Consumi. Come difendersi dall'obsolescenza programmata

Il nostro sistema economico ha bisogno di stimolare continuamente i bisogni dei consumatori affinché acquistino con ritmi sempre crescenti. Quando non è possibile indurre la sostituzione di un bene attraverso mode, pubblicità e strategie di marketing mirate, si fa in modo che sia il prodotto stesso a 'scadere', rompendosi e diventando inutilizzabile. Come difendersi dall'obsolescenza programmata.

Consumi. Come difendersi dall'obsolescenza programmata
La prima definizione che il vocabolario dà del termine 'obsolescenza' è “svalutazione economica di un bene o di uno strumento di produzione derivante dal progresso scientifico e tecnologico che ne fa immettere continuamente sul mercato di nuovi e più sofisticati”. Pensate un attimo a un oggetto – un cellulare, un paio di scarpe, una padella o uno scooter che usate nella vita di tutti i giorni e verificate se la spiegazione del dizionario è corrispondente alla realtà. Davvero lo sostituite solo quando viene superato da un modello nuovo, con più funzioni, realizzato con materiali migliori, più avanzato? Probabilmente no. Si avvicina di più al vero la seconda definizione che viene fornita: “perdita di competitività sul mercato da parte di un prodotto”. La domanda dunque sorge spontanea: cosa determinata la perdita di competitività di un prodotto? Il superamento della sua tecnologia o del suo design, l’avvento di nuove mode e nuove tendenze, il cambiamento delle esigenze che esso deve soddisfare, la modifica di leggi e normative che ne regolano l’uso? Sono diversi i fattori che rendono obsoleto un bene e molti di essi possono essere pilotati, cioè prestabiliti da qualcuno che ha interesse a determinare con buona precisione la durata della vita di un bene. Eccoci così giunti al concetto chiave, che può essere riassunto in due semplici parole: obsolescenza programmata, anche se oggi designer, progettisti e pubblicitari preferiscono usare il più elegante 'ciclo di vita del prodotto'. Chi riesce a isolarsi, quantomeno parzialmente, dall’assordante richiamo del consumismo e dalla frenesia dello shopping, ha già probabilmente acquisito la capacità di distinguere quando un bene diventa realmente inutilizzabile e quando invece il suo avvicendamento in favore di un sostituto più nuovo e accattivante è una semplice operazione di marketing. Pochi però, quasi nessuno probabilmente, conoscono la vera storia dell’obsolescenza programmata e sanno che la sua attuazione è da quasi un secolo una precisa strategia produttiva che trova riscontro nel meticoloso lavoro di stuoli di ingegneri e ricercatori, ma anche in documenti, verbali e relazioni di cartelli organizzati appositamente per scandire i tempi di avvicendamento dei prodotti immessi sul mercato. Tutto questo è spiegato nel documentario realizzato dalla regista spagnola Cosima Dannoritzer intitolato Comprar, tirar, comprar – La historia segreta de la obsolescencia programada. Il film si apre con la scena di un ragazzo, Marcos, alle prese con una stampante che misteriosamente smette improvvisamente di funzionare; tre diverse assistenze gli consigliano di comprare un apparecchio nuovo, dato che il suo costo sarebbe di gran lunga inferiore rispetto alla riparazione. Una ricerca in rete svela però i primi piccoli segreti che hanno reso prematuramente obsoleta la macchina: un particolare chip infatti legge il numero di passaggi delle testine e dopo un quantitativo predeterminato di stampe ne causa il blocco. Durante il documentario, fra un filmato e l’altro, l’autrice ci tiene aggiornati sulle vicende di Marcos fino alla scena conclusiva: il ragazzo scarica un semplicissimo software gratuito da un sito russo che resetta il contatore e riattiva la stampante. L’immagine forse più emblematica di questa case history è quella che raffigura la pagina di un manuale tecnico che Marcos, spulciando internet, è riuscito a