ActionAid: sempre più indipendenti i Paesi che godono di aiuti reali

Secondo l'ultimo dossier pubblicato dall'organizzazione indipendente ActionAid diversi Paesi del Sud del mondo risultano meno bisognosi dagli aiuti esteri. Sono gli stessi Paesi che negli ultimi anni hanno potuto contare su sostegni mirati allo sviluppo locale, alla difesa dei diritti delle donne e all'istruzione per i giovani. È il segnale che un'inversione di rotta è possibile, ma solo responsabilizzando donatori e beneficiati con accordi trasparenti.

ActionAid: sempre più indipendenti i Paesi che godono di aiuti reali
“There is good news. Developing countries are getting less dependent on aid”. Inizia così il rapporto Real Aid 3, il dossier curato dall'associazione internazionale non governativa ActionAid, che lavora nell'ambito della cooperazione fra il Nord e il Sud del mondo. ActionAid mobilita cittadini ed istituzioni per combattere la povertà attraverso la protezione dei diritti umani ed il rafforzamento dell'autonomia politica ed amministrativa dei Paesi vittime di povertà, calamità e guerre intestine. Il principio su cui si fonda l'operato dell'associazione è che disuguaglianze, indigenza e malattie possano e debbano essere affrontate migliorando le condizioni di vita delle popolazioni, modificando le prassi politiche ingiuste e diffondendo l'educazione al rispetto ed alla legalità. Per questo motivo ActionAid difende la trasparenza nell'utilizzo dei fondi di sostegno ai Paesi del Sud del mondo. Lo scopo non è quello di fare dell'assistenzialismo, bensì di contribuire a rendere comunità e stati sempre più autonomi ed indipendenti sotto il profilo decisionale, in modo da aver sempre meno bisogno negli anni degli aiuti esterni. Basandosi sui dati raccolti dalle organizzazioni che stimano la qualità degli aiuti e il loro impatto nel favorire lo sviluppo dei Paesi emergenti (come i sondaggi della Dichiarazione di Parigi del 2006 e del 2008; il Country Programmable Aid, che esclude dal calcolo aiuti d'emergenza, sussidi, finanziamenti per i rifugiati nei paesi sviluppati e spese amministrative; l'AidWatch System che monitora gli aiuti provenienti dall'UE ed altri enti che valutano la performance degli stanziamenti nei Paesi destinatari), sono stati diffusi nel 2005 e nel 2006 due rapporti, Real Aid e Real Aid 2, volti ad identificare l'efficacia reale dei sostegni alle economie più povere. Allora Action Aid segnalava la crescita quantitativa dei finanziamenti, ma esortava i Paesi donatori (le potenze del G8 e l'Unione europea) a concentrarsi sugli aiuti 'reali'. Si tratta degli incentivi effettivi, quelli che aiutano piccoli produttori e agricoltori ad affermarsi con il microcredito; le donne ad ottenere autonomia e i giovani a godere dell'istruzione garantita. Il dossier pubblicato nel settembre di quest'anno, invece, punta il dito sulla riduzione dei contributi occidentali a seguito della crisi economica mondiale, ma segnala anche, dall'altra parte, una minore dipendenza da parte dei Paesi poveri dagli aiuti delle grandi economie. Negli ultimi dieci anni il bisogno del Ghana dai sostegni esteri è sceso dal 47% al 27%, quello del Mozambico dal 74% al 58% e quello del Vietnam dal 22% al 13%. Complessivamente ActionAid stima che nei Paesi più poveri nell'ultimo decennio la quantità dei soldi spesi provenienti da finanziamenti esterni sia diminuita mediamente di un terzo. A fronte della riduzione degli aiuti occidentali, si registra una crescita indipendente delle economie più deboli, che manifestano la capacità di mobilitare meglio le proprie risorse per perseguire i propri standard di benessere. Prendiamo in considerazione, ad esempio, il Ghana. A partire dagli anni Novanta fino al Duemila il Paese ha ricevuto un incremento di aiuti esteri del 33%. Questi finanziamenti sono andati a vantaggio di nuove iniziative, fra cui le sovvenzioni al diritto allo studio (borse di studio pagate a ciascun allievo per abolire le tasse di accesso agli esami) e il sostegno a piccole comunità ancora prive