Il "pesce ritrovato". Per il consumo sostenibile arriva Fish Scale

Dalla lampuga al pesce sciabola, dal sugarello al barracuda, passando per il pesce serra o la sardina. Il consumo sostenibile impone di svincolarsi dalle mode e da modelli culturali ormai consolidati. Al ristorante Antica Biblioteca Valle di Roma si impara a degustare specie pregiate di pesce dimenticato attraverso un menu sostenibile e di qualità.

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Secondo l’ultimo rapporto della FAO, la percentuale di stock mondiali valutati, per i quali sono stati raggiunti o superati i quantitativi massimi di pesca sostenibile, a livello mondiale, è superiore all’80%. Inoltre, delle 700 specie marine commestibili, solo il 10% arriva sui banchi delle pescherie e sulle tavole dei consumatori, eppure questo non significa che altri pesci non vengano pescati. Al contrario, molte di queste specie risultano comunemente catalogate dagli operatori del settore come "catture accessorie", da rigettare in mare. Così mentre il 35% delle risorse ittiche è attualmente sovra pescato, a causa di mode culturali o alimentari ormai consolidate, noi consumiamo solo una trentina delle specie ittiche esistenti. Un quarto del pesce pescato, circa 27 milioni di tonnellate, infatti, viene preso accidentalmente e rigettato in mare ormai morto, semplicemente perché non riesce ad entrare nel mercato ed è cioè privo di valore commerciale. A mettere nero su bianco questa situazione e a tentare un’inversione di tendenza, ci pensa il progetto Fish Scale che è stato promosso dall’Acquario di Genova, Legambiente, Lega Pesca, ACGI Agrital, Softeco Sismat e Coop Liguria, con il supporto della Commissione europea - attraverso lo Strumento finanziario Life + - e dalla Regione Liguria che ha deciso di attivare un circolo virtuoso che favorisca la distribuzione sul mercato delle specie ittiche minori, favorendone la domanda e il valore commerciale ma anche rendendo remunerativa la loro cattura per i pescatori e la loro commercializzazione per gli operatori del settore. Un’attività di sensibilizzazione che si sta già concretizzando. Al ristorante Antica Biblioteca Valle di Roma è già stato lanciato il menu sostenibile e lo chef ogni martedì propone specialità gastronomiche che prevedono la cucina di specie ittiche minori - dal pesce sciabola al pesce serra, dalla lampuga al barracuda, piuttosto che il cefalo o il tombarello – che sono raccontate agli ospiti per educare al consumo sostenibile. Secondo Legapesca, il progetto si pone anche l’obiettivo di sensibilizzare non solo i produttori ma anche e soprattutto i consumatori e la piccola e grande distribuzione al consumo delle specie meno conosciute, che abbondano nei nostri mari e che non hanno nulla da invidiare al pesce cosiddetto "pregiato" in termini di sapore, gusto e proprietà nutrizionali. Specie fortemente legate ai territori, la cui valorizzazione può dare un contributo alle economie costiere,  soprattutto se si riuscirà a fare rete con il turismo, l’enogastronomia, la ristorazione e gli altri attori dello sviluppo locale. Per maggiori informazioni www.pesceritrovato.it

Commenti

Ovvero: quando ad abboccare all'amo è l'ambientalista. Dire che "delle oltre 700 specie commestibili, solo il 10% circa è effettivamente commercializzato" è un dato fuorviante perchè nulla ci dice circa l'entità di tali specie in termini di peso. Più istruttivo è il dato, presente anch'esso sul sito web citato (www.pesceritrovato.it, pagina "Il Contesto"), dello stato degli stock ittici nel mediterraneo da cui risulta che il 66% degli stock sono sovrasfruttati, il 20% sono completamente sfruttati e solo il 14% è sottosfruttato. Questa campagna dunque mira a "valorizzare" (leggi sfruttare) quel già misero 14% sotto la ormai fin troppo strombazzata, e sempre più spesso a fini mistificatori, eticchetta della (falsa) sostenibilità. Tutto ciò ricorda molto il discorso della "valorizzazione" dei tagli di carne di seconda scelta come soluzione al disastro ambientale della zootecnia ed ha tutta l'aria di essere l'ennesimo tentativo di dare una lavata di faccia alle inqualificabili abitudini alimentari dei paesi industrializzati.
Filippo Schillaci, 17-10-2011 10:17

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