Quanta anidride carbonica possiamo ancora permetterci di immettere in atmosfera?

Margini ridotti, il "carbon budget" non perdona. L'anidride carbonica che continueremo a immettere in atmosfera designerà la nostra condanna. E per quanto ancora possiamo andare avanti?

Quanta anidride carbonica possiamo ancora permetterci di immettere in atmosfera?

Chi segue con assiduità la questione climatica avrà probabilmente già sentito nominare il “carbon budget”, ovvero il budget o bilancio del carbonio. Ma di cosa si tratta esattamente, e perché è così importante? Le ricerche, nel corso del passato decennio, hanno mostrato come il riscaldamento globale sia approssimativamente proporzionale alla quantità totale di anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera. Ciò rende possibile stimare l’importo totale di CO2 che possiamo ancora emettere, pur continuando ad avere la possibilità di limitare i danni per il pianeta.

Questo è proprio il concetto di carbon budget, ovvero il budget di carbonio che abbiamo ancora a disposizione, da “poter spendere”, molto importante per le politiche climatiche. Eppure esistono diversi calcoli per determinare questo valore, che è importante andare ad analizzare.
«Portare le emissioni di CO2 a zero, dall’industria ai trasporti, richiede un intervento urgente – un paio d’anni in più o in meno per raggiungere questo obiettivo non fanno differenza per le azioni che dobbiamo intraprendere ora», sostiene Elmar Kriegler, del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) in Germania, tra gli autori dello studio pubblicato su Nature. «Tuttavia, districare i diversi calcoli sul carbon budget è più che un mero problema accademico». Una delle principali idee esposte nell’articolo è che le retroazioni (ovvero le capacità di autoregolarsi) nel sistema Terra potrebbero essere un importante fattore sottostimato per il budget del carbonio, come nel caso, per esempio, del rilascio di metano, un potente gas serra, che avviene con lo scioglimento del permafrost.

«Le stime disponibili per il carbon budget spesso tralasciano lo scioglimento del permafrost e altri feedback lenti del sistema Terra che potrebbero portare a un ulteriore riscaldamento del pianeta. Questo significa che la nostra stanza che si restringe potrebbe essere ancora più piccola di quanto pensassimo», spiega Kriegler. «Dire chiaramente quali sono i presupposti impliciti alla base dei calcoli per il budget del carbonio – come in questo caso – è importante per permettere ai policy maker di fare scelte informate».
Un altro esempio che porta a differenze nei calcoli è il modo in cui vengono misurate le temperature. Alcune stime si riferiscono alla temperatura dell’aria sulla superficie terrestre (SAT), misurata a 1.5 metri sopra il terreno, essenzialmente si tratta di quella avvertita dalle persone. Ma altre stime fanno riferimento alla temperatura sulla superficie del mare: dal momento che l’aria sopra l’acqua si riscalda più lentamente, il risultato è che seguendo questi modelli si avrebbe un pianeta più caldo. Nel calcolo del carbon budget, si raccomanda perciò di fare riferimento alla SAT.

Negli ultimi due anni sono state pubblicate diverse stime, che differiscono di quantità più o meno grandi per ragioni che precedentemente non erano ben chiare. Il riscaldamento globale non è spinto solo dalle emissioni di anidride carbonica: anche altri gas serra come il metano, il protossido d’azoto, gli aerosol e i gas fluorati influenzano la temperatura del pianeta. Per calcolare il carbon budget, perciò, è necessario tener conto in maniera corretta anche di questi contributi.
Nello studio pubblicato su Nature i ricercatori forniscono un metodo per comprendere e tenere conto dei cambiamenti nel calcolo del carbon budget rimanente. Non è solo questione di formule: oltre a capire come questo numero può cambiare nel futuro, questo articolo contribuisce a una discussione costruttiva e informata sul tema, facilitando una miglior comunicazione tra le discipline e le comunità che ricercano, quantificano e applicano stime sul budget del carbonio.
«Ci aspettiamo che tutti i fattori nella nostra equazione subiscano aggiornamenti con il progredire della scienza – alcuni di questi diminuiranno il carbon budget, mentre altri lo aumenteranno leggermente», ha chiarito Joeri Rogelj del Grantham Institute presso l’Imperial College di Londra, primo autore dello studio. «Comunque, rendendo espliciti questi aggiornamenti regolari possono essere comunicati in maniera trasparente. È importante che i policy maker siano tenuti aggiornati sulle ultime scoperte scientifiche, con il prossimo rapporto dell’IPCC nel 2021 destinato a consolidare le nostre conoscenze sul budget di carbonio rimanente per limitare il riscaldamento a 1.5°C e ben al di sotto di 2°C».

Le scelte di oggi determineranno se avremo la possibilità di sottostare a questo limite, quindi è fondamentale – considerato quanto sottili sono i livelli di sicurezza – che si tenga conto di tutti i fattori in gioco per non avere sgradevoli sorprese…

Giulia Negri

Comunicatrice della scienza, grande appassionata di animali e mangiatrice di libri. Nata sotto il segno dell'atomo, dopo gli studi in fisica ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza “Franco Prattico” della SISSA di Trieste. Ama le videointerviste e cura il blog di recensioni di libri e divulgazione scientifica “La rana che russa” dal 2014. Ha lavorato al CERN, in editoria scolastica e nell'organizzazione di eventi scientifici; gioca con la creatività per raccontare la scienza e renderla un piatto per tutti. Collabora con Micron, la rivista di Arpa Umbria.

 

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