Politiche energetiche e ambientali: voglia d’Europa?

Nel contesto dell'Unione europea, le politiche energetiche ed ambientali, come altre materie, non sono di esclusiva competenza dei singoli Stati membri, ma devono essere implementate tenendo conto degli indirizzi e degli obiettivi fissati a livello comunitario. Così, se la politica italiana sembra affetta da croniche contraddizioni, la maggiore determinazione del quadro europeo rappresenta forse un motivo per guardare al futuro con ottimismo.

Politiche energetiche e ambientali: voglia d’Europa?
A leggere i documenti prodotti dalla Commissione europea, si ha a volte l'impressione che i commissari e i funzionari che li hanno elaborati siano della specie dei sognatori, ancora disposti ad usare parole che rimandano al mondo che vorremmo, ma che nel linguaggio corrente suonano quasi scandalose, residui di un tempo da dimenticare, roba per radical chic. Questo naturalmente non significa che le scelte dell'Unione europea siano sempre condivisibili, al contrario su molte questioni i motivi per dissentire non mancano. E non mancano anche situazioni che segnalano una forte discrasia tra il piano dei principi e quello della realpolitik, in barba a qualsiasi considerazione per i diritti umani e le aspirazioni dei popoli. D'altra parte l'Unione la fanno gli Stati e questi sono soliti piegarsi alla logica del fine che giustifica i mezzi. Tuttavia, rispetto alla necessità di considerare l’interdipendenza tra diversi popoli, territori ed economie, soprattutto con riferimento alle tematiche ambientali ed energetiche, l'Europa rappresenta una straordinaria opportunità per assumere la responsabilità di un modello di sviluppo ormai al capolinea e coordinare gli sforzi per intraprendere un nuovo corso. Soprattutto a partire dal 2010, la Commissione europea ha dato vita ad una serie di iniziative dirette a fornire agli Stati membri un quadro stabile per gli interventi in materia di energia e contrasto al cambiamento climatico, nella convinzione che non solo sostenibilità e crescita non siano incompatibili, ma che l'attenzione nei confronti della Terra possa rivelarsi un motore per lo sviluppo. A condizione di mettersi d'accordo sul tipo di sviluppo che si ha in mente; per dirlo con le parole del Commissario all'ambiente Potočnik, in visita in Italia nei giorni scorsi, “non tanto in termini di quantità, ma piuttosto di qualità”. L'elemento portante dell'azione della Commissione per il prossimo futuro è la strategia Europa 2020, il piano per la crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, che si fonda rispettivamente sui pilastri della conoscenza e dell'innovazione, dell'efficienza nell'uso delle risorse e della riduzione delle emissioni di carbonio, dell'occupazione e della coesione sociale. Gli obiettivi per il 2020, vincolanti per gli Stati membri che devono predisporre misure adeguate a raggiungerli attraverso i cosiddetti Piani nazionali per le riforme (PNR), comprendono una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra almeno del 20% rispetto ai livelli del 1990, il raggiungimento del 20% di energia prodotta da fonti rinnovabili rispetto al consumo finale e un aumento del 20% del livello di efficienza energetica. Tra i documenti prodotti dalla Commissione per l'attuazione della strategia, due affrontano il tema del cambiamento climatico, delineando le azioni chiave per contenere l'aumento del riscaldamento globale: il primo è la Roadmap per un'economia a basse emissioni di carbonio, il secondo è il libro bianco sui trasporti per una mobilità integrata ed eco-compatibile. L’obiettivo della prima tabella di marcia è quello di orientare le politiche nazionali e le strategie settoriali nel lungo termine, in modo da ridurre dell'80-95% entro il 2050 le emissioni di gas serra generate dall’Europa. L’azione europea deve naturalmente combinarsi a quella del resto del mondo per arrivare nel 2050 ad una diminuzione globale delle emissioni del 50%, rispetto al 1990, necessaria a contenere il riscaldamento climatico entro 2° C. Sembrerebbe un traguardo ambizioso, in realtà trattenere l’aumento della temperatura entro 2° C non sarà comunque sufficiente a salvare tante delle isole minacciate dall’innalzamento delle acque; è solo un inizio. Il libro bianco sui trasporti si concentra invece su tre ambiti: mobilità urbana, interurbana e su lunga distanza. In ambito urbano si punta a dimezzare la circolazione di auto ad alimentazione tradizionale entro il 2030, per poi escluderle completamente entro il 2050. Sulla media distanza si intende trasferire il 50% degli spostamenti, sia passeggeri che merci, dalla gomma alle rotaie e alle vie navigabili interne. Infine per le lunghe percorrenze la Commissione chiede di ridurre del 40% le emissioni di CO2 nel trasporto marittimo e di portare a quota 40% l’impiego di carburanti a bassa emissione di anidride carbonica nei trasporti aerei. Secondo gli studiosi della Commissione, il raggiungimento di questi target entro il termine del 2050 condurrebbe ad una riduzione delle emissioni connesse ai trasporti del 60%. Al di là dei valori numerici, la visione della Commissione è chiaramente espressa dalle parole del Commissario Potočnik: “abbiamo toccato il fondo di un ciclo economico e dobbiamo iniziarne un altro cambiando modo di produrre e di consumare”. Per il Commissario all’ambiente la compatibilità tra economia ed ambiente non è più da discutere, né vi è alcuna scelta circa l'applicazione dei documenti varati dalla Commissione europea. Questo significa che “dobbiamo includere una logica ambientale in tutte quelle che sono le nostre politiche agricole, industriali, per la ricerca”, che è necessario cambiare il rapporto con la produzione di rifiuti, puntando alla prevenzione, al riuso e al riciclo piuttosto che al deposito in discarica. Questo vale anche per la situazione campana, per la quale saranno sbloccati gli attesi fondi comunitari, 400 milioni di euro, solo quando saranno avviati la separazione dei rifiuti e il compostaggio, dimostrando che si è in grado di formulare una strategia di prevenzione e di gestione di lungo termine. Il Commissario ha ricordato che l'Italia ha già collezionato il numero più elevato di procedure di infrazione in Europa per cattiva applicazione della normativa comunitaria in materia ambientale, e, pur attento a non esprimersi sulle materie di competenza statale, ha lanciato un messaggio piuttosto chiaro riferendosi al decreto del 3 marzo scorso sulle energie rinnovabili: “se l'Italia intende muoversi nella direzione di una maggiore diffusione dell'energia rinnovabile, se si vuole operare un cambiamento, è necessario lanciare ai consumatori e ai produttori un segnale molto chiaro, netto, in questo senso, e non segnali differenti che rischiano di generare confusione”. Speriamo che in Italia entri un po’ di Europa.

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