La mobilitazione del web contro gli sprechi alimentari

Lanciata sulla piattaforma change.org una petizione diretta al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Parlamento, con l’obiettivo di approvare una legge che imponga alla grande distribuzione di donare il cibo invenduto ad organizzazioni di volontariato. Il caso francese e le lacune di una legge troppo debole dimostrano però che il cambiamento nei consumi deve partire dai singoli individui.

La mobilitazione del web contro gli sprechi alimentari

Poco tempo fa in Francia è stata approvata una legge che impone ai supermercati della grande distribuzione di non buttare via o distruggere i prodotti alimentari invenduti, ma al contrario di donarli ad associazioni di beneficenza. La legge definisce per grande distribuzione quei rivenditori con una superficie di oltre 400 metri quadrati, i quali dovranno stipulare accordi con le associazioni benefiche entro il mese di luglio.
Una legge che, col senno di poi, non appare così perfetta come invece sbandierata inizialmente dalla stampa d’oltralpe e anche da quella italiana: è stato osservato che, secondo i dati del Ministero dell’Ecologia, dello Sviluppo Sostenibile e dell'Energia, le principali fonti di spreco alimentare sono i nuclei familiari (67%), seguiti dalla ristorazione collettiva (15%) e solo poi dalla grande distribuzione organizzata (5%). In secondo luogo, le pratiche di distruzione dei prodotti prima della data di scadenza non sembrano poi essere particolarmente diffuse nella grande distribuzione, la quale ha piuttosto interesse a smaltire i suoi invenduti prima della scadenza tramite le promozioni. In terzo luogo, Olivier Berthe, presidente della rete associazionistica Resto du Cœur, non ha gradito la legge, affermando che essa trasformerà le associazioni in magazzini di cibi in via di scadenza, senza poi avere mezzi adeguati per distribuirli. Molte Ong infatti non hanno celle frigorifere o personale sufficiente. Il rischio è che il cibo donato vada poi comunque perso. Il dubbio è che questa legge non porterà molti benefici in termini di riduzione di sprechi alimentari, pur lasciando intravedere però uno spiraglio nella frase “codice dell’educazione”, contenuta nella legge stessa, che impone di integrare la lotta contro gli sprechi alimentari nel percorso scolastico.
Un provvedimento quindi che dovrà essere migliorato ma che comunque ha dato il là a delle emulazioni e a delle iniziative provenienti soprattutto dal web.
Ultima in ordine cronologico è la petizione lanciata da Daniele Messina sulla piattaforma change.org (la stessa piattaforma da cui era partita la petizione in Francia, poi trasformatasi in legge) e diretta al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Parlamento. Obiettivo quello di fare una "una legge italiana che imponga ai grandi supermercati e alla Grande Distribuzione Organizzata di donare il cibo invenduto ad organizzazioni di volontariato o mense per i poveri”. Gli alimenti in eccesso potranno essere sottratti al cassonetto, per essere donati a enti benefici, la cui principale attività è quella di offrire un pasto gratuito a chi non può permetterselo. Alimenti confezionati e freschi, come frutta o verdura, cibo cucinato ma non servito, pane e dolci che nel giro di poche ore potranno essere consegnati ad associazione ed enti che, a loro volta, lo ridistribuiranno ai bisognosi. Anche qui il discorso è lo stesso fatto per la legge francese: tali organizzazioni dovranno essere messe nella condizione di lavorare bene, senza commettere gli stessi errori che si stanno verificando in Francia.
Tra i firmatari di questa petizione c’è anche l’associazione dei consumatori Altroconsumo, che ha realizzato un’inchiesta sugli italiani e lo spreco alimentare. Studiando le abitudini alimentari di un campione eterogeneo di dieci famiglie (coppie con figli, coppie senza figli, uomo single, donna single, pensionati…), i risultati sono stati eloquenti: nei confronti dello spreco alimentare è la distrazione o, peggio, l'insensibilità a regnare sovrana; sono una minoranza quelli che arrivano in negozio con la lista della spesa, ancora meno quelli che la rispettano: è troppo alta la tentazione di cogliere le offerte promozionali. C'è poi la sindrome da dispensa vuota, che spinge ad acquistare più di quello che realmente serve. Non è così diffusa la buona abitudine di controllare la data di scadenza degli alimenti. Sarebbe meglio acquistare meno e fare la spesa più spesso, ma questa esigenza si scontra con il poco tempo a disposizione e la poca voglia di svolgere un'incombenza spesso ritenuta fastidiosa. Una volta a casa con la spesa, la buona conservazione degli alimenti e la gestione delle scorte diventano questioni cruciali se non si vuole candidare alla spazzatura il cibo acquistato.
L’inchiesta di Altroconsumo mette in evidenza quanto lamentato da Olivier Berthe e quanto sottolineato nelle lacune della legge francese: per combattere lo spreco c’è bisogno di un cambiamento dei consumi alimentari prima di tutto tra i singoli consumatori. D’altronde i numeri della Commissione Europea parlano chiaro: a fronte di quasi 800 milioni di persone che soffrono la fame nel mondo, lo spreco alimentare assomma a oltre 100 milioni di tonnellate all’anno, escluse le perdite nella produzione agricola e i rigetti in mare di pesce, per un costo totale di mille miliardi di dollari l’anno. Numeri impressionanti, tali da risolvere in un batter d’occhio la fame nel mondo. Ed è proprio il consumo domestico quello maggiormente colpevole: 42% di spreco (circa 38 milioni di tonnellate, pari a circa 76kg per abitante/anno), contro il 39% dell’industria, il 14% della ristorazione e appunto il 5% della distribuzione. Numeri che dimostrano l’importanza del problema e della necessità di un cambiamento dal basso.

 

 

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