Tar Lecce: chiusura per area a caldo ex Ilva entro 60 giorni. Il comitato: «Duro colpo all'arroganza della fabbrica»

Il Tar di Lecce impone la chiusura dell'area a caldo dell'Ex Ilva entro 60 giorni. Il comitato "Giustizia per Taranto": «Un colpo durissimo inferto all'arroganza della fabbrica e di chi la sostiene così irresponsabilmente».

Tar Lecce: chiusura per area a caldo ex Ilva entro 60 giorni. Il comitato: «Duro colpo all'arroganza della fabbrica»

"La battaglia è ancora lunga, ma certo si è inferto un altro durissimo colpo all'arroganza della fabbrica e di chi la sostiene così irresponsabilmente contro ogni evidenza, sanitaria e giuridica. E' il momento di crederci". Così il movimento "Giustizia per Taranto" dopo la sentenza del Tar di Lecce che impone ad ArcelorMittal il rispetto dell'ordinanza del sindaco di Taranto Rinaldo Melucci sulle emissioni e chiede la chiusura dell'area a caldo entro 60 giorni.

"ArcelorMittal - aggiunge il movimento - non ha perso tempo ad annunciare ricorso presso il Consiglio di Stato, peraltro facilmente prevedibile. Per quanto questa sentenza del Tar sia di grande importanza per Taranto, non potrà, evidentemente, essere considerata l'atto finale dei nostri drammi".

Segue però "quella della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo - rammenta Giustizia per Taranto - e precede la fine del più grande processo ambientale della storia d'Italia, prossimo alla sua conclusione, ed inizia ad erodere il potere della fabbrica e i piani di Governo e ArcelorMittal".

Il movimento ambientalista osserva che "gli interessi finanziari ed economici che gravitano attorno alla questione ex Ilva sono enormi e c'è da aspettarsi che neppure un'eventuale conferma della sentenza del Tar da parte del Consiglio di Stato li arresterà". "A quel punto - conclude Giustizia per Taranto - la politica potrebbe intervenire con un ulteriore provvedimento legislativo straordinario, ma sarà sempre più complicato tenere in piedi tutti i pezzi della fabbrica e lì sarà soprattutto il territorio a dover fare la sua parte opponendosi con grande forza".

Di fatto i giudici pugliesi del Tar hanno respinto il ricorso presentato da ArcelorMittal contro l'ordinanza firmata dal sindaco di Taranto del febbraio 2020, che predisponeva appunto la chiusura degli altiforni tradizionali se "nei trenta giorni successivi al provvedimento, non fossero stati individuate e rimosse le fonti inquinanti". 

Da parte di Arcelor Mittal Italia la replica è stata immediata: l'azienda, in una nota, ha spiegato che "promuoverà immediatamente appello presso il Consiglio di Stato contro la chiusura dell’area a caldo dello stabilimento di Taranto".

"La sentenza è scritta in modo semplice e quindi comprensibile da chiunque, perché non vorrei che qualcuno voglia far passare la notizia di oggi come un giudizio interlocutorio. Si tratta di una sentenza immediatamente esecutiva che determina effetti assolutamente positivi sulla salute dei tarantini e sulla sicurezza del lavoro", ha spiegato il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, commentando la vicenda.

Quasi un anno fa, il 27 febbraio 2020, il primo cittadino tarantino Melucci aveva firmato un'ordinanza indirizzata ad Arcelor Mittal italia e all'Ilva in As per "individuare gli impianti interessati dai fenomeni emissivi, eliminando gli eventuali elementi di criticità e le relative anomalie con 30 giorni dal ricevimento di questa ordinanza". E, nel caso non si fossero risolti i problemi nei tempi indicati, il sindaco ordinava "di avviare e portare a completamento, nei tempi tecnici strettamente necessari a garantirne la sicurezza, e comunque non oltre 60 giorni dal presente provvedimento, le procedure di fermata dei seguenti impianti".

 

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