Porto Tolle, Greenpeace e cittadini contro la conversione a carbone

Striscioni e provocazioni sul Canal Grande e 12mila firme raccolte per fermare la conversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle, inizialmente bloccata dal Consiglio di Stato ma ripresa in seguito all'intervento del Governio e della Regione Veneto. Questa la campagna messa in atto da da Greenpeace, che insieme ai cittadini chiede di ritirare il progetto di legge che consentirebbe a Enel di distruggere il Parco del Delta del Po e di inquinare l’area del Nord Est.

Porto Tolle, Greenpeace e cittadini contro la conversione a carbone
“Zaia, un futuro nero come il carbone”. Con questo ed altri striscioni, appesi di fronte alla sede del Consiglio Regionale del Veneto, ed una prolungata protesta durata tutta la giornata di ieri, Greenpeace ha provato a far cambiare idea al governatore veneto ed alla sua giunta riguardo l'approvazione della cosiddetta 'legge salva-carbone', da ieri in discussione, che darebbe il via definitivo alla riconversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle, in provincia di Rovigo. Storia curiosa, quella del maxi impianto per la produzione di energia elettrica – uno tra i più grandi in Europa, capace da solo di fornire l'otto per cento del fabbisogno energetico italiano – situato sul delta del Po. Vecchia centrale ad oli dismessa, doveva inizialmente essere riconvertita a metano, il combustibile meno inquinante. Poi il cambio di programma e l'Enel che decide di optare per il carbone, ben più inquinante ma anche ben più economico. Per ovviare alle 'solite' proteste delle associazioni ambientaliste – fomentate anche dalla presenza dell'adiacente parco naturale del Delta del Po – ecco spuntare dei magici filtri, che a detta dei tecnici Enel annullerebbero quasi del tutto le emissioni della centrale rendendo il carbone persino meno inquinante del metano. Il Tar del Lazio approva la Valutazione di impatto ambientale (Via) e il 5 gennaio 2011 viene approvata la conversione della centrale a carbone da parte della Direzione generale per l’energia nucleare, le energie rinnovabili e l’efficienza energetica del Ministero per lo sviluppo economico d'intesa con la Regione Veneto. I lavori stanno per iniziare quando, provvidenziale, arriva la sentenza del Consiglio di Stato, che il 17 maggio annulla la decisione del Tar e blocca la conversione, in virtù della violazione di due leggi: la legge Incentivi del 2009, che prevede l'obbligatorietà della comparazione tra gas e carbone, e la legge regionale del Veneto del 1997 che istituiva il Parco del Delta e prevedeva, all’articolo 30, solo centrali a metano. La questione sembra definitivamente chiusa, ma a ribaltare di nuovo tutto ci pensa questa volta il Governo. Nella manovra economica da poco varata inserisce, ai commi 8 e 9 dell'articolo 35, una modifica alla 'legge Incentivi' che annulla proprio l'obbligatorietà della comparazione. E, a completare l'opera, ecco che la giunta regionale veneta propone la modifica dell'articolo 30 della legge sul Parco, in discussione da ieri al Palazzo Ferri-Fini di Venezia. Adesso, per l'ennesima volta, i giochi sembrano fatti, ma nella vicenda di Porto Tolle i colpi di scena, come si è visto, non mancano. Così Greenpeace ha provato a giocare la carta della provocazione 'attraccando' ieri sul Canal Grande, davanti alla sede della Regione, con un barcone a forma di ciminiera carico di carbone. Due gli striscioni appesi. Oltre a quello contro il presidente della giunta Zaia, riportato ad inizio articolo, un altro che recitava “non esiste il carbone pulito”. "Quella in discussione oggi [ieri ndr] a Palazzo Ferro-Fini è una norma 'ad aziendam' – ha commentato Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace - che darebbe modo all'Enel di produrre elettricità attraverso la fonte più inquinante e nociva per il clima, impattando su un'area protetta, quella del parco del Delta del Po, e su larga parte del Nord Est e della pianura Padana” “Enel – ha continuato – contribuirebbe molto di più alla crescita del Paese e alla ricchezza del territorio investendo i 2,5 miliardi di euro, previsti per la centrale a carbone, in energia pulita o in efficienza energetica.” Intanto la stessa associazione ha lanciato alle 7 di ieri una petizione online per fermare la riconversione a carbone della centrale. Le firme raccolte già ieri erano alla soglia delle 12.000. Con questa petizione, spiega Greenpeace, i cittadini stanno chiedendo a Zaia di ritirare il progetto di legge che consentirebbe a Enel di distruggere il Parco del Delta del Po e di inquinare l’area del Nord Est.

Commenti

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fabio inventore free energy, 28-07-2011 09:28
Non ho firmato la petizione di Greenpeace e non sono d'accordo con la riconversione della centrale a carbone fine a se stessa. Esiste una terza via che può salvare capre e cavoli abbinando alla centrale termica riconvertita a carbone un depuratore coperto alimentato con pannelli solari.La centrale termica di Porto Tolle è circondata di acqua salmatra inquinata dalla foce del fiume PO, mentre la centrale inquina l'aria con i fumi di combustione. E' la condizione ideale per realizzare un impianto pilota basato sui depuratori coperti che sono stati progettati appositamente per neutralizzare le emissioni di CO2 e gas serra nei bacini di ossidazione endogena, nitrificazione, fotosintesi e alcalinizzazione. Non si comprendono le ragioni per le quali chi governa l'ambiente si ostini a ignorare i depuratori coperti che darebbero una coerenza alla scelta del carbone come combustibile di basso costo economico. Si comprende ancora meno il silenzio delle associazioni ambientali che pure si ostinano a ignorare i depuratori coperti che non solo poterebbero rendere ecocompatibile il carbone ma depurare e alcalinizzare grandi masse d'acqua contribuendo alla difesa dell'acidificazione oceanica che parte proprio dalla eutrofizzazione delle zone costiere. I depuratori coperti potrebbero essere il punto di incontro tra le esigenze di produzione energetica sostenibile e la tutela dell'ambiente in attesa che vengano messe a punto fonti energetiche alternative pulite e senza contro indicazioni che al momento non esistono. Non trovando un punto di incontro, rischiamo che i governanti procedono unilateralmente non solo con la trasformazione della centrale senza una adeguata protezione ambientale, ma addirittura dotata di un sistema di recupero CO2 in corso di sperimentazione nella centrale di Brindisi, già pubblicata con enfasi da ENEL e ENEA che nella realtà non promette niente di buono, basandosi sul sistema C.C.S. che comporta un maggior consumo di combustibile e una maggiore produzione di CO2 del 30% con l'effimero vantaggio di interrarlo alla profondità di 1000 m e alla pressione di 80 bar, con alti costi e alti rischi ambientali già assaporati nel 1986 su lago Nyos (Camerun).
Luigi Antonio Pezone, 03-08-2011 04:03

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