Simone Perotti: «A questo paese servono cittadini comuni che facciano la differenza»

Con l'avvicinarsi delle elezioni politiche del 4 marzo prossimo, vi proponiamo l'analisi di Simone Perotti, scrittore, velista, brillante pensatore ed esperto nell'arte dello... scollocamento. Lucidissimo e chiaro, ci accompagna in una riflessione di cui fare tesoro.

Simone Perotti: «A questo paese servono cittadini comuni che facciano la differenza»

Come valuti il panorama politico italiano in vista delle elezioni del 4 marzo prossimo?  Pensi che possano esserci delle speranze di miglioramento dal giorno dopo per questo paese?

In generale io i miglioramenti per la vita mia e degli altri, dalla politica, non li attendo. Se io avessi fatto tutta la mia parte come uomo, nella mia consapevolezza, nella mia visione, nei miei comportamenti qualitativi verso l’ambiente, gli altri, i più deboli, verso le pratiche anticonsumiste, se avessi messo sul tavolo tutte le mie risorse, tutti i miei talenti, se avessi posto rimedio alle mie tante contraddizioni… allora forse mi permetterei di pretendere qualcosa dalla politica. Ma dato che io sento di non aver mai fatto del tutto la mia parte, non ancora almeno, mi esimo dal mettermi a giudicare. Quelli che strillano di più, con la voce più alta, non per questo sono i più lucidi. Di solito sono quelli che hanno fatto e fanno meno per migliorare se stessi come uomini, donne, e dunque cittadini. Non mi fido di chi urla, in generale. Non mi fido di chi dice sempre voi o noi, ma solo di chi dice io.

Gli italiani sono un popolo che legge pochissimi libri e guarda molto la televisione, secondo te questo influisce anche sul livello politico istituzionale?

Beh, direi proprio di sì. L’ignoranza dilaga nel nostro paese. Lo vedi dalla sintassi fino alle idee. Ma lo vedi soprattutto dall’omologazione e dalla violenza. Qui nessuno percorre strade nuove, per due ragioni: perché una strada nuova, prima di percorrerla, bisogna pensarla, immaginarla, trovarla, studiarla. E poi perché serve coraggio. Essere diversi dalla massa consumista, veterocapitalista, materialista, ignorante, cafona, cialtrona, urlante, banale nelle idee e nei comportamenti, dannosa perché nemica di sé e degli altri, è il risultato dello studio, della cultura, della sensibilità, della misura, della durezza quando serve, ma altrimenti della mansuetudine, della comprensione e della mancanza di bisogni da soddisfare con la rivalsa e con la vendetta. Questa cultura nel suo complesso si sta estinguendo. E questo è molto preoccupante.

Pensi che la politica istituzionale possa dare delle risposte ai problemi reali del paese o ci sono alternative percorribili al di fuori della politica istituzionale?

Un Paese è fatto di regole comuni. Servono, vanno migliorate, soprattutto fatte rispettare. I poteri fondamentali, legislativo, esecutivo, giudiziario, dell’informazione vanno difesi ad oltranza, sempre, senza mezze misure. Sono l’unica vera profonda garanzia del vivere comune. Ogni deroga viene sempre proposta da un nemico della collettività. Per questo, un Paese ha bisogno di politici che lavorino, possibilmente in modo professionale. Mi pare che ne abbiamo pochi. Tra disonestà e mancanza di commitment, direi che siamo davvero mal messi. Motivazione e preparazione dovrebbero essere date per scontate, ma non è così. E tuttavia, deve essere chiaro che le persone comuni non stanno facendo la loro parte. Per nulla. Io, da cittadino, devo ammettere che sono molto più deluso dalle persone che dai loro rappresentanti politici. Alla fine, se si osserva, i politici la loro parte la fanno, su tante, tantissime cose. Certo, si potrebbe fare molto meglio, ma lavorano e producono, la macchina dello Stato va malino ma funziona. E noi? Le persone? Dalla differenziata, all’omologazione dei comportamenti che accettano quotidianamente, dai rapporti sociali a come spendiamo il nostro tempo prezioso, che non tornerà… mi pare che facciamo poco per diventare persone migliori. E senza persone migliori non avremo mai un Paese migliore. Il problema del voto non è chi votare, ma chi vota.