reperire, su cui è chiaramente riportato che la macchina è stata progettata per stampare diciottomila pagine e una volta esaurito questo quantitativo si deve bloccare. Prendendo ad esempio alcuni prodotti in cui durata e resistenza rappresentano aspetti fondamentali, Dannoritzer ripercorre la storia dell’obsolescenza programmata, spiegando come e perché a un certo punto si è deciso di accorciare scientificamente il ciclo di vita di molti oggetti. Uno dei casi più eclatanti è quello della classica lampadina a incandescenza. Fu un successo quando, nei primi anni del secolo, vennero realizzate delle lampadine in grado di funzionare per mille ore. Il lavoro degli ingegneri, il miglioramento della qualità dei materiali e i progressi compiuti nella ricerca tecnologica portarono presto il traguardo prima a millecinquecento, poi a duemila, fino a duemilacinquecento ore di autonomia. Sembrava un trionfo della tecnologia, ma dal punto di vista commerciale era un disastro. Alcuni se ne accorsero e fondarono il Phoebus, un cartello che comprendeva i principali produttori del settore, dalla Philips alla Osram, e che aveva l’obiettivo di controllare il mercato dell’illuminazione. A metà degli anni venti, Phoebus impose il limite massimo delle mille ore, con tanto di multe e sanzioni per i produttori che realizzavano e commercializzavano lampadine con una durata superiore. Accompagnando questo esempio con quello dei collant – rivoluzionari accessori d’abbigliamento in nylon che, quando vennero immessi sul mercato per la prima volta, erano dotati di un’incredibile resistenza –, viene introdotta anche la tematica del 'dilemma morale' di ricercatori e ingegneri: dopo aver passato anni a studiare soluzioni per prolungare durata e resistenza dei loro prodotti, erano ora costretti da nuove leggi di mercato a percorrere la strada opposta, inventando un modo per predeterminarne la morte. Com’è facilmente intuibile, un sistema di consumo con una velocità di avvicendamento dei beni così elevata presenta due criticità fondamentali: l’utilizzo di una quantità enorme di risorse – energetiche, materiali ed economiche – e il bisogno di smaltire una altrettanto enorme quantità di rifiuti. Ripensiamo all’esempio della stampante. Questo tipo di macchina è formato da molte componenti: carter in plastica, circuiti stampati, cartucce, viti e tanti altri pezzi, nessuno dei quali in realtà, al momento della dismissione, è realmente rotto, usurato e quindi inutilizzabile. Dove finiscono questi quando un chip decide che l’apparecchio è giunto alla fine del suo ciclo vitale? Secondo le informazioni fornite dal documentario, in Ghana e in tanti altri paesi africani e del Sud del mondo. Un attivista ghanese spiega infatti che, aggirando un accordo internazionale che vieta l’esportazione in quelle aree dei RAEE contrabbandandoli come macchinari usati anziché come scarti –, innumerevoli aziende occidentali spediscono i loro rifiuti elettrici ed elettronici in Africa, utilizzando i paesi poveri come discarica in cui l’ottanta per cento di computer, televisori e stampanti viene buttato e smembrato dagli abitanti del posto, alla disperata ricerca di metallo – rame, alluminio, ferro – da cui ricavare qualche dollaro. A dispetto dell’immagine eco-friendly che vuole dare di sé stessa, sotto accusa finisce anche la Apple. Imbeccata dalla denuncia di un gruppo di blogger infatti, un’avvocatessa americana ha organizzato una class action contro la compagnia del defunto Steve Jobs, rea di aver immesso sul mercato milioni di iPod che nel giro di otto-dodici mesi cominciavano ad accusare problemi alle batterie, che però non potevano essere sostituite. L’unica soluzione? Cinquecento dollari e un nuovo iPod. Dai documenti ottenuti nel corso del processo, è emerso che la Apple aveva realizzato appositamente le batterie al litio affinché terminassero il loro ciclo in quel lasso di tempo, motivo per cui è stata