Ma quanto alluminio ci mangiamo?

L'Associazione Culturale Pediatri ha analizzato l'esposizione media all'alluminio della popolazione attraverso l'utilizzo dei contenitori per alimenti. E il risultato è tutt'altro che rassicurante.

Ma quanto alluminio ci mangiamo?

«L’alluminio è il terzo elemento più rappresentato nella crosta terrestre, con una percentuale pari al 7.5%, dopo l’ossigeno ed il silicio - scrive l'Associazione Culturale Pediatri (ACP) sulla propria rivista, Quaderni ACP - A differenza di altri metalli come il ferro ed il magnesio, non ha alcuna funzione nel metabolismo dell’uomo e degli altri animali, all’interno dei quali normalmente non è rappresentato nemmeno in tracce. La presenza di questo minerale all’interno dell’organismo umano è quindi secondaria ad una contaminazione non necessaria, prevalentemente per via alimentare. L’assorbimento per via transcutanea, secondario all’utilizzo di deodoranti contenenti questo minerale, è una seconda e meno importante via di contaminazione. La maggior parte dell’alluminio ingerito non viene assorbito e viene eliminato con le feci (95%). Per quanto riguarda la frazione assorbita, l’escrezione avviene essenzialmente tramite il rene; il bioaccumulo, e quindi la tossicità dell’alluminio possono essere quindi nettamente maggiori nei soggetti con funzionalità renale immatura o diminuita (bambini piccoli, anziani, nefropatici) [1]».

«L’alluminio è uno dei metalli con riconosciuta potenziale pericolosità per la nostra salute, interferisce con diversi processi biologici (stress ossidativo cellulare, metabolismo del calcio, etc.), pertanto può indurre e etti tossici in diversi organi e sistemi: il tessuto nervoso, il sistema emopoietico e l’osso sono i bersagli più vulnerabili [2-3]. Diversi studi in passato suggerivano che l’alluminio, per la sua neurotossicità, potesse contribuire all’insorgenza della malattia di Alzheimer e di altre malattie neurodegenerative. Le più recenti pubblicazioni non hanno prodotto dati a sostegno del diretto coinvolgimento dell’alluminio nella genesi dell’Alzheimer. Per contro l’alluminio può aumentare la morte neuronale e lo stress ossidativo a livello cerebrale; per cui non va escluso un ruolo nell’aggravare o accelerare i sintomi e l’insorgenza di patologie neurodegenerative umane [4]. Per tale motivo sono stati fissati dall’Agenzia Europea per la sicurezza alimentare dei limiti di cautela, corrispondenti ad una dose settimanale tollerabile (tolerable weekly intake, TWI) pari a 1mg/ kg di peso corporeo /settimana, corrispondente a 70mg di allumino/settimana per un adulto di 70kg e a 15mg per un bambino di 15 chili di peso [5]».

«L’alluminio è un minerale frequentemente utilizzato dall’industria, grazie alla sua morbidezza, elasticità e resistenza all’ossidazione, per la produzione di numerosissimi prodotti, da solo o sotto forma di leghe - prosegue ACP - Tra questi ricordiamo i contenitori che vengono a contatto con bevande e cibi dai quali potenzialmente questa sostanza può migrare negli alimenti (pentole, lattine, ecc.). I composti di alluminio sono usati anche come additivi per il cibo. Si tratta degli additivi alimentari de niti con i codici da E520 a E523 (solfato di alluminio, di alluminio e sodio, di alluminio e potassio, di alluminio e ammonio) e possono essere utilizzati per promuovere la precipitazione delle proteine o rafforzare la struttura dei vegetali durante la lavorazione in diversi alimenti come per esempio l’albume d’uovo in polvere, la birra, frutta e verdura candite e cristallizzate. Inoltre, l’alluminio si trova naturalmente anche nell’acqua potabile e negli alimenti (Tabella 1)».

«Possiamo pertanto dividere l’esposizione umana a questo minerale in due categorie: da alluminio intrinsecamente contenuto negli alimenti e da alluminio non alimentare, da additivi oppure da migrazione da materiali a contatto con il cibo» prosegue ACP

Esposizione ad alluminio per via alimentare

Contenuto intrinseco degli alimenti

L’esposizione all’alluminio intrinsecamente contenuto negli alimenti riflette il contenuto del suolo e dell’acqua di irrigazione delle piante, ed il contenuto degli alimenti utilizzati per gli animali. Tra le piante con maggior capacità di concentrazione di questo minerale ricordiamo il the, le verdure a foglia verde e le spezie, in cui la concentrazione può essere superiore a 10 mg /kg, mentre nei prodotti di origine animale la concentrazione abitualmente varia tra 5 e 10 mg/kg (Tabella 1).

Additivi alimentari contenenti alluminio

Gli additivi alimentari contenenti alluminio possono avere una influenza significativa sulla concentrazione totale di alluminio nei prodotti alimentari. Vari composti di alluminio sono approvati come additivi nell’Unione Europea, e possono essere utilizzati come coloranti, rassodanti, agenti di rivestimento e altri. La concentrazione massima in cui questi additivi possono essere utilizzati nei cibi è normata da un regolamento della Commissione Europea, da alcuni ritenuto eccessivamente permissivo [6].