di strade, pozzi e scuole, come nel villaggio di Mampehia. Qui ActionAid ha finanziato la costruzione di un edificio permanente che accoglie tre classi e ha richiesto al governo di provvedere alla sua gestione. Oggi la scuola conta 250 allievi (dall'età prescolare fino ai 16 anni), ma l'associazione dei genitori e degli insegnanti deve tenere sempre un occhio aperto sulla sua amministrazione. Nel 2005, quando il direttore rifiutò di mostrare quanto denaro aveva ricevuto per la scuola e si ebbero prove che i soldi andavano altrove, l'associazione licenziò in blocco il direttore. Quando i cittadini vengono sensibilizzati ed istruiti sull'importanza delle loro risorse, essi imparano a difenderle in modo autonomo. Più della metà degli aiuti ricevuti sono stati investiti in Ghana per progetti a sfondo sociale e le strategie per il prossimo quadriennio prevedono la riduzione degli aiuti, l'impiego dei sostegni esterni per priorità nazionali e la costituzione di un framework per certificare la quantità di aiuti ricevuti ed impedire che siano i donatori a dettare le linee di sviluppo del Paese. L'esempio del Ghana mostra che non è sufficiente donare soldi per aiutare una popolazione o una comunità; essenziale è assicurarsi che gli aiuti finiscano in buone mani e, soprattutto, che siano impiegati per favorire iniziative a ciclo virtuoso, capaci di proseguire autonomamente senza vincoli esterni. Ma come è possibile che i doni dell'Occidente non si convertano in condizionamenti più o meno pesanti sulla cultura e l'amministrazione dei Paesi beneficiati? Secondo ActionAid l'unica soluzione è lasciare che sia il Paese stesso a guidare il processo di sviluppo mettendo a punto strategie autonome di miglioramento. Al tempo stesso, però, ActionAid promuove processi di mutua responsabilità fra Paesi donatori e Paesi beneficiati. Tali processi prevedono rapporti annuali ed incontri periodici per certificare la trasparenza nell'impiego dei finanziamenti, come accade di recente in Benin, Mozambico e Rwanda. Ciò ha il vantaggio di indurre i beneficiati a concentrarsi sul modo migliore di impiegare i finanziamenti ricevuti, ma rende, dall'altro lato, i Paesi donatori più consapevoli e attenti nei progetti su cui investono. La responsabilità, infatti, implica trasparenza da ambo le parti: se i Paesi che godono degli aiuti devono saperlo gestire con misura e rigore, anche i Paesi che offrono finanziamenti non devono usare le economie del Sud per avvantaggiare i propri sistemi economici. A questo proposito l'organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (OCD) segnala che l'Africa perde più denaro nel fisco di quanto non ne guadagni attraverso gli aiuti esteri. Questo perché diverse multinazionali riescono a scansare il pagamento delle tasse per mezzo di transazioni con compagnie affiliate, avvalendosi del cosiddetto transfer pricing. ActionAid sta avviando una campagna per obbligare le compagnie a riportare paese per paese i loro introiti finanziari e indurre i governi a varare legislazioni adeguate contro le politiche indiscriminate delle multinazionali. In questo senso c'è differenza fra i Paesi donatori: nel 2009 l'Irlanda si segnala come lo Stato che ha contribuito maggiormente (85,7%) nel fornire aiuti “reali”, insieme al Regno Unito (84,6%) ed al Lussemburgo (82,6%). All'estremo opposto si collocano Grecia (17,1%), Francia (27,7%) ed Austria (34%), seguiti da Germania (42,3%) e USA (43,4%). L'Italia si aggiudica il sesto posto (74,2%), ma rientra anche fra gli Stati che hanno ridotto solo parzialmente gli aiuti condizionati, che obbligano cioè i Paesi beneficiati ad acquistare beni e servizi presso lo Stato da cui arrivano i finanziamenti. In questo caso l'Italia si colloca insieme a Grecia Portogallo, Korea e USA, a differenza del Regno Unito, dell'Irlanda, della Norvegia, del Lussemburgo e della Svezia che non offrono più aiuti dietro condizioni commerciali e potrebbero per questo rappresentare dei modelli da seguire.

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