In che modo le persone secondo te potrebbero cambiare in meglio la situazione politica e non?

Diventando responsabili. Assumendo come un fatto fondante della loro vita che la società sono loro. Siamo noi l'Italia, come singoli individui. Siamo noi quando inquiniamo il mare pensando “vabbé tanto per un po’ d’olio del motore, che vuoi che sia”; noi quando compriamo oggetti superflui e dannosi spendendo soldi che sostengono un’economia drogata che intossica le nostre vite; siamo noi quando rubiamo tempo e risorse sul lavoro; noi quando cerchiamo la scorciatoia per fare meno fatica; noi quando non ci evolviamo, non studiamo, restiamo ignoranti; noi che ci facciamo esaltare dalle possibilità mediatiche e diciamo quantità di stupidaggini colossali solo perché c’è un social network che ce lo consente e poi inneggiamo alla libertà espressiva del web, senza ricordarci che il primo censore delle nostre presunte opinioni era e resta la nostra salutare vergogna. Sono molto preoccupato dal pur salutare stimolo all’intervento in politica degli individui. Da un lato ne sono felice, perché questo implica azione e sforzo del pensiero. Da un altro mi preoccupo, perché la gran parte di quell’azione è facile, costa un click su un mouse, e fa l’effetto di una massa che vuole cambiare le cose che, invece, non esiste. Quelle stesse partecipazioni sono sul crinale di diventare assenze, abbandoni, distrazioni se qualcuno non si pone il problema di inchiodare quei gesti a precise responsabilità. Un politico che avesse davvero a cuore la nostra società oggi si preoccuperebbe solo di una cosa: come interrompere il processo di decadenza del pensiero, della cultura, dello studio, della riflessione, così come la deriva a sdoganare gente che fino a ieri avrebbe avuto ritegno a dire la propria, persone che oggi si sentono di poter aprire bocca su ogni tema, con qualunque pretesto. Invocare il presunto pensiero di tutti noi figli del secolo web, sostenere che sia la somma autorità a cui la politica deve riferirsi, dimenticare che la gran parte di questo “popolo” ha per vent’anni eletto e mantenuto al potere Silvio Berlusconi e la sua gomorra morale, e altre accanto a questa, è un suicidio sociale. Se non fosse irriferibile e del tutto scorretto politicamente, oggi bisognerebbe ricordare a quel popolo che prima di avere dei diritti ha dei doveri, verso se stesso, politici ma soprattutto individuali. Io affronterei il problema opposto al voto diretto via web, e cioé il diritto di voto in se stesso. Può chi non è in grado di leggere e comprendere un testo (secondo le ultime ricerche Demopolis sembra che un terzo della popolazione sia in difficoltà a farlo) decidere, votare, contare come tutti, inquinando col suo fraintendimento le decisioni della cosa pubblica? Può chi non conferisce alla propria vita la dignità che deriva dallo studio, dall’evoluzione, dalla responsabilità diretta di fronte alle scelte, avere così tanta voce in capitolo su materie complesse come le grandi scelte etiche che ci attendono, dalle cellule staminali fino al suicidio assistito, passando per l’energia, l’ambiente, la relazione sociale, culturale, politica con il sud del Mediterraneo?

Quali sono i maggiori problemi che andrebbero affrontati in Italia e come provare a risolverli?

Il primo e fondamentale: questo Paese sta deperendo culturalmente, occorre intervenire con priorità massima e senza alcun atteggiamento tecnocratico, ma accademico, in senso etimologico. Poi gli altri: manca una scelta di modello di sviluppo a cui ispirare tutte le decisioni, e data l’urgenza delle condizioni del nostro pianeta e della bolla finanziaria mondiale questa non può che essere indirizzata alla resilienza, alla tutela dell’ambiente, alla riduzione dei consumi, alla pulizia e restauro del territorio, alla salute che deriva dalle modalità alimentari produttive e del consumo; occorre creare posti di lavoro da cinque o sei ore al massimo al giorno, allargando la base del lavoro a tutti con riduzione del tempo di lavoro e redistribuzione del reddito impedendo megastipendi e alzando la soglia minima, ma abolendo una serie di attività e sviluppandone altre; occorre creare sviluppo, attività e lavoro dando il via a un’enorme opera di riconversione energetica dalle fonti inquinanti a quelle rinnovabili, un altrettanto enorme opera di recupero edilizio e riqualificazione dei centri in decadenza, dei paesi, dei borghi, con inversione della tendenza all’inurbamento cittadino a vantaggio dell’urbanizzazione territoriale. Occorre dare il via a una campagna sociale volta al recupero e alla diffusione delle tecniche artigianali, orientando le persone all’autoproduzione, alla riduzione del consumo e della produzione di rifiuti, al cambiamento d’uso, all’autocostruzione. E via così, potrei continuare per un centinaio di pagine…. E non è detto che non lo faccia prima o dopo. Sostanzialmente quindi lavorare meno, suddividendo l’attuale ricettività lavorativa tra tutti, ma soprattutto facendo cose diverse con un obiettivo diverso. Io avevo un ottimo lavoro, una bella carriera. Me ne sono andato, perché quello non generava benessere. Il lavoro può generare benessere, occorre cambiarlo.