Migrazione di alluminio da materiali a contatto con i cibi

L’alluminio o le sue leghe sono comunemente contenuti in numerosi manufatti che vengono a contatto con i cibi e possono rappresentare una componente importante dell’introduzione di questo minerale nell’organismo umano. Un elenco non esaustivo di questi è rappresentato in Tabella 2.

«La quantità massima di alluminio che può migrare da qualsiasi materiale utilizzato a contatto con i cibi (Specific Release Limit, SRL) è stata regolamentata per legge nel 2013, ed è pari a 5 mg per kilogrammo o litro di prodotto alimentare, e tutti i programmi di monitoraggio messi in atto per controllare il rispetto di questa norma non hanno dimostrato degli sforamenti nella quantità di alluminio trasferita nei cibi. Tuttavia, soprattutto in particolari condizioni di utilizzo, per particolari tipi di alimenti e per l’età infantile questo limite forse non è su cientemente sicuro, e l’alluminio che migra da questi prodotti nei cibi e nelle bevande potrebbe determinare dei livelli di assunzione superiori alle dosi raccomandate, e quindi rischiosi per la salute. Uno studio condotto recentemente in Germania (la cui scheda analitica a cui rimandiamo è contenuta in questo numero) ha determinato con delle analisi di laboratorio il quantitativo di alluminio rilasciato da contenitori e stoviglie, usati per la preparazione e la conservazione di cibi e bevande [7-8-9]. Sono state effettuate delle analisi su 297 tipi di cibi o bevande, e le conclusioni a cui sono giunti gli autori sono che solo in situazioni particolari, e soprattutto per cibi acidi o salati, la cottura prolungata a contatto con alcuni manufatti di alluminio potrebbe portare all’assunzione da parte dei bambini di quantità di alluminio superiori alla dose settimanale tollerabile. Nelle situazioni abitualmente riscontrabili nella vita comune è invece molto di cile che la quantità di alluminio assunta da un bambino con la dieta superi questo livello. Ciò non toglie tuttavia che i genitori siano consapevoli dei materiali utilizzati per conservare o cuocere gli alimenti. La consuetudine di utilizzare contenitori e fogli di alluminio per la conservazione e cottura dei cibi andrebbe limitata ai cibi non acidi o salati. Anche per tale motivo va inoltre scoraggiato l’utilizzo di bevande acide in lattina (the, coca cola ed altre bevande gassate, succhi di frutta). A parte questi particolari cibi, ribadiamo che i contenitori in alluminio rappresentano un sistema di conservazione degli alimenti più sicuro per la salute rispetto a quelli plastici, che non dovrebbero essere utilizzati per il documentato passaggio nel cibo di sostanze note come interferenti endocrini [10]».

1. Fanni D, Ambu R, Gerosa C, et al. Aluminum exposure and toxicity in neonates: a practical guide to halt aluminum overload in the prenatal and perinatal periods. World J Pediatr. 2014;10(2):101-7
2. Kumar V, Gill KD. Aluminium neurotoxicity: neurobehavioural and oxidative aspects. Arch Toxicol 2009;83(11):965–978

3. Chappard D, Bizot P, Mabilleau G, et al. Aluminum and bone: Review of new clinical circumstances associated with Al(3+) deposition in the calci ed matrix of bone. Morphologie. 2016;100(329):95-105
4. Maya S, Prakash T, Madhu KD, et al. Multifaceted e ects of alumi- nium in neurodegenerative diseases: A review. Biomed Pharmacother. 2016;83:746-754

5. European Food Safety Authority Safety of aluminium from dietary intake. Scienti c Opinion of the Panel on Food Additives, Flavourings, Processing Aids and Food Contact Materials. EFSA J. 2008; 754:1–4
6. Regulation (EC) No. 1333/2008 of the European Parliament and of the Council on food additives

7. Stahl T, Falk S, Rohrbeck A, et al. Migration of aluminum from food contact materials to food-a health risk for consumers? Part I of III: exposure to aluminum, release of aluminum, tolerable weekly intake (TWI), toxicological e ects of aluminum, study design, and methods. Environ Sci Eur 2017; 29: 19

8. Stahl T, Falk S, Rohrbeck A, et al. Migration of aluminum from food contact materials to food-a health risk for consumers? Part II of III: mi- gration of aluminum from drinking bottles and moka pots made of alu- minum to beverages Environ Sci Eur 2017; 29:18

9. Stahl T, Falk S, Rohrbeck A, et al. Migration of aluminum from food contact materials to food-a health risk for consumers? Part III of III: migration of aluminum to food from camping dishes and utensils made of aluminium Environ Sci Eur 2017; 29:17

10. To ol G. I prodotti plastici che vengono a contatto con i cibi possono essere pericolosi?. Quaderni ACP. 2012;19.4: 177

Alluminio

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