Se il biologico è solo per i ricchi, perché anche le persone “povere” buttano il cibo?

Non appena qualcuno si mette in testa di tutelare l’ambiente in qualche modo, c’è sempre chi trova mille motivi per non farlo, inventandosi anche tesi fantasiose ma che diventano luoghi comuni assai difficili da estirpare. Uno di questi luoghi comuni è che il cibo biologico costi molto, troppo. Ma chi sarebbero queste persone che non se lo possono permettere?

Se il biologico è solo per i ricchi, perché anche le persone “povere” buttano il cibo?

Non appena qualcuno si mette in testa di tutelare l’ambiente in qualche modo, c’è sempre chi trova mille motivi per non farlo, inventandosi anche tesi fantasiose e campate in aria ma che diventano luoghi comuni assai difficili da estirpare.
Uno di questi luoghi comuni è che il cibo biologico costi molto, troppo, per chi non se lo può permettere. Ma chi sarebbero queste persone che non se lo possono permettere?
La domanda giunge spontanea, perché ovunque siamo circondati da persone che costantemente buttano i loro soldi, pochi o tanti che siano, ma che poi se devono investire in tutela ambientale o in cibo sano, automaticamente e stranamente, dicono che costa tutto troppo.
I dati dello spreco di cibo in Italia sono impressionanti, con circa 13 miliardi di euro complessivi e mediamente 300 euro a famiglia all’anno, il che è assai strano perché ci dicono che c’è una povertà dilagante e pare che a sprecare siano soprattutto i ceti meno abbienti, cosa che si scontra con qualsiasi logica. Ma da parte di chi si arrampica sugli specchi per dimostrare l’indimostrabile, il commento a questi dati è che le famiglie meno abbienti sprecano perché comprano alimenti a basso costo, quindi facilmente deperibili. E qui c’è già il primo corto circuito celebrale: se infatti hai pochi soldi ovviamente non comprerai troppo, tanto meno lascerai andare a male le cose. E poi se fosse vero che così tante persone non hanno il necessario per sopravvivere, non si spiegherebbe come mai i frigoriferi sono i posti ottimali per cibo andato a male di ogni tipo. Dentro di essi si vedono composizioni di alimenti morenti o morti, che fanno davvero paura e sono rappresentazioni interclassiste che vanno dai cosiddetti poveri ai ricchi. E’ evidente che di fronte a questi sprechi non regge nessuna tesi sulla presunta povertà degli italiani che non si possono comprare il cibo dei ricchi cioè quello biologico.
Quando davvero c’erano pochi soldi o meglio, quando non si sprecava, le famiglie contadine erano attentissime e di sicuro non mandavano a male niente, recuperavano l’impossibile, perché è evidente che se hai poco cerchi di non sprecare nulla. Quindi se sprechi vuol dire che così poco non hai, sennò non sprecheresti... elementare Watson. Tutti ragionamenti logici, ma con chi non ha nessuna logica è difficile argomentare e così si continua a dire che gli italiani sono poveri, con sempre meno soldi; ma a maggior ragione non si capisce come facciano a stare insieme queste affermazioni, così come accennavo sopra, con le migliaia di dimostrazioni di sprechi quotidiani.
Sprechi di soldi buttati in infinite merci superflue, in montagne di gratta e perdi, aperitivi e acquisti nei bar, pause pranzo e cene fuori, acquisiti nei distributori di cibo e bevande, acquisti di videogiochi che salgono vertiginosamente, montagne di mobili, elettrodomestici e vestiti buttati e ricomprati, cellulari cambiati a ritmi infernali, auto nuove e sempre più grandi; ovunque si vedono sprechi su sprechi, quindi di certo nessuna delle affermazioni sulla presunta povertà degli italiani è credibile. È evidente che se non avessi da mangiare, non spenderesti soldi in queste assurdità.
Eppure, ammesso che la povertà in Italia sia dilagante, uno dei modi per mangiare il miglior biologico del mondo a costo pressochè zero ci sarebbe, ed è coltivarsi gli alimenti da soli.
Ma non mi pare proprio che le persone cosiddette povere si prodighino in simili azioni, che hanno bisogno di poco terreno, poco lavoro e in proporzione rendono molto di più che non comprarselo il cibo (per poi buttarlo, tra l’altro). E per favore non si tiri fuori la solita stupidaggine che i terreni costano, perché in Italia ovunque ci sono terreni abbandonati che con poco si possono affittare o avere in comodato d’uso. E per autoprodursi oltre almeno la metà del proprio cibo non servono ettari, bastano poche centinaia di metri quadrati. Inoltre con gli orti autoirriganti si può coltivare addirittura se non si ha terra, in città, sul balcone o dove si voglia.
Per cui la si smetta di ragionare con luoghi comuni e se veramente si vuole optare per soluzioni reali, ci si rimbocchi le maniche e si agisca. Il resto sono solo chiacchiere a vanvera per mantenere la situazione sempre uguale a se stessa e assicurarsi che mai nulla cambi in meglio.

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Quello dell’orto autoirrigante è un sistema valido per coltivare senza fatica e in luoghi dove c’è poco o nulla di suolo fertile e poca disponibilità idrica. Lo spiegano molto bene Alessandro Ronca e Paolo Ermani nel loro libro “L’orto autoirrigante. Coltivare con poco lavoro e poca acqua in campagna e in città”.

Gli orti autoirriganti sono un sistema innovativo, semplice, alla portata di tutti, necessitano di poco lavoro, un bassissimo apporto di acqua e la possibilità di coltivare anche senza suolo, quindi in città oltre che in campagna. Indipendenza alimentare e risparmio idrico sono temi fondamentali e l’invenzione degli orti autoirriganti è una risposta efficace per chi vuole risparmiare soldi, aumentare la propria qualità della vita, essere autosufficiente, tutelare l’ambiente e mangiare cibo buono e sano.

L’autore: Paolo Ermani
Formatore, agricoltore, scrittore, facilitatore, consulente per progetti di pianificazione energetica, ambientale e lavorativa, presidente dell’associazione di promozione sociale non profit PAEA, è tra i fondatori del giornale web Il cambiamento e del progetto Ufficio di Scollocamento.
Da oltre trent’anni si occupa professionalmente di ambiente, energia, bioedilizia, stili di vita, economie alternative e propone soluzioni a livello sociale, economico e lavorativo per la costruzione di società che tendano alla prosperità, al benessere, al miglioramento della qualità della vita e alla tutela della natura. Ha scritto centinaia di articoli per il giornale Il Cambiamento e i libri Il nemico artificiale, Pensare come le montagne con Valerio Pignatta, Ufficio di scollocamento con Simone Perotti, Solo la crisi ci può salvare con Andrea Strozzi, L’Italia verso le emissioni zero di Paolo Ermani, L’orto autoirrigante con Alessandro Ronca.

L’autore: Alessandro Ronca
è fondatore e direttore scientifico del Parco dell’Energia Rinnovabile (PeR), struttura all’avanguardia sulle colline umbre.
Il suo scopo è promuovere, diffondere e perseguire uno stile di vita sostenibile. È autore del libro Vivere senza Bollette

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