Turchia, si riaccende la protesta

Da Istanbul ad Ankara e Hatay. In Turchia tornano le manifestazioni contro il governo del premier Recep Tayyip Erdogan. A riaccendere la rabbia nei confronti del governo è stata la morte di Ahmet Atakan un giovane di 22 anni mentre stava partecipando ad un corteo contro l'esecutivo.

Turchia, si riaccende la protesta
Da Istanbul ad Ankara e Hatay. Mentre continuano gli arresti ed i processi contro gli attivisti che hanno preso parte alle proteste scoppiate a fine maggio, in Turchia tornano le manifestazioni contro il governo del premier Recep Tayyip Erdogan. A riaccendere la rabbia nei confronti del governo è stata la morte di Ahmet Atakan un giovane di 22 anni mentre stava partecipando ad un corteo contro l'esecutivo. Atakan è il sesto manifestante rimasto ucciso dall'inizio delle proteste anti-Erdogan che stanno attraversando tutto il Paese da fine maggio. Dopo mesi di manifestazioni quasi quotidiane ad agosto le proteste si sono affievolite, ma all'inizio di settembre decine di migliaia di persone sono scese di nuovo in piazza in tutto il Paese contro l'interventismo del governo Erdogan che chiede un intervento della comunità internazionale per rovesciare Bashar al Assad in Siria e ha annunciato che qualunque sia l'opzione adottata Ankara è pronta a dare sostegno militare e logistico all'operazione. L'annuncio della partecipazione della Turchia all'intervento militare in Siria non rappresenta però l'unico motivo di protesta. Da oltre un mese infatti gli studenti della Middle East Technical University (ODTÜ) di Ankara si sono accampati nel loro campus per bloccare il cantiere di un'autostrada destinata ad attraversare il bosco che circonda l'università. Questa oasi verde della capitale è ora fortemente minacciata dal progetto voluto dal sindaco di Ankara Melih Gökçek (appartenente all'AKP, lo stesso partito del premier Erdogan) di una strada che dovrebbe passare attraverso l'area boscata adiacente al campus e portare al taglio di circa 3000 alberi. Le ruspe sono arrivate nelle prime ore del mattino del 7 settembre e hanno iniziato ad abbattere gli alberi malgrado i manifestanti abbiamo provato ad interporsi con pratiche di resistenza passiva. La polizia è intervenuta sparando sulla folla getti d'acqua e lacrimogeni ed arrestando 14 persone. Nel giro di poche ore, ad Istanbul, a Eskisehir e a Izmir, sono state organizzate proteste in solidarietà ai manifestanti di Ankara. Da Gezi Park all'università di Ankara. Ancora una volta a riaccendere la protesta è la difesa degli alberi minacciati dal cemento. Quella che è poi divenuta la più grande onda di dissenso contro il Governo che ha attraversato la Turchia dagli anni '70 ha infatti preso le mosse dalla violenta repressione del tentativo di un gruppo di ambientalisti di impedire la demolizione del parco Gezi di Instanbul per la costruzione di un centro commerciale. Le proteste contro la deriva autoritaria del governo che hanno fatto seguito a questo episodio sono state duramente represse dalle forze dell'ordine. L'opinione pubblica e molte istituzioni internazionali hanno denunciato la violenta repressione della polizia turca e Amnesty International ha parlato di una “ violenza fuori dall'ordinario anche per un Paese in cui episodi di uso eccessivo della forza erano già stati denunciati nel corso degli anni”. Amnesty qualche giorno fa ha emesso un comunicato dove chiede alla comunità internazionale di prendere posizione affinché in Turchia venga rispettato il diritto di manifestare pacficamente: “La polizia turca ha ripreso a usare la forza in modo eccessivo nelle manifestazioni - denuncia Amnesty - Pertanto, è necessario che tutti i paesi sospendano i trasferimenti di gas lacrimogeni, di proiettili antisommossa e di veicoli blindati, fino a quando le autorità turche non avranno preso provvedimenti per evitare morti e feriti”.

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