Veni, vidi, vici

"Il veni, vidi di Cesare può anche andare, il vici magari, per ora non possiamo proprio dirlo, dobbiamo aspettare". Dall'Egitto alla Val di Susa, dall'Amiata alla Norvegia, Carlo Carlucci anche questa settimana ci spiega cosa sta cambiando e cosa non è ancora cambiato.

Veni, vidi, vici
È una frase famosa, sinteticissima di Giulio Cesare mandata per messo a Roma: sono arrivato, mi sono reso conto (della situazione), ho vinto (tanto per cambiare…). Dopo una pausa nella scadenza settimanale delle corrispondenze per ‘Niente sarà più come prima’ proviamo a riprendere, senza scadenze fisse. Il veni, vidi di Cesare può anche andare, il vici magari, per ora non possiamo proprio dirlo, dobbiamo aspettare. Nel frattempo tutto sembra essere ripreso in mano dalla cosiddetta ‘casta’ per adottare una delle espressioni care a Travaglio e a Grillo. Come se niente fosse, come se i segnali delle amministrative prima, e la vittoria schiacciante nei referendum siano meri incidenti di percorso. E facciamo un salto geografico tanto per fare: l’Egitto dei nostri giorni in un servizio, tanto per cambiare, di Al Jazeera. Un giovanissimo giornalista dell’emittente araba intervista al Cairo una decina di attori, tutti sui trentanni, della cosiddetta ‘Primavera araba’. Nessuna enfasi, nessuno slogan. Pare di essere in un altro mondo. Più civile, più aperto, più comprensivo, più vero e infinitamente più sincero del nostro. Parlano, in un buon inglese, dei blogger, dei medici, professionisti, dei giornalisti. Escono così senza parere da un governo repressivo, ma senza alcuna animosità. Devono fronteggiare la costruzione di una nuova società e lo stanno facendo con una calma esemplare. Un divario enorme rispetto a noi, con le colossali bugie che ci avvolgono, con B che deve restituire 500 e passa milioni di euro a De Benedetti per la Mondadori. B e De Benedetti, I tessera del Pd, due facce della stessa medaglia, purtroppo. E Pisapia a Milano che conferma l’orrido expo della Moratti non dà a ben sperare. E dunque da una parte la sorpresa di un civilissimo Egitto, malgrado i cascami da eliminare del regime precedente, e noi a far da stanchi spettatori a un Parlamento inesistente, di furbi, alle diatribe di un B che deve restituire, un maltolto, da scaltrissimo a un altro, De Benedetti, molto scaltro, ma non scaltrissimo come l’altro. Sarebbe da ridere se non fosse da stomacare. E quel rinnovamento insperato, quel vento del cambiamento inequivocabile che soffiava con i Referendum? È una situazione paradossale bene esemplarizzata da quanto avvenuto in Val di Susa. Il teatro inscenato per il Tav, dal cosiddetto Governo, fa parte della scenografia, è una maniera di 'normalizzare' quanto era sovvertito con i Referendum. È un’orchestrazione estremamente abile, 'diabolicamente' abile, dosata sapientemente, con cui la cosiddetta casta cerca di normalizzare l’enorme o l’abnorme, la normalità insomma che serpeggia, la voglia di cambiare, che erano letteralmente esplosi con l’occasione dei Referendum. Purtroppo la cosiddetta opposizione (Pd) è sostanzialmente in linea col cosiddetto Governo-non-governo. Questo è il grosso intoppo, il nodo da sciogliere. Una cosa che Grillo e Travaglio hanno ben capito da tempo. E il resto del mondo è impegnato in una serie di nodi che si vengono sciogliendo. Pakistan e India che si stanno riavvicinando. Già perché il Pakistan faceva parte dell’India fino alla sciagurata decisione di Ghandi di darla ai musulmani dell’India che pretendevano un loro territorio e un loro governo (in nome di che, trattandosi di indù) e avviando così un esodo di proporzioni bibliche. Questo riavvicinamento tra i due paesi, legati per stirpe e il conseguente allontanamento del Pakistan