Nuove norme sulla caccia: si andrà di male in peggio?

Nelle ultime settimane si è creato molto rumore e forte preoccupazione riguardo alle indiscrezioni sulla bozza di disegno di legge in ambito venatorio. Il governo si accinge ad affrontare l’argomento caccia e a molti vengono i brividi.

Nuove norme sulla caccia: si andrà di male in peggio?

Nelle ultime settimane si è creato molto rumore e forte preoccupazione riguardo alle indiscrezioni sulla bozza di disegno di legge in ambito venatorio. Il governo si accinge ad affrontare l’argomento caccia e a molti vengono i brividi. Le prime indiscrezioni hanno mostrato un disegno di legge che avrebbe addirittura consentito la caccia sulle spiagge e zone limitrofe, l’aumento delle specie cacciabili e detenibili come richiami vivi e molte altre modifiche dal sapore nettamente anticostituzionale e contrarie alle norme europee. Il ministro Lollobrigida ha smentito alcune di queste indiscrezioni che avevano portato subito ad una reazione del mondo ambientalista e addirittura a dure prese di posizione anche da parte di personalità televisive e dello spettacolo.
Probabilmente la strategia adottata dal ministro e dalla maggioranza è quella di “sparare alto” per poi ottenere in fase successiva dei cospicui cambiamenti. Una sorta di tiro alla fune ma partendo con un netto vantaggio. Si tratta di strategia già usate in passato dal potere politico. Ma cosa c’è di fatto in palio? C’è un settore, quello della caccia, legato ad interessi economici considerevoli. Basti pensare che Beretta è una azienda italiana leader della produzione di armi leggere e da caccia, ma anche produttrice di innumerevoli accessori per il modo venatorio, dai vestiti ai puntatori laser, azienda da oltre 300 milioni di euro di fatturato annuo e non è l’unica. Insomma un giro d’affari importante spalmato su tutto il territorio nazionale al quale si aggiungono interessi politici ed economici locali. Anche il turismo venatorio è sempre più in crescita. Numerosi cacciatori si spostano per fare “ferie di caccia” dalla Toscana al Veneto, dalla Lombardia all’Umbria e dall’estero verso il nostro paese, alimentando un giro d’affari opaco e spesso nei limiti della legalità (il recente episodio che ha coinvolto Donald Trump jr in laguna veneta la dice lunga).
Sul piatto della bilancia ci sono sicuramente alcuni nodi irrisolti, che da tempo il mondo venatorio chiede di modificare, e la sempre maggiore pressione da parte di diverse istituzioni italiane ed europee verso una maggiore salvaguardia degli ecosistemi e delle specie (comprese quelle animali) sempre più a rischio di estinzione. La recente sentenza del Consiglio di Stato che vieta la caccia sui valichi montani in Lombardia rende molto evidente lo scontro in atto. Alleggerire le regole con le quali i cacciatori possono muoversi e sparacchiare nei territori significa dunque dare ossigeno ad un mondo sempre più screditato ed in parte anacronistico. Ecco dunque che il ministro Lollobrigida si appresta a metter mano alla legge nazionale in materia venatoria, la legge 157 del 1992. Con quali modifiche? Difficile saperlo ma è probabile molto peggiorative. Molto probabilmente si agirà contro le numerose specie che, oltre ad essere “apprezzate” dai cacciatori sono oggetto di isteria e agitazione in una certa parte del mondo agricolo, in particolare cinghiali, caprioli, cervi, ma soprattutto lupi. Il rischio di una apertura della caccia al lupo è concreto e sarebbe complessivamente devastante se gestita dal mondo venatorio. Altre azioni probabili riguarderanno il mondo del turismo venatorio e aspetti tecnici quali il tipo di armi o le giornate nelle quali è possibile cacciare (ad oggi sono 3 a settimana per ciascun cacciatore e a scelta del giorno, esclusi solo il martedì e il venerdì). Sicuramente si andrà verso un allungamento del periodo venatorio (che oggi termina alla fine di Gennaio) e si vorrà anche eliminare i vincoli imposti da Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), che risulta limitante per la caccia a causa delle sue posizioni scientifiche.
Indicrezioni hanno parlato della caccia notturna, che peraltro già è consentita in ambito di selecontrollo (l’abbattimento di ungulati, ad esempio, può essere fatto da cacciatori autorizzati anche di notte, ma sempre da appostamento e con visori notturni, e non in squadra come piacerebbe invece a certi cacciatori).
In tutto ciò il problema di fondo è che i cacciatori sono descritti dai media e politici come una parte necessaria al mantenimento degli equilibri naturali, quando invece in più occasioni si è dimostrato l’opposto, e dunque per il mantenimento della biodiversità dovrebbero essere “estinti”. Solo in pochi casi specifici l’intervento dei cacciatori si è dimostrato valido e necessario ai fini ambientali.
La verità è che i cacciatori sono degli hobbisti che hanno come passione andare per campi e boschi a sparare, invece che al piattello, ad anatre, tordi, lepri, cinghiali e quant’altro. Nella “loro filosofia” lupi, volpi, poiane, cornacchie.... sono considerati animali “nocivi” (questo è il termine con cui vengono descritti), in quanto nuociono alle prede dei cacciatori che sono gli unici ad aver diritto di predare, peraltro nella proprietà privata altrui. Sono così predatori, anzi super predatori da uccidere talvolta anche altri uomini, per carità si tratta di errori e tragedie, ma nonostante tutti gli incidenti e le problematiche che ogni anno emergono a carico dei tanti cacciatori “maldestri” o scorretti, forse sarebbe opportuno redigere ed applicare norme più restrittive e controlli più severi. Non sarà questo il caso del ministro Lollobrigida e probabilmente il mondo ambientalista e la società civile si troverà nuovamente a doversi mobilitare per la salvaguardia del bene più prezioso, la natura con tutte le sue creature.

 

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