Welcoming Europe: raccolta firme per non criminalizzare l'accoglienza degli stranieri

C'è tempo fino al 15 febbraio per aderire a "Welcoming Europe", la raccolta di firme per la presentazione di una cosiddetta ICE, Iniziativa dei Cittadini Europei, proposta da un'alleanza di associazioni per i diritti umani. La richiesta: smettere di criminalizzare governi e volontari che offrono rifugio a stranieri per scopo umanitario.

Welcoming Europe: raccolta firme per non criminalizzare l'accoglienza degli stranieri

L'ICE è la un importante strumento di democrazia partecipativa all'interno dell'Unione europea con cui si invita la Commissione europea a presentare un atto legislativo in materie di competenza Ue. Per presentarla è necessario raccogliere almeno un milione di firme in almeno sette paesi dell'Unione Europea.
L'idea è partita ed è stata promossa da un'alleanza di associazioni impegnate nella tutela dei diritti umani (qui chi sono) che in Italia stanno raccogliendo le firme.

QUI per sottoscrivere l'iniziativa

«In ben 12 paesi dell’Unione Europea distribuire alimenti e bevande, dare un passaggio, comprare un biglietto o ospitare un migrante sono comportamenti per cui è possibile ricevere una multa o addirittura essere arrestati dalle autorità - spiegano i promotori - Punire questi comportamenti significa punire l'aiuto umanitario e riconoscere il reato di solidarietà. Nessuno dovrebbe essere perseguito o multato per aver offerto aiuto, assistenza o un rifugio a scopo umanitario. Il fine dei governi è quello di scoraggiare i volontari dal fornire aiuto umanitario e servizi di prima assistenza a coloro che hanno bisogno poiché credono che l’aiuto volontario possa costituire un fattore di attrazione per i flussi migratori».

«Vogliamo che la Commissione fermi quei governi che stanno criminalizzando i volontari - proseguono i promotori della raccolta firme - I cittadini europei dovrebbero essere in grado di offrire aiuti umanitari e assistenza a tutte le persone bisognose, indipendentemente dal loro status, senza timore di sanzioni o azioni penali. Vogliamo che la Commissione Europea modifichi in questo senso l'attuale direttiva dell’UE sul favoreggiamento (2002/90 /CE)».

Passaggi sicuri

«Vogliamo vie sicure di ingresso complementari e addizionali ai programmi nazionali di resettlement e, in questo senso, la società civile può offrire un contributo rilevante - dicono le associazioni - Le sponsorship private, inoltre, hanno un ruolo importante nel facilitare l’integrazione dei rifugiati appena arrivati nei territori grazie al sostegno e alla mobilitazione delle comunità, di gruppi religiosi, di organizzazioni non governative, di aziende private e di famiglie di rifugiati reinsediati».

«Chiediamo alla Commissione Europea di modificare il Regolamento Ue 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio e attivare un nuovo programma di finanziamento nell'ambito del Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (FAMI) per sostenere i programmi di sponsorship privata della società civile affinché sempre più cittadini e associazioni possano essere».

«Vogliamo proteggere le vittime degli abusi»

«Vogliamo proteggere tutte le persone, indipendentemente dalla loro condizione, e garantire giustizia alle vittime di sfruttamento lavorativo e di violazioni dei diritti umani - proseguono i promotori - Chiediamo protezione per tutte le persone, indipendentemente dal loro status e garanzie di accesso alla giustizia. Vogliamo introdurre in tutti gli Stati membri meccanismi che permettano alle vittime di presentare ricorsi e sporgere denunce in modo sicuro, dando piena attuazione a quanto previsto nella normativa UE (le direttive 2009/52/CE; 2012/29/UE; 2011/36/UE; 2004/81/CE del Consiglio/CE) e dalle legislazioni nazionali. Chiediamo tutele nel caso di violazioni dei diritti fondamentali alle frontiere compiute da parte della Agenzia Europea della Guardia di Frontiera e Costiera, dei corpi militari impiegati nel controllo alle frontiere da parte dei singoli Stati membri e soprattutto delle forze dei paesi terzi sostenuti dall'UE o dai singoli Stati membri. Qualora non sia garantito un meccanismo adeguato di tutela, la Commissione Europea o il singolo Stato membro devono sospendere il supporto finanziario e tecnico fornito. Chiediamo alla Commissione di mettere mano a una nuova legislazione per portare a compimento l'introduzione di canali di accesso per lavoro a livello europeo, colmare le lacune nel quadro giuridico dell'UE sulla migrazione legale e regolamentare i settori che riguardano i lavoratori non altamente qualificati».
 
 

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