condannata, oltre che a risarcire gli acquirenti frodati, a estendere la garanzia a due anni. Per alleggerire un po’ la tensione, vengono inserite anche alcune scene della famosa opera di Arthur Miller Morte di un commesso viaggiatore, in cui il protagonista si lamenta che appena finisce di pagare l’ultima rata del frigorifero, dell’automobile o del televisore, questo puntualmente si rompe. Nell’America degli anni trenta, ci fu addirittura chi propose di rendere obbligatoria l’obsolescenza pianificata: l’imprenditore Bernard London pubblicò un saggio intitolato Uscire dalla depressione attraverso l’obsolescenza pianificata, in cui sosteneva che l’unica via per rivitalizzare l’economia piegata dal crollo del 1929 era incentivare i consumi. Quale modo migliore della sostituzione obbligata dei beni per raggiungere questo obiettivo? A ben vedere oggi il funzionamento del mercato non differisce molto da un ipotetico scenario regolato da una legge sull’obsolescenza. Lo strumento culturale è certamente una delle armi più potenti di cui i profeti del consumo sono in possesso per indurci all’acquisto frenetico e soprattutto frequente di beni superflui. È però quasi scioccante esaminare le prove oggettive che il documentario di Cosima Dannoritzer ci fornisce con grande puntualità e che testimoniano in maniera incontestabile come le tecnologie e i processi produttivi e i materiali in essi utilizzati siano scientificamente studiati per conferire al prodotto finale una vita di durata prestabilita, in modo da indurre l’utente, volente o nolente, a effettuare un nuovo acquisto. Uno spiraglio però, come prova il caso di Marcos e della sua stampante, resta aperto, l’obsolescenza pianificata si può combattere. Per prima è necessario agire sul piano culturale: contrapporre al modello consumista una nuova concezione, che poi tanto nuova non è, basata sulla sobrietà, sul recupero e sul riutilizzo presenti in natura – non esistono scarti, ma solo risorse da rinnovare –, sulla consapevolezza di trovarci su un pianeta finito che non può sostenere un sistema di sviluppo indefinito. In questo ci vengono in aiuto le parole di Serge Latouche, intervistato nel corso del documentario: “È una vera rivoluzione culturale – afferma il decrescitista francese – perché si tratta di un cambio di paradigma e di mentalità. Questa rivoluzione si chiama decrescita. È uno slogan provocatore che agisce in rottura con il discorso euforico della crescita possibile, infinita e sostenibile. Cerca di dimostrare la necessità di un cambio di logica”. Non solo un cambio di mentalità però. Reagire a questa imposizione anche dal punto di vista materiale, tecnico, pratico è possibile. La prima cosa da fare è non dare per scontato quello che ci viene detto: se il rivenditore di turno suggerisce di cambiare la macchina piuttosto che sostituire il pezzo, informiamoci se per caso esistono strade alternative, vediamo se qualcuno ha condiviso lo stesso problema e magari una soluzione a esso. Non buttiamo quello che sembra superato e obsoleto, ci sarà sempre qualcuno a cui potrà essere utile. Il riutilizzo, lo scambio dell’usato, il riciclo, persino la reinvenzione e lo studio, con un po’ di fantasia, di nuovi utilizzi per gli oggetti. Il tutto senza scartare la possibilità di prendere una posizione politica, persino giuridica, forti del bell’esempio della causa collettiva contro Apple e di molti altri casi simili, dei quali si parla troppo poco.

Commenti

grazie a voi che ci rendete consapevoli anche di queste "stranezze" tutte volte al PROFITTO e conseguentemente al consumo ...inconsapevole. grazie perchè fate un lavoro veramente prezioso. Graziano Lomazzo - Como
GRAZIANO, 13-08-2012 08:13
In certi settori l'obsolescenza per legge e' gia' operativa. Vedi il caso delle automobili, con gente costretta a cambiare mezzo (o a privarsene, se non ha soldi per acquistarne un altro) anche quando perfettamente funzionante.
