Migliorare la vista: l’approccio del metodo Bates

È convinzione comune che per risolvere i problemi di vista si debba necessariamente ricorrere agli occhiali o, quando necessario o possibile, a soluzioni invasive come gli interventi chirurgici. Ma sono proprio le uniche strade possibili?

Migliorare la vista: l’approccio del metodo Bates

Gli occhiali vengono prescritti sempre, al primo problema riportato all'oculista. Eppure esiste un modo alternativo che forse pochi conoscono: il metodo Bates. Attraverso un percorso che porta alla consapevolezza della propria visione e con opportune attività mirate insieme a un insegnante specializzato, si può riuscire a migliorare e a recuperare la capacità di visione. In modo naturale.

A spiegare come ciò sia possibile è Maurizio Cagnoli, 69 anni, sociologo ad indirizzo psicologico ed esperto in percezione visiva. Si interessa dal 1971 di tecniche psicocorporee. Dirige le scuole di formazione sul Metodo Bates di Roma, Madrid e Barcellona. E’ fondatore dell’AIEV (Associazione italiana per l’educazione visiva) e per molti anni ne è stato il presidente.

Chi era William Bates e in cosa consiste il metodo che prende il suo nome?

William Bates era un medico oculista americano che elaborò e applicò il metodo che prende il suo nome quasi un secolo fa. Da questo nucleo è nata una disciplina olistica che ha aiutato a risolvere i problemi visivi di milioni di persone in tutto il mondo. Bates riteneva inutile quando non dannoso l'uso degli occhiali i quali non aiutano a risolvere il problema e a migliorare la vista ma, al contrario, la peggiorano. Secondo la tesi di Bates ci si è inconsapevolmente allenati a vedere male, introducendo tensione in un processo che dovrebbe essere semplice, rilassato e naturale.

Ci può illustrare i tre principi di base del metodo?

I tre principi base sono il movimento, la centralizzazione e il rilassamento. Bates non poté fare a meno di notare questa costante: gli occhi di chi ha problemi visivi si muovono molto di meno di chi ha una vista normale, e il rifiuto del movimento si estende anche a molti altri campi, coinvolgendo il corpo, le emozioni e il pensiero. Chi ha problemi visivi sembra cercare costantemente di crearsi un ambiente "sicuro", dove le cose cambino il meno possibile e le attività non siano intense, provochino meno cambiamenti possibili. E l'ambiente più stabile e sicuro finisce per essere il proprio pensiero, forgiato appunto su certezze e "punti fermi". E quindi si cerca di privilegiare una vita il più possibile "pensata" (e non vissuta). Chi fissa lo sguardo cercherà con ansia di vedere tutto ciò che gli è davanti ugualmente bene ma, poiché è fisiologicamente impossibile, sfocherà lo sguardo e vedrà peggio. Per mettere a fuoco efficacemente, gli occhi si devono muovere e non rimanere fissi. Chi ha problemi alla vista tende a restare rigido e ad avere difficoltà nel rilassamento. Imparare a rilassarsi è importante perché migliora la vista e porta a un cambiamento positivo del modo di vedere il mondo.

Cos'è l'Aiev, quando è nata e dove opera?

L'Associazione Italiana per l'Educazione Visiva è nata nel 2002 ed è un'associazione di promozione sociale che non persegue fini di lucro. Opera principalmente in Italia ma anche all'estero e soprattutto in Spagna e in Sudamerica dove ha patrocinato scuole di formazione e riconosce i diplomati. Il suo scopo è quello di promuovere la consapevolezza dell'individuo nell'uso della vista, il contatto con gli occhi ed i pensieri, emozioni e sensazioni ad essi collegati durante lo svolgimento di tutte le attività della vita nonché il rilassamento degli occhi secondo i principi e gli insegnamenti elaborati dal Dott. William H. Bates. L'associazione è ancora piccola ma siamo cresciuti enormemente. E' nata a seguito di un convegno cui partecipai a Parigi nel 1998. Al ritorno, con alcuni colleghi decidemmo di organizzare un convegno anche in Italia. Così fu e nel 2001 fondammo l'AIEV. Abbiamo poi iniziato a fare congressi ogni anno mettendo anche in moto una scuola.

