Una nuova 'marea nera' nel fiume Yellowstone

160.000 litri di petrolio e altre sostanze bituminose inquinano da sabato scorso il corso del fiume Yellowstone, nel Montana. Le motivazioni del disastro non sono ancora chiare ma le avvisaglie che questa circostanza potesse verificarsi c’erano tutte e la Exxon Mobile - già responsabile del disastro Exxon-Valdez – non le ha prese in considerazione.

Una nuova 'marea nera' nel fiume Yellowstone
Da sabato scorso lo stato del Montana negli Stati Uniti è in allarme a causa dell'esplosione dell'oleodotto Silvertip che trasporta il greggio estratto dalle sabbie bituminose dell'Alberta in Canada e shale oil (sedimenti di colore nero ricchi di bitume da cui è possibile ottenere petrolio) del Wyoming verso le raffinerie di Billing in Montana. In Italia i titoli che compaiono sporadici nelle prime pagine dei giornali online - Repubblica.it e Corriere.it non hanno già più la notizia in homepage - e quasi non compaiono in quelli cartacei, parlano di disastro nelle acque di Yoghi e Bubu. L'esplosione ha infatti riversato l'equivalente di 1000 barili di petrolio - circa 160.000 litri - nel fiume yellowstone che ha la sua foce nell'omonimo parco. Gary Pruessing, presidente della Exxon Mobile Pipeline ha dichiarato che le ricognizioni hanno messo in evidenza danni limitati a soli 16Km, ma il Governatore del Montana Brian Schweitzer lo ha subito smentito: “Questa è una zona molto selvaggia, e loro non hanno alcuna idea se sono 5, 50, o 100 miglia, stanno tirando a indovinare. Il fiume Yellowstone è importante per noi. Dobbiamo effettuare ispezioni fisiche nel fiume con piccole barche, al più presto”. Il problema è che data la forte corrente - sabato il fiume era sopra il livello di guardia e correva a oltre 10 chilometri orari - le operazioni di pulizia e contenimento della nuova marea nera sono parecchio complicate. “Data la corrente - dice Duane Winslow, responsabile emergenze della contea di Laurel dove la pipeline è esplosa - è troppo pericoloso lavorare sulle barche, quindi i soccorsi sono costretti per ora ad operare sulle rive piuttosto che nel mezzo del fiume”. Questo sta facendo sì che le macchie di petrolio si dirigano sempre più verso il fiume Missouri, di cui lo Yellowstone è un affluente, in North Dakota. Al momento non si sono ancora trovati animali ricoperti di petrolio ma le diverse pozze oleose che inevitabilmente si formeranno negli argini più bassi potrebbero fare una strage più lenta ma anche più importante. Tutto questo succede mentre ancora oggi, ben oltre 72 ore dopo, rimane sconosciuta la causa dell''incidente'. Qualcuno pensa che il disastro sia la conseguenza delle forti piogge dei mesi scorsi nella zona - a maggio l'oleodotto era stato fermato ed ispezionato in via precauzionale - ma già nel 2009 e nel 2010 due ispezioni avevano dichiarato inaffidabile la struttura della conduttura. Nonostante questo, la Exxon ha deciso di continuare a utilizzarlo con le conseguenze che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Michael Brune, direttore esecutivo di Sierra Club la più grande associazione ambientalista USA, parlando del disastro ha commentato: “Il business del petrolio è sporco, pericoloso e mette in pericolo le famiglie e le comunità del Montana, come quelle di Billings e Laurel. Le multinazionali inquinatrici, come Exxon e Bp, devono essere ritenute pienamente responsabili per i loro inquinamenti e distruzioni. Purtroppo, lo sversamento di petrolio odierno dell'oleodotto della Exxon è solo un altro incidente in una lunga serie di disastri compiuti dalle Big Oil, che ci ricorda ancora una volta perché dobbiamo andare oltre il petrolio e allentare la morsa delle Big Oil sulla nostra nazione una volta per tutte”. E ciò che vale per gli Stati Uniti vale, da sempre, per tutto il mondo. Prima o poi in ogni angolo del pianeta bisognerà non solo rassegnarsi a questa realtà ma prendere in mano la questione e affrontarla eliminando per sempre il petrolio tra le opzioni energetiche in campo. La domanda: quante maree nere ci vorranno ancora prima di operare questa decisiva svolta?

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