Gigies, 29-12-2012 10:29
Il sig. Mario Rossi ha attuato ormai da 30 anni la difesa dall'obsolescenza programmata e nessuno se ne è accorto. Da 30 anni il sig. Rossi è andato a vivere nel borgo vicino alla città. Le 5 maggiori città italiane hanno perso 1 milione di abitanti e gli italiani sono cresciuti di oltre 4 per un totale di 5 milioni. Nel borgo la vita assai diversa rispetto al condominio. Il nostro sig. Mario Rossi ha visto diminuire le entrate finanziarie ma ha diminuito ancora di più le spese, e non se la passa per nulla male. Ha più relazioni sociali, non fa ferie, coltiva l'orto, baratta i beni che autoproduce. E' un grandfe elusore fiscale perchè risparmia il 50% del suo reddito; egli non deve più produrre 100 per consumare 50. Questi concetti li trovate nel libro "Ground Uno" che sta per uscire
piero bargellini, 23-02-2013 10:23
un consiglio che vi posso dare,è di tenersi le cose vecchie e farle riparare,perchè quelle nuove son un disastro ben nascosto,e per farvi un esempio sul mio frigorifero che si è rotto,e disobbdendo ai consigli ricevuti,l'ho fatto riparare,ed ho scoperto che usano serpentine di raffreddamento con spessori di due decimi,e di acciaio,in modo che arrugginiscano,ma ancheliquidi di raffreddamento introvabili,in modo che non conviene neanche ricaricarli,ma mi son impuntato ed ho fatto cambiare il motorino del frigo ch era perfettamente funzionante,con uno industriale che usa liquido di raffreddamento comune ed economico,ed per la serpentina bucata ha usato un liquido turafalle,che è garantito e se si apron altre falle nella serpentina le tappa,ed il mio frigo è di nuovo in uso,il riparatore mi ha detto che esistono serpentine di ricambio comunque,quindi,io ho speso come comprare un frigo nuovo,ma non l'ho comprato....ciao
mauro, 26-03-2013 04:26
trascorrendo 1 settimana al mare avevo bisogno di una maschera e boccaglio per godermi i fondali marini. Il mio ragazzo possiede una maschera bellissima dalla Scubapro, maschera acquistata almeno 8 anni fa. E' fantastica perché leggera, antiriflesso e soprattutto non si appanna sott'acqua, neppure dopo 1 ora! Giungendo in un piccolo negozio con rifornimenti per sub, chiedo al negoziante quale possa essere la maschera migliore che ha da offrire ad un prezzo ragionevole. Me ne propone una di marca italiana a 28 euro circa. Il mio ragazzo gli chiede: "ma si appannano le lenti?" Il venditore risponde: "Eh eh, ormai tutte le lenti si appannano tranne che per spendere una grossa somma." Il mio ragazzo incalza: "la mia non si appanna." L'uomo chiede: "che marca è e quando l'ha acquistata?" "Scubapro, ha almeno 8 anni", la risposta del negoziante si commenta da sola: "Ah ah! Eh ci credo che non si appanna, usavano materiali di qualità, mica come quelli usati oggi!" Il piacere dell'onestà...
Babù, 17-08-2013 01:17
Attenzione ai prodotti di elettronica di consumo. Se vedete UN SIMBOLO TONDO CON DUE FRECCE CHE CIRCONDANO UN 10, è l'obsolescenza programmata. Significa che quel prodotto ha una durata di vita prefissata in 10 ANNI a partire dal momento in cui è stato FABBRICATO. Calcolando tempi di stoccaggio in fabbrica, viaggio in navi container, sdoganamento e magazzinaggio da grossisti, più il tempo trascorso dal rivenditore "ad attendervi" in vetrina, significa che dall'acquisto avete già non più di 9 anni e qualche mese per usarlo. Se possibile, comprate sempre prodotti senza l'infame marchietto!
Pincus, 22-08-2013 12:22
L'obsolescenza programmata è la perversione alla base dell'economia moderna e nelle stampanti già si vedono delle cose incredibili http://consumatorecritico.grigio.org/stampante-laser-ricariche-leconomia-perversa Una stampante nuova (compresa di 4 cartucce) costa di meno che non acquistare in blocco solo le 4 cartucce. La tecnica è sempre la stessa: vendi in sottocosto e rifatti sui consumabili. Fortuna che con un può di sano sano hacking si può modificare la stampante e ricaricarsela in autonomia.
Luca, 22-08-2013 04:22
E' tutto vero, gli elettrodomestici sono costruiti per NON durare, leggete anche l'articolo pubblicato dalla rivista scientifica Focus...è allucinante!