Come ha deciso di diventare educatore visivo?

Non avevo problemi visivi, ma ho scoperto che lavorare sulla vista cambiava il mio modo di rapportarmi al mondo, rendendolo più ricco e consapevole. Faccio questo lavoro dal 1989. Fino al 1995 è stato il mio secondo lavoro. La mia attività principale era, infatti, un'altra: mi occupavo di Osho Rebalancing, un lavoro olistico sul corpo.

Quali sono i requisiti per diventare un educatore visivo?

A volte tra i nostri studenti ci sono optometristi, ortottisti, persone che sono del campo ma anche no. Alcune delle insegnanti Bates più esperte in Italia sono ortottiste, altri sono optometristi, ma ci sono anche fisioterapisti, psicoterapisti e molte altre professioni.

Quali qualità deve avere un educatore visivo?

Chi ha problemi di vista ha, in qualche misura, perso l'interesse a osservare almeno in alcune dimensioni. Ha perso il gusto, il piacere, l'interesse, la curiosità di guardare, di vedere i dettagli, di vedere cose che si muovono. Per essere un buon educatore visivo è necessario recuperare tutto questo e lavorare su di sé. Il suo diventare educatore passa anche attraverso il recupero della sua capacità visiva, del suo gusto di vedere, delle sue capacità di vedere concretamente, di avere un occhio curioso. Deve, inoltre, avere empatia e umiltà. Cerchiamo di fare il nostro meglio come educatori visivi ma la responsabilità ultima è nella persona col problema visivo. E' il cliente che decide fin dove vuole o può arrivare. L'educatore visivo non è un medico né un terapista. Non cura, ma collabora al processo di autocura del suo cliente, che non è un paziente ma, piuttosto, un alunno.

I corsi per chi vuole migliorare la propria vista sono individuali o di gruppo?

Entrambe le cose. I corsi di gruppo permettono risultati rapidi. Le sedute individuali permettono di affinare il percorso.

Il metodo Bates è consigliato per tutti? Anche per i bambini?

E' un percorso che dà risultati anche molto rapidi e forti. E' tuttavia necessaria convinzione, voglia e motivazione. Il metodo è consigliato per tutti, anche per i bambini. Molte persone incontrano difficoltà perché sono abituate a fare le cose in un certo modo, con una continua tensione o non hanno tempo da dedicare agli esercizi a causa del lavoro. Chi sceglie questo metodo scopre cambiamenti positivi non solo nella vista ma anche nel modo in cui si rapporta al mondo e alla realtà. Una delle basi del metodo Bates è la combinazione di due cose difficili da mettere insieme: essere consapevoli, presenti e essere rilassati. Tutta la nostra società ci insegna che se sei rilassato non sei presente e se sei presente sei abituato a farlo in maniera molto tesa. Questa tensione diventa abituale e non te ne rendi neppure conto. Ci si abitua alla tensione. Tutto il nostro corpo ce lo dice, gli occhi, la schiena, ma tu ti abitui alla tensione e non te ne rendi conto. Per quanto riguarda i bambini, almeno per come lavoro io, è necessario dare enorme importanza al ruolo dei genitori. E' importante che questi capiscano cosa si fa e che siano in grado non solo di far fare i giochi ai bambini durante la settimana ma di inventarne di nuovi. Il genitore non deve trasformarsi nel guardiano che controlla che il bambino faccia i compiti ma deve essere la persona che propone giochi interessanti che coinvolgano la vista. In quel caso i miglioramenti sono molto rapidi. La difficoltà maggiore è che i genitori non hanno il tempo né l'abitudine a responsabilizzarsi in questo senso. Vorrebbero piuttosto affidarli a uno specialista che risolva il problema.

Quante persone si rivolgono a voi e fanno questi corsi?

E' difficile dirlo, dipende dalle modalità di lavoro di ciaacun educatore. Posso dire, però, con certezza, che noi italiani siamo la realtà di visione naturale che è cresciuta più rapidamente nel mondo. Anche rispetto ad altri che avevano tradizioni in questo campo molto radicate come i tedeschi, gli americani e gli inglesi.