Un tema molto forte della campagna elettorale è quello relativo all’immigrazione, tu come affronteresti questo tema anche attraverso la tua esperienza di Mediterranea dove toccate con mano questi aspetti visto che approdate anche in paesi di forte immigrazione?

Di fronte alle cose modificabili occorre sempre agire per cambiarle. I Paesi da cui quella gente fugge con tristezza, paura e nostalgia, sono paesi dove spesso agiscono ingiustizie e dittature che noi ignoriamo, o contribuiamo a sostenere. Occorre prima di tutto lavorare perché, nel rispetto delle storie di quei paesi, si aiuti qualunque territorio del mondo a rispettare i diritti umani, a fare sviluppo sensato, impedendo il traffico delle armi. E’ tempo, come nel ‘600 per la schiavitù e nell’800 per la pirateria, che si metta al bando l’industria delle armi, si promulghi una carta he rende illegale il concetto stesso di arma per offendere. Poi occorre organizzare il salvataggio in mare al meglio e costruire le migliori condizioni di accoglienza per chi soffre, sottraendo all’industria degli schiavi il materiale per lucrare sulle disgrazie. Filtro non vuol dire ingiustizia, e se è possibile immaginare un filtro questo deve essere orientato alla legalità, all’equità, alla collaborazione e alla solidarietà. C’era un tempo, anche recente, che le affermazioni di stampo razzista restavano strozzate nella gola di chi aveva la tentazione di enunciarle. Era un’Italia migliore, in cui la riprovazione ambientale verso alcune cose era palpabile, diffusa. Oggi, grazie a qualche sconsiderato, nessuno ha più ritegno nel dire cose che sono contro la nostra idea di vivere sociale, contro la nostra cultura mediterranea, contro la carta fondamentale dei diritti dell'uomo.

Credi che attraverso internet  si possano attuare dei reali e profondi cambiamenti in positivo?

Qualunque media a cui si attribuisca un valore non meramente strumentale, viene sopravvalutato. Un ignorante off line su internet diventa solo un ignorante on line, solo che invece di un sasso in mano ha un M70. Internet rivela, propaga, moltiplica quel che siamo, non ci rende né migliori né peggiori. La fede nel web come panacea, come garante, è folle. Vivremo una fase di rigetto di questa cultura tecnocratica. Il mondo si spaccherà, il digital divide diventerà social divide, cultural divide, e saranno guai. Non siamo diventati migliori col telefono, e neppure con la radio o la televisione. Se la televisione ci ha migliorati è stato perché in essa si parlava in italiano di fronte a un paese analfabeta, e così abbiamo parlato tutti in pochi decenni la stessa lingua. Su internet si corre il pericolo opposto, da popolo dotato di valori comuni, di comuni punti di riferimento, stiamo diventando massa che non ha più alcun caposaldo del vivere comune, perché sul trono del web possiamo mettere, a scelta, il re che vogliamo, subito pronti a diventarne suddito. Manca la capacità critica, la capacità di decodificare che uno strumento così potente implicherebbe. L’unica cosa positiva è la circolazione dell’informazione e l’accesso alla cultura, ma perché questo fosse del tutto vero, dovremmo controllare le fonti. Serve un organismo (che pure è impossibile immaginare) che garantisca ciò che oggi è in grande misura fuori controllo. Sono molto preoccupato. Le persone non studiano e non leggono, sono portatrici sane di ignoranza e internet serve in grande misura a propagare il virus.