marzia raggi, 23-09-2013 05:23
Un povero cittadino italiano onesto non può decidere nulla in Italia né può usare la legge o le regole per difendersi da abusi o soprusi ! Esempi vari : se un operaio italiano(dipendente privato ) viene licenziato ingiustamente dal suo datore di lavoro oppure viene punito o molestato sul luogo di lavoro non ci può fare nulla ! Se l'operaio italiano vittima di abusi sul luogo di lavoro chiede aiuto ad un sindacato, questo non fa assolutamente nulla ! Se l'operaio italiano decide di fare una causa di lavoro tramite un avvocato spende una montagna di soldi inutilmente poi qualche giudice gli dà pure torto anche se ha ragione al 100 % cento ! Da tutto ciò che succede da sempre in questa Italietta logicamente si capisce che in Italia la legge non è uguale per tutti ! In Italia anche i diritti e le regole non sono uguali per tutti i cittadini italiani ! Non potete pretendere che un consumatore italiano povero è onesto se viene fregato nell'acquisto di un elettrodomestico possa difendersi ed usare la legge ? Tecnicamente è impossibile ! L'Italia non è una nazione civile e moderna ! In Italia mancano legalità e giustizia .
Andrea Danton, 23-04-2014 12:23
Come la mettiamo con il discorso delle automobili e delle classificazioni euro0-euro1-euro2-euro3...... e così via? Quando è stato dimostrato che un euro4 inquina quanto un euro2? Per potere usare un automobile ci costringono a comprarne sempre di nuove, per chi può, o usate di pochi anni per potere circolare, e poi ce ne viene limitato l'uso in giorni stabiliti dopo avere pagato bolli e assicurazioni. A questo aggiungiamo che in molte città il sistema di trasporto pubblico è pure scarsissimo. Mi sento così impotente.........SALVATECI
Luca, 19-09-2014 03:19
Il consumatore dovrebbe evitare di riaquistare qualsiasi prodotto che abbia la stessa MARCA o SOTTOMARCHE in cui abbia ravvisato l'obsolescenza programmata. I) Quando la rottura o grave deterioramento è molto vicino alla GARANZIA scaduta. 2)Quando durante l'utilizzo si ravvisano materiali noi idonei. Es. Rubinetti con parti in ferro cromato(usare una calamita prima di acquistare) boccole di rotori degli elettrodomestici non lubrificate. 3)Uso di materiale plastico in parti soggette a importanti sollecitazioni meccaniche o termiche. 4)Attenzione a elettrodomestici con programmatore elettronico.....
Alberto, 12-02-2016 10:12
Ho buttato via una lavatrice che non mi aveva mai dato problemi da 23 anni e me ne stò pentendo amaramente, ma non è stata colpa mia, ho chiamato varie volte l'assistenza della casa madre anche se fuori garanzia, in quanto i tecnici generici che aggiustano le moderne lavatrici, quando la vedevano come era fatta dentro non ci capivano un fico secco, ma dopo un mese di email e telefonate, il tecnico da noi non solo si è mai visto ma manco ci ha risposto. Questo per dire che mi hanno costretta a comperare una nuova lavatrice, mi serviva, avevo bisogno di lavare il bucato, una famiglia non può starci più di un mese senza. Allora ho preso una lavatrice di marca semisconosciuta made in Italy, pagata pochissimo, sperando che non facesse parte ancora del giro infame, chissà quanto mi dura, se i famosi 5 anni, tempo che hanno deciso a tavolino per tutti gli elettromestici, dato che scade anche la estensione della garanzia che offrono per la maggior parte o qualche annetto in più, se non hanno messo nella scheda il famoso virus che data inesorabilmente la sua triste fine anticipata.
Maria, 20-03-2016 12:20
Scusate se vado un po' contro corrente, ma credo molto poco nella riparazione: gli oggeti oggi sono prodotti con un livello di automazione che supera il 50% ed in futuro lo sarà sempre di più. Una riparazione, ad oggi, è un'operazione totalmente manuale. E tranne per i casi molto semplici, come il caso della stampante che non richiede un gran lavoro, riparare costa quanto o più che rifare l'oggetto. Ed è esattamente questo il gioco, questo fa vincere qualsiasi tipo di obsolescenza,che sia programmata o meno. Di solito è facile riparare un oggetto che prevede metodi di obsolescenza programmata anche molto più sottili del caso della stampante, ad esempio l'uso di componenti che si rompono dopo 2 anni o massimo 3, come i condensatori elettrolitici, se opportunamente posizionati vicino ad una fonte di calore. Tuttavia, smontare fare una diagnosi e rimontare porta via tempo, tempo che di solito costa più che un apparecchio nuovo. Un circolo vizioso senza fine? L'unca, forse, è realizzare reti che valutano la possibilità di riparare determinati oggetti o meglio determinate marche, in maniera autonoma o quasi. Ma la vedo dura, io non ho mai visto due oggetti identici, nel giro di 6 mesi gli oggetti cambiano, vengono aggiornati fuori ma anche dentro, anche cose semplici come i frullatori, e trovare il guasto è un nuovo lavoro...
