Mobina, in lotta a 'Mani aperte' per i diritti delle donne afghane

Mobina è la direttrice di Rabia Balkhi Radio, in Afghanistan, ed è impegnata nella lotta alle ingiustizie e per i diritti delle donne afghane. Tramite ActionAid è diventata consulente paralegale, ogni settimana in radio mette a disposizione le sue competenze alle ascoltatrici spiegando come ricorrere alla legge per veder rispettati i propri diritti. Dall'8 febbraio la voce di Mobina è arrivata in Italia, fino all'8 marzo sul web è possibile ascoltare il suo programma 'Mani aperte'.

Mobina, in lotta a 'Mani aperte' per i diritti delle donne afghane
Chi è Mobina? Mobina Sai Khairandish è una donna afgana di 30 anni che da otto dirige la Rabia Balkhi Radio (RBR), una delle prime stazioni radiofoniche indipendenti istituite in Afghanistan dopo la caduta del regime talebano, “la più seguita in tutta la regione nord orientale del paese” spiega. La radio prende il nome dalla poetessa afgana Rabia Balkhi, vissuta intorno al 940 d.C., che fu barbaramente uccisa dal fratello. Proprio la figura femminile della letteratura persiana che dà nome alla radio incarna l’immagine dei diritti violati delle donne - di quelle afghane in questo caso - diritti che Mobina ha deciso di riportare all’attenzione pubblica in questi anni, con la sua trasmissione Mani Aperte, un programma di quaranta minuti che ogni giorno raggiunge 300.000 persone, per la maggioranza donne. "Frequentavo la scuola nella provincia di Balkh, e vedevo continuamente ingiustizie e violenze contro le donne. Ricordo di aver iniziato a provare tanta rabbia e indignazione. Mi chiedevo perché nessuno si attivasse per cambiare le cose. In quel momento è nata l’idea di realizzare un programma radiofonico per aiutare le mie connazionali a cambiare le proprie condizioni di vita” così Mobina spiega la nascita del programma radiofonico che conduce. “L'Afghanistan ha vissuto tre decenni di guerra civile. E come sapete non è ancora finita. L’analfabetismo è la regola. Soprattutto per le donne. Volevo raggiungere e parlare al maggior numero possibile di afghane. Per questo motivo l’idea della radio mi sembrava la più indicata” spiega ancora. Così Mobina ha deciso di passare ai fatti e contribuire in prima persona al cambiamento. Si è iscritta a un corso di ActionAid, dove ha imparato come ricorrere alla legge per combattere le ingiustizie, ed è diventata consulente paralegale. Ora, le competenze che ha acquisito, le condivide ogni settimana con le sue ascoltatrici, attraverso la radio di cui è direttrice. “Con Mani Aperte offro spiegazioni sulle questioni giuridiche. Affronto casi reali e cerco di semplificare il linguaggio tecnico delle leggi. Dibattiti in diretta, tavole rotonde, fiction radiofoniche e spot informativi” racconta Mobina. E poi ci sono le storie, le storie di donne in carne e ossa, storie di “violenze, matrimoni forzati, umiliazioni, abusi e privazioni” che Mobina racconta ogni volta cambiando il nome reale della protagonista, per evitare di esporre le ascoltatrici al rischio di ritorsioni. Ma anche storie di donne che “hanno vinto la loro battaglia” diventando protagoniste del cambiamento nella loro vita, affermando la propria voce nel mondo. Una strada ancora troppo difficile da percorrere per una donna in Afghanistan, quest’ultima. Lo sa bene Mobina, moglie e madre di un bimbo di due anni, che ha dovuto lottare lei stessa per veder riconosciuta la propria intelligenza oltre le mura domestiche, nello spazio pubblico. “In un paese come l'Afghanistan, affermare la nostra identità di donna comporta difficoltà e rischi. Gli uomini non tollerano che lavoriamo fuori dalle mura domestiche – racconta Mobina -. Il nostro ruolo all’interno della società non è riconosciuto. Anch’io ho dovuto combattere con forza. A scuola, prima. Poi all’università e in ambito lavorativo. Quando ActionAid ha proposto il riconoscimento ufficiale del ruolo di consulente paralegale per me e le mie compagne di corso, le autorità si sono opposte”. Finché una donna lavora come volontaria, aggiunge Mobina, non si pongono troppi problemi, quando però il lavoro di una donna viene “ufficializzato” allora il sentiero diventa più tortuoso perché “evidentemente, è considerato una minaccia”. Ma Mobina ha capito che cedere alla paura delle minacce è la cosa peggiore da fare per cambiare. “Sono determinata a continuare la mia battaglia radiofonica per il cambiamento. Voglio che i diritti di noi donne afghane siano riconosciuti” dice. La storia di Mobina è raccontata - insieme ad altre - anche nel libro Il diritto di cambiare, curato da ActionAid e dedicato ad individuare analogie tra problemi e buone pratiche nei Paesi in via di sviluppo e in Italia. “L’integrità fisica delle donne come presupposto per il pieno riconoscimento dei loro diritti è uno dei temi raccontati e analizzati nel libro, insieme a tematiche quali il diritto al cibo quale mezzo indispensabile per la sussistenza e la trasparenza dell’azione di governo come prerequisito per una reale partecipazione cittadina alla vita politica del paese” spiega ActionAid. Dall’8 febbraio la voce di Mobina ha raggiunto anche l’Italia. Si può seguire il programma sulla pagina Facebook di ActionAid Italia, su www.actionaid.it o su Twitter, ogni mercoledì e venerdì con replica il sabato e la domenica, fino all’8 marzo. Oggi alle 16.00 sarà la volta della storia di Hamida e del suo pericoloso matrimonio. Per le interessate e gli interessati, è possibile ogni volta lasciare il proprio messaggio online. I messaggi saranno letti da Mobina durante le trasmissioni. In questo modo, le donne afghane potranno sentire che la solidarietà e la spinta al cambiamento arriva anche dall’Italia. La redazione del Cambiamento ha deciso di supportare il più possibile la lotta di Mobina. Noi stiamo con Mobina.

Commenti

Il maschilismo,con le sue più o meno dirette o sofisticate forme di violenza contro le donne e gli omosessuali, è un'ingiusizia civile e un "deficit" culturale con cui le singole organizzazioni di governo opprimono gran parte dell'umanità nei rispettivi Paesi. Prego pertanto IL CAMBIAMENTO e i suoi commentatori di trattare l'argomento con rispetto, guardando cioè ciascuno nei propri panni prima di mettersi sinceramente nei panni dell'altro. Si eviterà così il rischio di influire politicamente sui panni altrui in casa altrui, prestandosi, sia pur in buona fede, a strumentalizzazioni per interessi diversi da quello primario di lotta ai prepotenti. A proposito di donne afghane, nella storia troviamo l'esempio di Alessandro Magno che sposò l'afghana Roxana e che prescrisse ai suoi giovani generali di ammogliarsi con le donne di quel Paese riconosciute come sagge, colte e valorose. Un esempio più recente ( battaglia del 1880)ci viene dalla vittoriosa resistenza afghana contro l'aggressione colonialista dell'Inghilterra, resistenza guidata dall'indomita Malalai. Impegnamoci pertanto per il nostro cambiamento, rispettando la lotta delle donne e del popolo afghano e non permettendo che l'immigrazione sia fonte di delusione e di sfruttamento in casa nostra.
Franco, 15-02-2012 08:15

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