Quanti sono gli educatori visivi Bates in Italia?

Siamo una dozzina, quelli anziani; poi ci sono quelli diplomati presso la nostra scuola che sono circa 40, poi ci sono molte persone che si sono diplomate ma che sono interessate a lavorare essenzialmente su se stesse o hanno altre professioni cui si dedicano. Ci sono anche educatori visivi al di fuori dell'AIEV: Loredana De Michelis, ad esempio, autrice del libro Preferisco vederci chiaro, con la quale siamo in ottimi rapporti. Forse siamo approssimativamente una sessantina in Italia.

Quali problemi di vista si possono risolvere con questo metodo?

Quelli di rifrazione: miopia, astigmatismo, ipermetropia, presbiopia e anche facilmente. Per quanto riguarda invece i problemi medici nei quali l'aspetto strutturale dell'occhio è compromesso, riusciamo spesso a dare una mano perché anche nella malattia oculare è spesso presente un problema di tensione collegato a paura e ansietà. Se si riesce a intervenire su quello e quindi ad avere un uso degli occhi più rilassato, questo può portare in alcuni casi all'autoguarigione o fa sì che la terapia che la persona sta facendo faccia effetto. Dico sempre chiaramente ai miei clienti che sui problemi di rifrazione è possibile migliorare molto o eliminarli, perché è una questione di “educazione”. A quelli che hanno malattie dico che non curo le malattie ma posso dare una mano a fare un uso migliore degli occhi. Questo può aiutare a migliorare la patologia. Tutti i partecipanti ai nostri corsi hanno risultati positivi. La convinzione di molti, magari anche nascosta, è che non sia possibile cambiare la vista. Siamo rassegnati al fatto che la nostra vista peggiorerà. Gli oculisti ci hanno sempre detto questo. Se cambiamo invece le nostre abitudini cambia anche la nostra vista. Sottovalutiamo, inoltre, sempre le nostre capacità e possibilità.

Perché non usare gli occhiali?

Gli occhiali ti permettono di vedere nonostante la tensione. Noi siamo tutti malati di tensione. La nostra società ci ha insegnato questo e non ne usciamo tanto facilmente neppure quando ci impegniamo in questo senso e decidiamo di rilassarci: si entra in un circolo vizioso che ci fa diventare ancora più tesi e più impazienti. Questo ci fa vedere ancora peggio. Ci si può impegnare a vedere senza occhiali ma ci si sforza e quindi si vede peggio. E' come nella meditazione. Nel momento in cui si è presenti, rilassati, senza l'ansia del risultato, gli occhi iniziano subito a vedere meglio. Quando si legge, le lettere arrivano da sole se non si tenta di afferrarle. Gli occhiali non risolvono il problema. Vedere bene è una cosa facile e naturale solo che siamo abituati a sforzarci, a impegnarci, a concentrarci, a interferire nel processo naturale.

Pare di capire che il metodo Bates sia molto di più di un semplice metodo per migliorare la nostra vista ma quasi un modo per entrare in contatto con noi stessi e col nostro modo di vedere la realtà. Non si tratta solo dei nostri occhi ma anche, quindi, della nostra vista interiore?

Secondo me sì. Bates era un oculista e semplicemente aveva osservato che le persone che avevano problemi visivi facevano cose che indicavano tensione. Ma, in realtà, mentre si procede con i miglioramenti della vista si acquisisce una maggiore consapevolezza, uno sguardo diverso sulla realtà. I risultati sono gratificanti e a casa si può continuare da soli ad andare avanti facendo gli esercizi individualmente.

Perché non usiamo tutti il metodo Bates e la gente ne sa così poco?