Giuseppe Amato, 03-07-2017 09:03
Vi riporto alcuni esempi in cui ho evitato l'obsolescenza programmata. Circa 3 anni fa il mio impianto Hi-Fi acquistato nel 2006 ha avuto un guasto, si accendeva il led dello stand by ma premendo il tasto di accensione/spegnimento non dava segni di vita. Consultandomi su un forum di elettronica mi avevano detto che non valeva la pena ripararlo e che in occasione del Natale in arrivo avrei trovato di sicuro ottime offerte per acquistarne uno nuovo. Io li ho lasciati dire e non li ho ascoltati, ho ignorato totalmente il loro suggerimento e di quelle offerte me ne sono fregato altamente, portando invece il mio Hi-Fi da un tecnico. Morale della favola è bastato sostituire il condensatore dell'alimentazione e con 50 euro lo stereo ha ripreso a funzionare e tuttora suona da Dio. Io a suo tempo lo pagai 149 euro. Con 50 euro un Hi-Fi nuovo non ce lo compravo, o per lo meno non uno della stessa qualità, avrei preso sicuramente una porcheria che mi sarebbe durata pochissimo e 99 su 100 a quest'ora era già in discarica. L'anno scorso la mia lavastoviglie ad incasso comprata nel 2008 insieme alla cucina (aveva dunque 9 anni di vita) che è di una marca Italiana nota da anni nel settore e pagata circa 350 euro smette di funzionare. Parlando con degli esperti su vari forum mi dicevano che mi sarebbe convenuto sostituirla ma con il mio budget non mi potevo permettere una grossa spesa e quindi un prodotto di pari qualità. Un negoziante mi aveva proposto un modello in offerta a 199 euro ma non mi convinceva e ho ritenuto da stupidi sostituire una lavastoviglie di ottima qualità con una che mi avrebbe offerto una qualità inferiore e di lì a poco me l'avrebbe fatta rimpiangere. Altri negozianti mi proponevano di fare un finanziamento ma io preferisco evitare e arrangiarmi con i soldi miei, non si sa mai cosa può accadere se da un momento all'altro mi ritrovo a non poter pagare anche una sola rata, metterei in ginocchio la mia famiglia, vale la pena indebitarsi per una lavastoviglie? Ma io per lo meno non ci penso proprio. Così decido di aprirla io personalmente per individuare il guasto. Di cosa si trattava? Di uno stupidissimo condensatore che collegava il cavo di alimentazione al motore (a detta dei soliti espertoni era la scheda bruciata), bruciato a causa di un temporale. Ho smontato il condensatore e mi sono recato in svariati negozi di elettronica, e in un negozio ecco che con 5 euro ne ho trovato uno uguale. Montato il condensatore e lavastoviglie di nuovo funzionante. Ma il fatto più recente che mi è capitato sapete con cosa mi è accaduto? Guardacaso con una stampante, proprio come il ragazzo citato nell'articolo. La mia stampante con 10 anni di vita circa un mese fa decide di bloccarsi. Provo a spegnerla e riaccenderla, riparte e poi si blocca di nuovo. Tutti a dirmi che mi sarebbe convenuto comprarne una nuova, qualcuno mi aveva proposto una stampante in offerta speciale in un negozio, ma voi pensate che io l'abbia comprata? Ma nemmeno per sogno, l'ho lasciata lì dov'era, sugli scaffali del negozio. Ho invece ascoltato il consiglio di una persona che mi aveva suggerito di staccare la spina della stampante e dopo qualche ora riattaccarla. Così facendo la stampante è ripartita e si è ripristinata ed ora funziona perfettamente. Prima di sostituire un apparecchio le soluzioni per salvarlo ci sono e vanno tentate tutte.
Giovanni Manzottu, 08-06-2018 11:08

Lascia un commento


Per lasciare un commento, registrati o effettua il login.