La Roma dell'impegno sociale

Il centro sociale La Torre è a Roma, è un punto attivissimo, che promuove e propone servizi, iniziative, corsi, che gestisce una palestra popolare e che ha realizzato perfino un Parco delle Energie Rinnovabili. Insomma, uno spazio in cui si prova ad attuare veramente il cambiamento. Non senza difficoltà!

La Roma dell'impegno sociale

A Roma, all'interno del Centro Sociale La Torre, sulla via Nomentana e all'interno del Parco dell'Aniene, si trova un Parco delle Energie Rinnovabili. Al momento il Parco non è più funzionante né visitabile come lo era solo fino a pochissimi anni fa. Il Centro, invece, è attivissimo: vengono organizzate moltissime iniziative: corsi, sport, presentazioni e dibattiti, iniziative di vario tipo. E' ormai un punto d'incontro importante e vivace per il quartiere e per la città.

Ma cosa ne è del PER di Roma? Ce ne parla Daniele Lombardi che, con la speranza di ripristinarlo al più presto, ci spiega come mai, al momento, non è attivo.

Daniele Lombardi, 30 anni e una laurea in Scienze Politiche presa per passione, ci tiene a specificare che parla a nome di tutte le persone che fanno parte del collettivo. All'interno del Centro servizi La Torre si occupa dell'organizzazione di dibattiti e presentazioni e della programmazione culturale insieme a tutti gli altri. “Tutti noi - dice - all'interno del centro ci occupiamo di tutto quello che è necessario oltre ai nostri impegni specifici perché, ricordiamoci, da soli siamo nulla e insieme siamo tutto”.

Com'è al momento la situazione del Parco delle Energie Rinnovabili del Centro La Torre di Roma?

Il progetto del PER è stato animato e seguito per diversi anni da alcuni compagni del Centro. Al momento, purtroppo, è fermo. Dico purtroppo perché era, invece, uno dei progetti di punta. Era un progetto in cui credevamo molto e aveva anche una grossa presa sulle scuole. E' stato pensato e sviluppato proprio per dare la possibilità a tutti i cittadini interessati al tema delle energie rinnovabili, alle scuole, alle famiglie o semplicemente ai curiosi, di informarsi, di saperne di più. Era un progetto molto importante perché dava la possibilità di mostrare come sostituire l'energia generata dai combustibili fossili con un'energia pulita non soltanto attraverso informazioni teoriche ma visionando impianti veri e propri come impianti fotovoltaici, solare termico e sistemi di recupero dell'energia. Si trattava di un progetto di importanza fondamentale dal punto di vista ambientale, ideale e sociale.

In che relazione era il PER con la vicina Casa del Parco dell'Aniene?
La collaborazione fruttuosa negli anni ha prodotto percorsi condivisi sull'educazione ambientale, in particolar modo la collaborazione con la vicina Casa del Parco. La Casa del Parco ha sostenuto da sempre la sensibilizzazione al tema dell'ecologia, degli orti urbani e della fruizione responsabile degli spazi verdi, essendo promotore della conservazione del percorso della Valle dell'Aniene. Proprio questo percorso del fiume ha reso ancora più stretta la collaborazione fra il progetto del PER e la casa del Parco, fornendo alcune figure competenti ed appassionate che hanno poi preso un posto nel direttivo dell'Associazione Insieme per l'Aniene, che nasce per conservare e proteggere l'area del fiume e la sua riserva naturale da speculazione e degrado e renderla più fruibile. Da queste competenze sviluppate insieme in un percorso lungo anni nasce quindi il coinvolgimento delle scuole con alcuni progetti che negli anni hanno avuto un ottimo seguito fra i ragazzi del quartiere, come nella scuola media di via Palombini.

Perché un progetto di questa importanza si è fermato?

Al momento è in fase di stallo. Noi siamo un collettivo di persone e abbiamo molteplici progetti in piedi. Ciascuno di noi si occupa e segue personalmente diverse attività e progetti. Può capitare, proprio perché siamo una realtà molto complessa, nel bene e nel male, che alcuni progetti vadano benissimo e che altri, purtroppo, si fermino. Il progetto è stato abbandonato perché le persone che se ne occupavano direttamente e che avevano anche le competenze teoriche e tecniche necessarie per farlo, non sono più qui. Ci è mancata a un certo punto la loro capacità e, per noi, si è rivelato molto difficile riuscire a portarlo avanti. Al momento, poi, avendo tantissimi progetti in piedi e mancando persone preparate in questo senso, non riusciamo a rimetterlo in attività.

Nel periodo in cui il PER era attivo, quali erano gli impianti disponibili? Quali di questi sono ancora visibili e potrebbero essere resi di nuovo funzionanti?

