"Salviamo i ciclisti", aderiscono i sindaci: interesse reale?

Dopo la petizione online ed il disegno di legge firmato da 60 parlamentari, arrivano le adesioni dei sindaci per l'iniziativa "Salviamo i ciclisti", nata in Gran Bretagna e diffusasi presto anche in Italia. Le maggiori città, da Roma a Milano, da Torino a Bologna, aderiscono all'iniziativa e promettono di migliorare piste ciclabili e sicurezza stradale. Ma c'è un interesse reale, da parte degli amministratori, nei confronti della questione sollevata dal 'popolo delle due ruote'?

Era partita come una iniziativa – rabbiosa – della redazione del London Times, che i primi di novembre si era vista strappar via una giovane collaboratrice, Mary Bowers, finita sotto le ruote di un camion mentre raggiungeva il lavoro in bicicletta, e ad oggi ancora in coma. Ma in breve tempo “Salviamo i ciclisti” è diventato un fenomeno internazionale, e sta raggiungendo anche qui da noi un successo insperato, tanto che persino i sindaci delle città principali iniziano ad aderire. In Italia era giunto come un semplice appello al governo, che alcuni blogger avevano ripreso dal Times e – fatte le dovute modifiche – rilanciato sui siti nostrani. Otto punti che chiedevano più sicurezza stradale per i ciclisti e una mobilità che tenga conto delle loro esigenze. I blogger avevano anche chiesto alle testate nostrane di aprire il proprio giornale con l'appello; il Cambiamento lo aveva fatto, il 9 febbraio scorso. Pochi giorni dopo l'appello diventava una proposta di legge firmata da 60 parlamentari. Adesso, a poco più di un mese di distanza, arrivano le adesioni ufficiali di alcuni dei principali comuni d'Italia: Roma, Milano, Bologna, Torino. Certo ce n'è voluta per smuovere i sindaci. E pensare che chi è abituato a viaggiare in bici nelle grandi metropoli nostrane sa quanto poco ospitali possano essere le strade. Chi si porta su due ruote con il solo aiuto dell'energia delle proprie gambe è consapevole di affrontare ogni giorno una giungla d'asfalto, potenzialmente micidiale. Eppure, come al solito, c'è stato bisogno di un'iniziativa straniera, dell'interesse della rete e dei giornali per far arrivare ai primi cittadini le esigenze dei ciclisti. Ad ogni modo l'impegno - almeno quello - è stato preso. A Milano, città in cui gli spostamenti in bici rappresentano solo il 3,8 per cento del totale, la giunta Pisapia si è impegnata a ridisegnare la mobilità, soprattutto per quanto riguarda i tragitti casa-scuola e casa-lavoro. Nel progetto viene elaborata una nuova serie di piste ciclabili che andranno ad integrare i vecchi “raggi verdi” che collegano il centro con la periferia con altri collegamenti tesi a creare una rete capillare. Anche Roma ha deciso di impegnarsi. La città è attualmente la maglia nera d'Italia per quanto riguarda la mobilità su due ruote, visto che solo lo 0,4 per cento delle persone si sposta in bici. E come dargli torto, visti i numerosi incidenti mortali che coinvolgono ogni anno i ciclisti della capitale. Così Alemanno ha colto la palla al balzo ed ha deciso di aderire all'iniziativa, con l'intento dichiarato di abbandonare il poco glorioso primato. Certo l'inizio non è stato dei migliori, visto che proprio da Roma è arrivato un no secco alla manifestazione che “Salviamo i ciclisti” voleva organizzare per il prossimo 28 aprile. Motivi esclusivamente normativi, spiegano dalla questura. Il diniego sarebbe infatti dovuto ad una legge che vieta di protestare “a bordo di veicoli”. Ciononostante i ciclisti hanno dichiarato di non aver alcuna intenzione di rinunciare alla manifestazione. Fra vittorie e proteste la lotta per salvare i ciclisti prosegue, forte di un seguito sempre maggiore. Ovvio che per ciò che riguarda le amministrazioni e le istituzioni resta da verificare se alle dichiarazioni d'intenti seguiranno i fatti o sela campagna di tutela dei ciclisti si dimostrerà l'ennesima operazione mediatica senza risvolti effettivi.

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