Perchè non abbiamo mai tempo?

Praticamente qualsiasi persona del mondo nord occidentale, e di quei paesi che tentano di emularlo, ha la sensazione di non avere abbastanza tempo. Lo stress da mancanza di tempo, e non solo, sembra essere la malattia più diffusa; sono tutti di corsa, sempre indaffaratissimi, senza un minuto da perdere, presi da mille impegni. Ma chiediamoci, perchè abbiamo la sensazione di non avere mai tempo sufficiente per fare tutto quello che pensiamo di dover fare?

Perchè non abbiamo mai tempo?

Praticamente qualsiasi persona del mondo nord occidentale, e di quei paesi che tentano di emularlo, ha la sensazione di non avere abbastanza tempo. Lo stress da mancanza di tempo, e non solo, sembra essere la malattia più diffusa; sono tutti di corsa, sempre indaffaratissimi, senza un minuto da perdere, presi da mille impegni. Ma chiediamoci, perchè abbiamo la sensazione di non avere mai tempo sufficiente per fare tutto quello che pensiamo di dover fare?

E se non abbiamo il tempo per fare quello che riteniamo necessario, figuriamoci avere il tempo per fermarsi, riflettere, contemplare, riposarsi, stare con i propri cari o con gli amici, se non in rari e predeterminati momenti come le feste comandate e simili, dove però spesso anche in questi frangenti siamo stressati. Essendo la nostra una società che crede alla follia della crescita infinita in un "sistema terra" dalla risorse finite, tutto sarà conseguente a questo ragionamento. Quindi anche le nostre attività, i nostri interessi, il nostro tempo riteniamo che possa espandersi all’infinito. Ma così come lo sfruttamento infinito di risorse finite, anche il pensare di aumentare all’infinito il nostro tempo è impossibile fisicamente. Eppure è quello che si cerca di fare costantemente negando una palese evidenza.

Prima dell’avvento della tecnologia digitale che ci ha fatto diventare extrasupermegamultitasking avevamo l’impressione che il tempo fosse più lento, i ritmi meno frenetici e la vita più semplice. Gli input basilari erano gli stessi: famiglia, lavoro, amici, qualche interesse più o meno culturale, relazioni dirette con le persone nel quartiere, città o paese in cui si viveva. Ma cosa succede se oltre agli input basilari umanamente gestibili, se ne scaraventano una quantità illimitata nel nostro cervello e nella nostra vita a causa della tanto decantata digitalizzazione? Come può una persona che ha il tempo che aveva prima, il corpo che aveva prima, il cervello che aveva prima, improvvisamente poter gestire migliaia, milioni di input di tutti i tipi? Come poter conoscere potenzialmente milioni di persone, gestire milioni di informazioni, di possibilità, di contatti. A livello di sensazione è la differenza che c’è fra guardare il tramonto o mettersi in una lavatrice con la centrifuga continua a 5000 giri per tutta l’esistenza.
Così come il pianeta ha risorse finite, anche noi siamo esseri finiti, abbiamo risorse limitate, la nostra giornata è fatta sempre di quelle ore, il sonno di cui abbiamo bisogno sempre quello è, le relazioni che possiamo gestire dignitosamente più di un tot non possono essere, il nostro cervello a più di determinati input non può reagire. Ma nonostante queste ovvie evidenze, ci fanno credere che possiamo aumentare infinitamente il nostro tempo, le nostre capacità, le nostre relazioni. E cosa si fa quando si vogliono dare maggiori input in ogni senso alle persone? Si velocizza tutto.
Il 4G allora non è più sufficiente, ci vuole il 5G poi verrà il 6G, poi il 10G, il 100G, il 1000G. E l’Iphone migliore per tenere il ritmo non è più il 10 ma l’11, il 120 il 346 e così via….
Ma come si fa a pensare che tutto ciò abbia un senso e sia umanamente sostenibile? Tralasciando se sia anche ambientalmente sostenibile perché anche in questo caso, ovviamente non lo è.
A tale caos si aggiunga che di base difficilmente le persone sanno comunque gestire bene il loro tempo, sanno delegare o condividere efficacemente dei lavori, hanno anche solo fiducia a delegare. In più sono spesso disorganizzati e se già ci sono queste difficoltà, figuriamoci quando ci si mette dentro la centrifuga a 5000 giri cosa potrà mai succedere. E così le persone inevitabilmente hanno stress continuo e pesantissimo, casi di burn out e depressione dilaganti, magari si rifugiano nel consumo di sostanze di ogni tipo, compreso il caffè preso in dosi da cavallo e la costante sensazione di non farcela mai. Ogni giorno comunque, con la sensazione di dover ricominciare daccapo e sempre con scuse o nuovi obiettivi per giustificare la corsa impossibile a raggiungere una stasi o riposo che non arriverà mai (considerato anche che la pensione ormai è un miraggio). E anche se si avessero le possibilità di cambiare o di riposarsi, non lo si fa perchè si è così dipendenti dallo stress ormai interiorizzato, da ritenere inimmaginabile un cambio di rotta e lo stesso stress diventa la fonte principale di energia e droga principale fra le droghe.

La pseudo modernità ha reso la vita impossibile rispetto anche a soli quarant'anni fa, dove tutto pareva più a misura di tempo e persona. Non sarà che la tecnologia che velocizza qualsiasi cosa è una truffa ai danni dell’umano per farlo impazzire? Non ha limiti, non ha senso, non ha obiettivi se non quello dell’annientamento celebrale delle persone. Non sarà che bisogna ritornare a tempi più normali, parafrasando Battiato, per contemplare il cielo e i fiori? Cosa diremmo a noi stessi alla fine della nostra esistenza? Che abbiamo corso per tutta la vita a mille all’ora senza nemmeno accorgerci che stavamo vivendo?
Non ci sono scuse o impegni che tengano: mutui, famiglie, lavori, problemi e difficoltà varie.
Chi aveva questi impegni, problemi o difficoltà, a ogni latitudine ne è uscito, quindi significa che si può fare. Esistono alternative, esistono altre possibilità, esistono altri mondi e modi, basta scendere dalla ruota del criceto, spegnere la centrifuga che noi stessi abbiamo acceso, levarsi la benda dagli occhi e finalmente iniziare a vivere.

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