice di no, le altre scrivono che hanno conosciuto molti vicini approfonditamente, mentre altri, contrariamente a prima, li riconoscono quando li incontrano. Questo aspetto è fondamentale perché vuol dire che effettivamente lo strumento piazzetta e il percorso che abbiamo avviato hanno portato i cittadini a sviluppare un’identità, a conoscersi e riconoscersi come abitanti della stessa strada. Si può quindi dire che il progetto ha centrato uno dei suoi obiettivi fondamentali. Pensi che il percorso di pedonalizzazione che sta seguendo il Comune di Bologna, così come altre città, possa essere una buona occasione per lanciare i Luoghi di Sosta Pedonale a livello cittadino ed extracittadino? A dicembre scorso il Comune accolse la proposta dei LSP e la inserì nel suo piano, anche se ancora ad uno stadio generale. Nei successivi aggiornamenti però non venne più fuori con chiarezza il progetto delle piazzette, speriamo non si sia perso per strada. Noi nel frattempo abbiamo continuato a cercare il dialogo con le istituzioni comunali, più che altro per tentare di costruire un percorso coordinato. Poco tempo fa si è parlato di micro riqualificazione di vicinato, speriamo di essere contattati dall'amministrazione per supportare questi tipi di scelte. Nel frattempo, l’associazione sta pensando di esportare le piazzette in altre aree cittadine, tant’è che il sottotitolo del progetto è “Una rete di micropiazze per Bologna”. Noi continuiamo a proporlo, i vicinati stessi ci chiedono di replicarlo nelle loro strade. L’unico problema alla diffusione rimane quello di natura economica: non sempre i comitati riescono a finanziarlo poiché, per quanto sia poco costoso rispetto a ripavimentazioni e altri interventi, si tratta comunque di un investimento, anche perché il lavoro a monte è corposo e molta gente spera che sia una scelta politica a sostenerlo. Recentemente c’è stata un’altra occasione in cui vi siete incontrati con i comitati. Lo scorso 2 luglio si è tenuta la festa-convegno dei vicinati di strada, a cui hanno partecipato gruppi di diverse parti della città. Lo scopo era farli incontrare e abbiamo chiesto loro di raccontarsi a vicenda un’iniziativa, la cosa più carina che avessero fatto, nella modalità in cui avrebbero potuto imparare reciprocamente come replicarla. L’obiettivo era quindi autodidattico e formativo: spingerli a conoscersi e presentare loro il progetto delle piazzette, poiché essi sono certamente i nostri interlocutori prediletti. L’idea è piaciuta molto e l’iniziativa in generale è riuscita bene, ora l’obiettivo è riuscire a replicarla ogni sei mesi, invitando comitati sempre nuovi. Lo scopo è fare in modo che si possano mettere in rete: a ogni partecipante consegniamo un libretto in cui sono raccolte tutte le attività e tutti i contatti degli altri. È questo il primo passo per estendere l’esperienza delle piazzette anche ad altri luoghi? Esatto. In realtà ci sono diversi vicinati che ci hanno chiesto di allestire delle piazzette nelle loro strade, si tratta sempre di vedere se riusciremo a ottenere le necessarie sponsorizzazioni, per le quali stiamo preparando un piano diviso in due parti. La prima si concentra sull’attività di ricerca e coordinamento: come far funzionare il modello di progettazione partecipata, la preparazione delle comunicazioni, il rapporto con le istituzioni, lo studio della piazzetta e così via. Dopodiché, quando si entra nella fase operativa, l’idea è tentare un finanziamento dal basso. Per la prima fase ci rivolgiamo a fondazioni, enti di ricerca e grosse aziende cittadine come Il Resto del Carlino o Hera. Per la seconda invece, che è quella più vicina cittadini, chiediamo il sostegno a coloro ai quali è rivolta l’iniziativa, quindi negozianti e abitanti. Questo è anche un modo per stabilire un legame con essi e responsabilizzarli. In questo momento l’associazione è in cerca di partner di due tipi: un ente di ricerca, magari universitario, dal quale farci affiancare per avviare ulteriori ricerche sul progetto LSP, e altre associazioni che curino gli aspetti non direttamente di nostra competenza. Per esempio, abbiamo visto che fra le cose che interessano di più agli abitanti ci sono la raccolta differenziata e il verde; per questo stiamo cercando soggetti a cui appoggiarci per sviluppare le competenze dei frequentatori della piazzetta in termini di orti, verde urbano e riciclo. Siamo inoltre ancora in cerca di una sede fisica, che sarebbe anche un'occasione per localizzare nuove iniziative, poiché naturalmente lavoreremmo sulla zona dove si trova la sede stessa. Inoltre, se il dialogo con il quartiere San Vitale dovesse proseguire in maniera proficua, a breve inizieremmo ad allargare le piazzette anche alle zone limitrofe a via Centotrecento per costruire la rete di micropiazze. Gli effetti positivi delle piazzette ricadono in diversi ambiti. Sempre rifacendomi al questionario, vorrei sottolineare che il 70% degli intervistati ha risposto che grazie alle piazzette la strada è diventato un luogo più sicuro. Se paragoniamo il costo di un piano di sorveglianza tramite forze di polizia o sistemi di videocontrollo, emerge chiaramente la convenienza anche economica dell’idea nell’aumentare la percezione di sicurezza da parte dei cittadini. Questo è un progetto che per un Comune ha dei costi irrisori, in particolare se paragonati ai risultati che porta in ambito urbanistico, sociale, di welfare, di sicurezza. Si sta sviluppando un sistema di comunità di vicinato a basso impatto economico ed energetico. L’ultima domanda del questionario chiede se la piazzetta può essere un luogo di incontro a aiuto reciproco per il vicinato. Il 95% risponde di sì e questo vuol dire che gli abitanti percepiscono questo luogo sia come portatore di elementi positivi in termini di socialità e sicurezza, che come una sorta di struttura di welfare, un servizio sociale a costo zero. Questi sono dati importanti, principalmente dal punto di vista economico, perché sottolineano che questo progetto affronta questioni complesse con costi veramente bassi. Non sostituisce le politiche specifiche, ma le integra, tappando le tante falle che esse possono lasciare.

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