Dato che sei un esperto di comunicazione, secondo te quali sono oggi i migliori e più efficaci mezzi di comunicazione?

Il miglior strumento di comunicazione è e resta da millenni la capacità di pensiero. Il media cambia, l’uomo resta lo stesso. Quando lo strumento si evolve, si rischia solo di fare più danni. Io mi preoccuperei più di cosa veicoliamo di come lo facciamo. La comunicazione via web in mani responsabili diventa uno strumento potentissimo di miglioramento del mondo. Un somaro di fronte a un computer è come una granata senza spoletta lanciata in un mercato. Come sappiamo, però, i somari persuasivi trovano molti più proseliti delle persone intelligenti, perché il somaro furbo e persuasivo dice agli ascoltatori, in cambio del loro fittizio consenso, quello che loro vogliono sentirsi dire, mentre chi ha intelletto e idee dice agli ascoltatori, pena il dissenso, ciò che loro odiano sentirsi sbattere in faccia.

 

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Commenti

Dopo aver apprezzato i contenuti dello scritto, lascio un pensiero x Simone Perrotti ...via via leggendo mi sono riconosciuto io e tutte le umili persone che seguono il nuovo "partito del valore umano" fatto da persone atruiste ed etiche che credono che sognano un mondo migliore Nella speranza di essere l'uno che sposta il 99. saluto e ringrazio curzio cerato
curzio cerato, 24-01-2018 09:24
Concordo pienamente, mi fa piacere leggere queste riflessioni e sentirmi meno sola nel mio tentativo di 'cambiamento'. Condivido stralcio di una mail da me inviata a Paolo Borrometi a seguito di una conferenza da lui tenuta su 'cittadinanza attiva'. "Parto dalla metafora che lei ha usato come incipit per risvegliare le coscienze: il tumore. E’ assolutamente vero che occorre prendere coscienza della malattia ed agire rapidamente per eradicare il problema. Tuttavia un’azione chirurgica, seppur fondamentale e necessaria, non sarà sufficiente a che il tumore non si ripresenti nella stessa forma o in forme diverse. Finché rimarranno le cause della malattia (ambiente inquinato, abitudini insane ecc.) la nostra sarà solo un’importante battaglia vinta in attesa di un inevitabile nuovo attacco. Fuori di metafora: importantissimo aprire gli occhi su fenomeni di illegalità sommersa, denunciare e combattere con i mezzi a disposizione, ma temo che non sarà mai sufficiente. Non è stato sufficiente nemmeno ridurre ai minimi termini il fenomeno mafioso durante il periodo fascista, non sono state sufficienti opere di persone come lei che per semplice e grande senso di giustizia si sono trasformate troppo spesso in involontari eroi. Il superamento delle mafie così come di ogni altra distorsione sociale, non credo potrà mai avvenire senza l’altro attivatore di coscienza a cui peraltro lei ha accennato: la consapevolezza che noi stessi siamo tutti potenzialmente corruttibili. Capire i meccanismi che individualmente portano a permettere o alimentare un fenomeno, credo sia un’azione lentissima, faticosa, che richiede un coraggio da eroi perché ci chiede di analizzarci in profondo, di togliere le nostre maschere, di imparare dai nostri errori. Un’azione però essenziale. Riprendo due argomenti emersi sabato. Il tema dell’uso di droghe leggere. Certo occorre discutere in maniera seria e competente sulle via da seguire per arginare questo fenomeno. Sicuramente otterremmo un qualche risultato sia liberalizzando sia ribadendo con forza una morale di Stato. Ma rimarrà comunque il fatto che si tratta di un fenomeno, quindi di un effetto dovuto ad una causa molto più profonda. E se non saranno le droghe sarà l’alcool o il gioco o il sesso, a fare da ‘distrazione’ ad aiutare i giovani a non far vedere il loro vuoto interiore. E non basterà nemmeno delegare psicologi o associazioni che si prendano in carico il male sociale. Si certo, ognuno dovrebbe fare il meglio in base alle proprie possibilità e quindi supportare. Ma l’individuo madre, l’individuo padre, l’insegnante, il vicino di casa...dov’é? Stessa analisi per la questione immigrazione. E’ impossibile che essa non diventi una questione di interesse