Gli impianti ci sono ancora. Abbiamo il fotovoltaico che è perfettamente attivo e lo usiamo per il Centro per l'acqua e la luce. Abbiamo un compost toilet costruito da noi che è stato attivo fino a un anno fa e ora lo stiamo ripristinando. Avevamo un impianto di illuminazione a pannelli solari che al momento non è attivo. Avevamo inoltre un percorso molto interessante creato con pannelli esplicativi teorici per come costruire questi impianti. Per il riscaldamento abbiamo sempre usato camini e stufe studiate in modo da poter riscaldare la struttura e produrre acqua calda ma avevamo il progetto di creare un sistema diverso e totalmente pulito. Il progetto c'era ma non abbiamo fondi sufficienti al momento per metterlo in pratica.

La rimessa in funzione del PER è tra i vostri prossimi interessi e priorità?

Abbiamo sempre considerato prioritario il tema ambientale in tutti i suoi aspetti: a cominciare dal progetto di agricoltura biologica che portiamo avanti con ragazzi disabili, al mantenimento del parco in cui si trova il centro, alla creazione di un Parco delle Rinnovabili, all'attivazione di cicli di seminari che sono stati svolti proprio sul tema della sostenibilità e dell'agricoltura. Inoltre, è molto importante per noi l'attenzione a tutto ciò che riguarda il cibo, il consumo critico e il km zero. Noi siamo un collettivo di persone interessate a sviluppare progetti in questa direzione e quindi ci piacerebbe molto rimettere in funzione il Per. Allo stato attuale, purtroppo, non so se siamo in grado di farlo.

Di cosa avreste bisogno per rimetterlo in funzione?

Avremmo bisogno di persone interessate e disponibili ma anche competenti. Quando il progetto è nato era accompagnato da persone estremamente preparate. Dovremmo quindi poter contare su quello stesso tipo di competenze tecniche. Quindi la risposta è sì a quelle precise condizioni.

Riguardo agli altri progetti di cui vi occupate, che cos'è il Coltivatorre?

Abbiamo un orto sinergico all'interno del Centro. E' stato uno dei nostri primi progetti e coinvolge ragazzi con disabilità mentali. L'obiettivo era promuovere il lavoro di gruppo e la collaborazione oltre che la conoscenza delle tecniche di coltivazione biologica e naturale. Vengono organizzate giornate tematiche, concerti e iniziative che coinvolgono i ragazzi. Abbiamo anche un GAS, Gruppo di Acquisto Solidale che funziona molto bene con le persone di zona.

Da chi è gestito il Centro?

Siamo un collettivo di circa 15 persone più altre che ci accompagnano ma che non sono sempre presenti. In tutto circa 30 persone. Insieme cerchiamo di portare avanti i progetti.

Come vi sostenete?

Abbiamo, infatti, una serie di spese non trascurabili vista la grandezza del centro e le attività che gestiamo. Organizziamo delle giornate di finanziamento, la gente del quartiere ci dà una mano come può e ci autofinanziamo.

Che metodo utilizzate per prendere le decisioni?

Usiamo da ormai qualche anno il metodo del consenso. Ci troviamo molto bene e funziona. Ci siamo resi conto che servirsi di una pratica che prevede il confronto è molto importante. Ci siamo formati in un certo senso attraverso lo studio di testi fondamentali e con il confronto con chi tra di noi, invece, aveva avuto una formazione specifica in questo senso. Trovo che questo metodo abbia le sue controindicazioni ma rimane un metodo validissimo e costruttivo per noi.

Che cosa significa oggi “Centro Sociale”?

Significa uno spazio che vuole essere un esperimento e un laboratorio sociale. Si tratta di un luogo in cui può generarsi un conflitto che sia una spinta al cambiamento. Significa cercare di superare dei limiti e provare ad essere più aperti possibile verso l'esterno, ad essere inclusivi e disponibili, ma secondo l'idea di costruire insieme un mondo altro. Proviamo ad esprimere meglio il nostro potenziale anche se ci rendiamo conto che potremmo migliorare. Il centro Sociale dovrebbe essere il luogo in cui si attua il cambiamento. Esistono molti spazi occupati e autogestiti a Roma ma spesso dobbiamo ambire a molto di più. Molti centri sociali hanno un radicamento non indifferente nel territorio e questo è il termometro che gli spazi sociali sono intrisi di questa città e delle sue periferie, della sua vita reale e delle sue difficoltà e sogni. Noi riusciamo a fare spesso ciò che le istituzioni non riescono a fare. Nelle periferie romane specialmente, noi rappresentiamo una realtà di riferimento importante per le persone, uno spazio di aggregazione sociale che esiste per i bambini e per gli adulti, in cui vengono offerte possibilità per imparare a fare e a recuperare competenze attraverso i corsi che organizziamo: dal cucito alla fotografia, dalla cucina all'agricoltura biologica fino alla palestra per tutte le età. Si tratta di uno spazio in cui si viene a contatto con nuovi punti di vista, dove la socialità è vista in modo diverso, dove la gestione del verde è diversa e dove viene promossa un'attenzione e un rispetto diverso verso gli animali, verso i bambini e qualunque altro essere umano che non vogliamo viva nell'indifferenza o nella mercificazione. C'è un'attenzione particolare all'aspetto educativo: accogliamo i bambini e di conseguenza le famiglie. Molti nostri spazi vengono usati per i centri estivi. Le persone che vi si avvicinano se ne innamorano e ritrovano servizi e disponibilità. Noi vogliamo essere un punto di riferimento in una città che diventa sempre più difficile e dispersiva oltre che sempre meno vivibile. C'è da fare molto lavoro ma ci proviamo perché siamo convinti che un'altra città e un altro modo di viverci è possibile.

