Il nostro tempo è adesso, non trasformiamolo in una sala d'attesa

Il 9 aprile è stato un giorno di mobilitazioni e proteste, mai come in questo momento legittime e necessarie, contro la precarietà e l'annientamento del mondo del lavoro vissute nello slogan "il nostro tempo è adesso". Una manifestazione organizzata con l'appoggio di esponenti del mondo politico e sindacale, gli stessi che negli anni passati hanno contribuito a creare il problema.

Il nostro tempo è adesso, non trasformiamolo in una sala d'attesa
Quello del 9 Aprile, a Roma e in varie città d'Italia è stato un sabato di mobilitazioni e proteste contro la piaga della precarietà e più in generale contro la demolizione del mondo del lavoro che pregiudica le prospettive occupazionali di giovani e meno giovani, contribuendo a ridurre sul lastrico una marea di famiglie. Proteste quanto mai legittime, soprattutto in un momento come quello attuale nel quale il baratro della disoccupazione e della precarietà sta approfondendosi sempre più, senza che la classe politica sembri intenzionata a proporre una qualche soluzione. Proteste colorate e pacifiche, vissute nello slogan "il nostro tempo è adesso" che campeggiava su molti striscioni, fra i giovani partecipanti alle manifestazioni. Proteste sacrosante che meritano tutta la nostra condivisione, ma al contempo stridenti di contraddizioni manifeste che balzerebbero all'occhio anche ad un osservatore disattento. Perché una protesta contro la precarietà e l'annientamento del mondo del lavoro, vissuta unicamente nella difesa di status quo che non esistono più e priva di un messaggio forte che domandi a gran voce l'abolizione della legge 30 e l'istituzione di un reddito di cittadinanza, uniche pietre miliari sulle quali si potrebbe tentare di costruire almeno i presupposti perché i lavoratori italiani possano riconquistare un minimo di dignità? Perché una protesta contro la precarietà e la disoccupazione, a braccetto con tutti coloro, Cgil, PD, Idv, Verdi, Comunisti Italiani, Federazione della Sinistra (ed altri che ho dimenticato) che hanno contribuito a creare il problema, firmando e sottoscrivendo ogni genere di accordo o provvedimento legislativo che è stato determinante per creare precarietà e disoccupazione? Vedere l'ex ministro Damiano che coccolò la legge Biagi durante gli anni in cui era al governo, insieme alla Cgil che della legge 30 avallò la nascita, inveire contro le situazioni da loro stessi create, genera un po' d'imbarazzo, facendo sì che l'aria fresca diventi stantia e s'inizi a percepire il lezzo dell'ipocrisia. Per tutti, giovani e meno giovani, il nostro tempo è adesso, ma urliamolo forte, pretendendo i diritti che sarebbero basilari in qualsiasi paese civile e soprattutto urliamolo senza falsi megafoni e sanguisughe della politica e del mondo sindacale che difendono solamente la loro poltrona, arrivando al punto di contestare quello che loro stessi hanno costruito, pur di difendere il proprio status quo. Se non urleremo forte e non avremo il coraggio di rifiutare il braccio di chi ha costruito questo inferno, il nostro tempo non arriverà mai e vivremo eternamente in una sala d'attesa fatta di false promesse e perline colorate.

Commenti

Certamente molti politici che hanno provocato questa situazione pensano di poter mettere il cappello su una manifestazione nata per volontà di associazioni di precari e precarie che hanno invece ben chiaro con l'avvallo di chi e come la precarietà abbia avuto inizio in Italia. E' una loro illusione che qualcuno si aspetti qualcosa da loro. Se qualcosa dovessero farlo, accoglieremo l'inaspettata sorpresa. Rispetto al sindacato, che quegli accordi li ha firmati, per quanto riguarda noi (Diversamente occupate), tra i gruppi promotori della manifestazione, abbiamo deciso innanzitutto di dare fiducia al comitato di Giovani Non+ disposti a tutto, che sta provando a portare cambiamento nella Cgil e a porre all'ordine del giorno il problema del precariato, perché l'assunzione di responsabilità che la segretaria Camusso ha espresso (anche in un'intervista presente nel numero della rivista Dwf "Lavoro. Se e solo se") abbia un seguito concreto. Anche in questo caso questo non significa che al sindacato deleghiamo la lotta che vogliamo portare avanti e che staremo in attesa del loro intervento, ma che siamo aperte, come le altre associazioni che hanno aderito, ad alleanze possibili, purché sia chiaro che i nostri obiettivi non sono dell'ordine di qualche gentile concessione. L'obiettivo è un sistema di welfare universale, la continuità del reddito, i diritti di maternità, malattia, formazione, sciopero a tutti i lavoratori e le lavoratrici. Per noi la piazza di sabato è stata un inizio, uno spazio di condivisione tra reti diverse e un messaggio a quanti sono precari e pensano ancora che si tratti di una sciagura individuale cui rispondere con soluzioni individuali. È significativo della cultura di questo paese non dare fiducia e valore a mobilitazioni di associazioni e gruppi e reti di giovani che hanno fatto un enorme lavoro di tessitura per unire le forze e le pratiche di migliaia di precari in tutta Italia. Far sperimentare a questo paese le conseguenze della nostra indisponibilità è il prossimo passo ed è a questo a cui dobbiamo lavorare d'ora in avanti. Diversamente Occupate - http://diversamenteoccupate.blogspot.com/
diversamente occupate, 12-04-2011 01:12

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