politico (nel senso deviato di ricerca di voti) perché essa è, al pari della droga, molto complessa e foriera di ricchezza per chi ne vuole fare in qualche-qualsiasi modo un affare personale. Qualsiasi soluzione si pensi di adottare avrà effetti insieme positivi e negativi per qualcuno. Quindi? Quindi mi attendo che in un tempo futuro e probabilmente molto lontano ci sia un’evoluzione di pensiero del genere umano che porti a vedere nei problemi, in vero, delle grandi opportunità. Finché l’essere umano sarà morbosamente attaccato alla sua proprietà, al suo guadagno in senso stretto, alla sua stessa vita (vivendo come se essa fosse fisicamente e materialmente eterna), tutto sarà una minaccia e l’uomo passerà gran parte del suo tempo a difendere i propri interessi invece che sviluppare le sue passioni, la sua arte, la sua bellezza. Finché anche i figli dell’uomo saranno considerati ‘figli di’ e quindi prolungamento di un 'ego' che vuole affermarsi nello spazio e perdurare oltre il proprio tempo, allora i figli stessi cresceranno castrati, non liberi, marchiati nei loro geni, destinati a perpetrare meccanismi di involuzione umana, vittime e artifici di raccomandazioni o di una qualsiasi altra deviazione che possa apparentemente rendere la loro vita più facile e migliore. Quindi Paolo in una cosa mi sento di contestarla: le cose non si cambiano con il voto. Io andrò a votare ma con la consapevolezza che non cambierà nulla con la mia scelta. Scegliere programmi o volti equivale ad oggi a scegliere spesso uomini mascherati, con la facciata del buon proposito, o uomini onesti ma comunque impreparati come individui profondi. Quelli che come lei hanno un quid in più, scelgono di non candidarsi o non ricandidarsi. Non attendo più che cambi qualcosa, e di sicuro non attraverso il voto. Sarei felice di dovermi ricredere, ma ad ora penso che se qualcosa può cambiare, può cambiare solo nel mio modo di vedere la vita, in senso radicalmente profondo. Io, cioè, come cellula infinitesimale di un macrocosmo complesso nella sua struttura e nelle sue infinite variabili, posso solo essere al meglio la cellula che sono. Posso non essere io la cellula impazzita da cui partirà una nuova metastasi, al contrario posso mantenermi sana e funzionale. La consapevolezza sempre più estrema è che la felicità è qui e ora, nonostante tutto vada in senso apparentemente opposto. La felicità è nascosta nella fugacità stessa del tutto e di un eterno divenire. Cerco di contagiare le piccole cellule intorno a me con questa voglia di Vivere, e trasmettere l’interesse, la curiosità, la passione di cercare nuove strade. Cercare e percorrere strade di cambiamento senza mai dimenticare che ogni strada deve essere coraggiosamente imboccata dentro noi stessi e dentro la nostra quotidianità. Credo che le 'vere-buone' strade, presto o tardi si incroceranno lì fuori, per proseguire verso la stessa meta". Elena S.
ELENA SELMIN, 25-01-2018 09:25
Ho letto con grande interesse la sua intervista. Chiarissima e puntuale, precisa nel cogliere i punti critici, analitica. Condivido punto per punto quanto ho colto nel leggere, ...e probabilmente molto non sono riuscita a cogliere. Condivido soprattutto il mio personale limite nell'essere consapevole di non potermi permettere di dare giudizi sapendo di non aver fatto, per prima, tutto quello che potrei fare, nel non avere il coraggio a volte di farlo , altre volte la capacità o gli strumenti personali per comprenderlo. Grazie per le sollecitazioni, gli stimoli, la possibilità di poter vedere codificato, e quindi più chiaro, un pensiero che spesso percepisco nell'inquietudine che mi pervade, ma al quale non sempre riesco a dare la forma delle parole chiare. Credo di poter dire che mi spenderei senza riserve e in prima persona, cosa che tento goffamente di fare nel mio piccolo e nella mia realtà, nel lavorare concretamente ad iniziative concrete da lei individuate in questa direzione, leggendo nelle sue parole autenticità, onestà e verità profonde. Un saluto, Francesca (Grosseto)
francesca, 25-01-2018 09:25

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