Collaborare per salvare l’Amazzonia si può, ma serve l’aiuto di tutti

Amazzonia, terra di miti, leggende e soprattutto risorse naturali. Mi reco laggiù con una missione, vedere come si può dare un futuro sostenibile a quei fragili territori. Micro-agricoltura e turismo sostenibile, infatti, potrebbero gradualmente ridurre la dipendenza dal petrolio di intere nazioni. Come l’Ecuador, che al momento vede quasil’80% dei propri introiti arrivare dall’oro nero.

Collaborare per salvare l’Amazzonia si può, ma serve l’aiuto di tutti

L’Amazzonia, il “polmone verde” del pianeta, ospita in un singolo ettaro più biodiversità dell’intero Nord America ed è fonte del 20% di tutta l’acqua dolce del pianeta. Basti pensare che, in una singola ora, il solo Rio delle Amazzoni porta all’oceano tanta acqua quanto il Tamigi in un intero anno. Una terra ricchissima che, proprio per questo, fa gola ad attori internazionali sempre più voraci: secondo le stime, entro il 2030 il 55% di questa enorme foresta sarà distrutto per sempre.

La situazione è talmente grave che tre Paesi, fino a pochi decenni fa in guerra fra loro, hanno deciso di collaborare per preservare alcune parti di questa (per ora) immensa foresta. Ecuador, Perù e Colombia, con un programma supportato dall’Unione europea, da associazioni come il Wwf e dalle comunità indigene, stanno provando a salvare le rispettive aree protette di Cuyabeno, Güeppi e La Paya. È proprio questo l’obiettivo del “Programa Trinacional”, un progetto nato cinque anni fa che ha portato proprio il Wwf a capire una cosa fondamentale: per preservare la foresta pluviale è molto più utile farci vivere le popolazioni indigene in condizioni dignitose, che non creare delle aree protette.

Ma come possono le persone trovare attività alternative alla produzione petrolifera, in un Paese che, come appunto l’Ecuador, dipende economicamente dall’oro nero per il 78%? Ad esempio con la coltivazione sostenibile di varietà locali di caffè e cacao e la produzione di relativi prodotti - il caffè e il cacao crescono infatti all’ombra della foresta senza che la si debba disboscare, oppure con lo sviluppo eco-compatibile del turismo. Del resto, visitare questi magici luoghi dà modo di vivere esperienze straordinarie, se si ha un minimo di spirito d’avventura.

Alcuni esempi da attività alternative a quella dell’industria del petrolio? Quella della Asociation artesiana de agricultores de cafè y cacao Agrodup di Dureno, che con i suoi 200 soci fra produttori e venditori dà lavoro a circa 300 famiglie. O la Cooperativa Porvenir de Pacayacu, le cui 12 socie, tutte donne, producono un’ottima pasta di caco puro al 100% destinata in gran parte a un’altra associazione al femminile, la Comercializando como hermanos di Quito, che si occupa della vendita del prodotto.

Realtà economiche virtuose nella stessa riserva naturale: Cuyabeno, 600mila ettari di territorio ecuadoregno protetto dagli effetti di 45 anni di esplorazioni petrolifere. Ma anche dal disboscamento, dal bracconaggio e dal traffico illegale di specie protette. Da chi? Da 19 rangers. Pochi, per un simile territorio, soprattutto se si considera che una parte di loro svolge solo mansioni d’ufficio. Ma buoni, e guidati dal carismatico Luis Borbor, che da vent’anni rappresenta in quelle zone l’autorità del governo.

“Ogni anno solo in Ecuador si perdono circa 24mila ettari di foresta”, rivela Borbor: “Ma gli ultimi anni di lavoro hanno portato alla fondamentale collaborazione delle popolazioni indigene, che più di ogni altra cosa può aiutare ad arginare questo fenomeno”. Il che è importante, visto che “tutto ciò che accade qui nell’Amazzonia alta, nel bene e nel male, influenza quella bassa, a centinaia di chilometri di distanza”. “Non ci può essere conservazione senza l’interazione delle sfere ambientali, economiche e sociali”, ribadisce Tarsicio Granizo di Wwf Ecuador: “Il Sud America non è un’area molto integrata al suo interno, e questa collaborazione fra tre nazioni è già un buon passo avanti”.

Sarà, ma il Sud America con questo eco-progetto transfrontaliero può anche dirsi più integrato di un’Europa che, con la sua Unione, lo sembra essere solo a parole. Un’Ue che si riscatta finanziando proprio il progetto tri-nazionale, che secondo Granizo ha però bisogno di maggiore supporto. Per fornirglielo, Wwf Italia ha deciso di lanciare una campagna speciale di raccolta fondi. Se si vuole supportarla, fino al 18 maggio basta inviare un sms o chiamare da telefono fisso il 45505. E dopo avere visto cosa c’è in quei luoghi, avere saputo che solo il 5% della loro biodiversità è conosciuto e avere capito l’importanza di quegli ecosistemi per tutti noi, devo dire che un aiuto a questi progetti è veramente importante. Per tutti noi.

 

@AndreaBertaglio

 

Fermo Come un Albero, Libero come un Uomo

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