Ci sono due motivi. Il primo è che in passato questo metodo ha sollevato qualche antipatia nella classe medica e in particolare presso gli oculisti, che sono abituati a considerare le malattie piuttosto che le persone. Negli Stati Uniti ha avuto contro anche la categoria degli optometristi. In America sono una categoria molto forte e volevano mantenere il monopolio su tutto ciò che riguardava il training visivo e la rieducazione in generale. Per cui hanno fatto una vera e propria guerra attraverso anche azioni legali e campagne di stampa. Sto parlando di cose avvenute prima degli anni cinquanta o subito dopo. Adesso per fortuna la situazione è un po’ cambiata. Il secondo motivo è che questo metodo semplicemente non è attraente perché richiede un atteggiamento psicologico a cui le persone non sono pronte e l'impegno di gestire in prima persona il proprio corpo e la propria vista. E' molto più facile rimettere tutto nelle mani di un medico che ti prescrive un paio di occhiali. Questo è un discorso che vale, naturalmente per tutta la medicina tradizionale. Si preferisce che qualcun altro risolva il problema attraverso una medicina, una pastiglia, una terapia, un intervento. Per la vista è ancora di più così. Ci sono optometristi che praticano il metodo Bates che mi dicono che alla grande maggioranza dei clienti il metodo Bates non interessa. Loro vengono per la prescrizione di occhiali e l'idea di fare qualcosa in prima persona spaventa. Anche chi lo fa ha difficoltà. Lavorare sugli occhi è una cosa che coinvolge molto anche gli aspetti psicologici, le abitudini di cui non sei consapevole, convinzioni profonde. Non è facile. E' un percorso che ha bisogno di voglia e motivazione.

Qual è il vostro rapporto con la medicina tradizionale?

Seguiamo un’impostazione non medica. Non curiamo, ma insegniamo. Pratichiamo professioni molto diverse. Si può collaborare, naturalmente.

In cosa consiste esattamente la rieducazione alla vista?

Diventare consapevoli di tutti i modi in cui si introducono tensioni e disturbi nel meccanismo naturale, e cambiare le proprie abitudini in tal senso.

Gli esercizi da fare sono uguali per tutti o dipende dal difetto visivo?

Le attività non sono esercizi, non si possono fare senza consapevolezza. Servono soprattutto a prendere consapevolezza di come ci si pone e di cosa si fa. Possono essere variati moltissimo a seconda dell’individuo e del suo modo personale di essere teso, non solo del suo problema visivo.

Quali strumenti e tecniche vengono usati per rieducare la vista?

Si tratta di strumenti semplicissimi: tabelle di prova, tabelle con scritte progressivamente più piccole, bende per lavorare con un occhio solo in alcuni casi, cartoncini forati e altri oggetti molto semplici come palline. Noi privilegiamo l'uso di strumenti facili da reperire o anche da costruire da sé. Gli optometristi americani invece tendono a usare, al contrario, strumenti altamente tecnologici che costano moltissimo. Il cliente è, perciò, costretto, a fare gli esercizi con loro e nel loro studio a costi molto alti. Non ho niente contro le tecnologie sofisticate ma è molto importante utilizzare oggetti che siano disponibili a tutti. L'atteggiamento di fondo è che non conta il terapista ma la persona che ha il problema visivo e che vuole migliorarlo. Cerco di passare ai miei clienti il gusto di prendersi cura dei propri occhi oltre a delle idee che possano stimolare la loro creatività. Tra le tecniche ci sono il palming (chiudere gli occhi e farli riposare coprendoli con il palmo della mano), il sunning (esposizione degli occhi alla luce solare) e le oscillazioni ampie (girare dolcemente a destra e sinistra osservando le cose che passano senza fissare).

Le tecniche che usate sono esattamente quelle di cui parlava Bates o sono cambiate nel tempo?

Si usano tutte le tecniche di Bates, esattamente come le aveva descritte. Naturalmente l’esperienza degli educatori visivi ha prodotto moltissime varianti, giochi e attività.

Per saperne di più:

Www.metodobates.it

www.aiev.it

www.scuolametodobates.it

Anche su Facebook si può cercare il Gruppo AIEV o la pagina Visione Naturale e Metodo Bates.

Il prossimo corso di gruppo si terrà a Roma il 6 e il 7 febbraio 2016. E' dedicato ai presbiti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Maurizio Cagnoli

Il Metodo BatesVoto medio su 2 recensioni: Sufficiente

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