dalla sfera di influenza USA è una passo in avanti, decisivo forse. La folle strage in Norvegia è un segno ulteriore che nessuno è al sicuro con le proprie certezze economiche o le conquiste sociali. La cosiddetta socialdemocrazia avanzata dei paesi scandinavi è messa alla prova dall’azione di un pazzo, ma già c’era la piaga strisciante del tasso molto alto dei suicidi. Il più alto del mondo. In questo mese raggiungiamo quota sette miliardi e la Terra, attraverso i mutamenti climatici, dà il segnale che non ne può proprio più. Il petrolio, l’oro nero (un regalo degli inferi all’uomo diceva quel poeta messicano) è entrato grazie a Dio nella china discendente. Ce la faremo a salvare il salvabile? A trovare fonti energetiche alternative per gli attuali sette miliardi? Ci vorrebbe più che mai una sola autorità mondiale che prendesse in mano le sorti di questa povera umanità, che mettesse un fermo alla distruzione dell’ultimo grande polmone verde della Terra che è la foresta amazzonica, che intervenisse nelle aree dove fame e siccità fanno strage, che razionalizzasse la questione delle fonti energetiche. Forse, anche se non pare, non siamo troppo lontani da questa impellente utopia. Un esempio per tutti. È mai possibile che si continui, dopo Fukushima, a dilazionare, a rimandare e quindi ad affidare le scelte energetiche a imprese che, come l’Enel, tanto per citarne una, sono abituate ad una sola legge, quella del profitto? La Terra - i milioni di morti per fame e per siccità (e per guerre!)- non ne può più. Le scelte fondamentali, per il cibo da produrre (e non con prodotti cancerogeni, vero Mr. Monsanto?), le scelte energetiche fondamentali non possono più essere lasciate ad imprese, come l’Enel, tanto per citarne una (che conta eccome) la quale fino a ieri premeva e ci stava preparando al nucleare (alla faccia di un referendum che già aveva detto un no rotondo). Di certo, per quanto si è visto e ascoltato dalla classe emergente in Egitto, trentenne, questa non si farà abbindolare e non può farsi abbindolare, su un futuro tutto da costruire, dalle grosse multinazionali. Ma si tratta di questioni vitali sulle quali non è ammesso più un solo errore. Uno solo. E invece, toltogli inopinatamente l’osso succulento del nucleare, ecco la nostra multinazionale dell’energia ripartire alla grande con la geotermia delle Centrali sull’Amiata, obsolete, inquinanti, che oltretutto minacciano di porre fine alle fonti d’acqua del vulcano alle quali attingono 700.000 persone. È evidente che la geotermia è una risorsa, ma non come è stata fin qui condotta. E Bersani, che oltretutto non brilla per acume, dà a tutti gli effetti, attraverso il Pd regionale ugualmente opaco e triste, una delega in bianco all’Enel in primis, alla Sorgenia (di De Benedetti, toh ancora lui) e ad altri ancora per la costruzione di centrali geotermiche in tutta la Toscana, ad libitum. Finanche a S.Giminiano. Alla faccia oltretutto dell’etruscan sun, del sole degli Etruschi, e di un paesaggio di bellezza incomparabile. Quello che resta almeno, quello che si salva dalle ‘magnifiche sorti e progressive’. C’è la crisi e per di più paghiamo un conto energetico assai alto. E chi lo nega. Ma da qui, magari allettati dai soldi messi sul piatto da Enel, ad abbracciare altre scelte sciagurate ce ne corre. E con le scelte sciagurate abbiamo fatto di questo mondo una mezza pattumiera. Ora basta.

Commenti

Senza parlare della centrale di Porto Tolle che l'Enel, tanto per citarne una ;-), sta pensando di riconvertire a carbone. Ma stiamo tranquilli perchè con i nuovi sistemi di filtraggio avremo aria più pulita per tutti...sembrerà di essere in alta montagna!
Simone, 29-07-2011 04:29

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