Che cos'è la Rete DecideRoma?

Questa rete, di cui facciamo parte, mette insieme diversi spazi sociali e movimenti per i beni comuni, associazioni e cittadini, ed è un collettore per le molte esigenze di fruibilità della città. Si occupa di molti temi: gli spazi sociali, i servizi pubblici e altre tematiche di importanza sociale mirate alla possibilità di una diversa gestione della città, come le internalizzazioni e la risoluzione del business degli appalti comunali, l’accoglienza dei migranti o la riqualificazione.

Quali sono i valori fondanti del Centro La Torre?

E' una domanda che ci siamo posti molte volte. Abbiamo imparato che dobbiamo farci sempre molte domande e mai pensare di avere in tasca la verità. Il nostro spazio vuole essere uno spazio di sperimentazione e i nostri valori sono essenzialmente: solidarietà, socialità e mutualismo ma anche conflitto, autodeterminazione, autogestione e cogestione col quartiere di beni e spazi comuni. Ogni spazio sociale ha anche spazio per il conflitto e il confronto. Negli anni è cambiato il nostro atteggiamento, ci siamo aperti maggiormente all'esterno. Non basta infatti essere soltanto un collettore ma è necessario essere capaci di comunicare bene con tutte le persone. Se si riesce a fare questo le persone capiscono che il centro sociale è un luogo di servizi alla comunità e di elaborazione politica, e che si sta facendo qualcosa per il bene tutti. Il quartiere in cui siamo ci sostiene. Noi siamo aperti a tutti coloro che vogliono avvicinarsi.

Qual è la situazione del Centro adesso, dopo tante difficoltà? Ci riassumi brevemente la sua storia?

Il Centro è nato dall'occupazione, ormai oltre vent'anni fa, di un altro stabile in via Rousseau. Dopo lo sgombero è stata occupata la struttura in cui siamo adesso. Quella fu la miccia che determinò l'approvazione di una delibera, la delibera 26 che prevedeva l'assegnazione di spazi con finalità sociali riconosciute a un canone di affitto riparametrato, quindi non un canone di mercato proprio in funzione delle finalità sociali. Ciò prevedeva iter burocratici da percorrere e istruttorie da presentare. Completammo tutte le pratiche necessarie per ottenere l'assegnazione che tecnicamente spettava al Comune. Il Comune però non si fece mai vivo. Tuttavia noi pensammo che tutto fosse a posto visto che iniziò ad arrivarci il canone da pagare. Il canone è stato sempre pagato. Contemporaneamente continuammo a sollecitare il Comune in modo che le cose fossero chiare ma non ci riuscimmo. All'epoca esistevano solo delle mura, noi costruimmo quello che si vede ora e recuperammo uno spazio abbandonato dove regnava il degrado totale. Nel tempo abbiamo speso molti soldi di tasca nostra. Nonostante questo la vera e propria assegnazione non l'abbiamo avuta e siamo ancora sotto sgombero, come tanti spazi a Roma che ingiustamente sopportano di essere trattati come degli speculatori dagli speculatori stessi. L'ultimo avviso di sgombero ci è arrivato a marzo di quest'anno con la pretesa anche degli arretrati che ammontano a una cifra altissima. Al momento siamo stati costretti a impugnare l'istanza con un ricorso al TAR sostenendo che la mancata assegnazione dipende da una mancanza del Comune e non da noi. Ricorreremo, se necessario, anche al Consiglio di Stato.

Che cosa significa la parola “cambiamento” per voi?

Il cambiamento per noi è... agire, inteso come agire politico, umano, sociale. E’ l’intenzione e la tensione a non sentirsi mai arrivati, ad avere il coraggio di sfidare l’impossibile con la sola forza del sapere e dei sogni, che da anni rendono questa città un posto migliore grazie agli spazi sociali come il nostro e tutti gli altri centri sociali che la popolano.

Per info e contatti QUI

 

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