La Grecia, il nuovo governo e gli ordini della Deutsche Bank

Dopo le elezioni del 17 giugno in Grecia ha appena prestato giuramento il nuovo governo di unità nazionale, composto dal partito di maggioranza Nuova Democrazia, assieme ai socialisti del Pasok e alla Sinistra Democratica. Obiettivo principale: accontentare l'Europa. Ma è sempre più evidente che rispettare le condizioni imposte dalla troika sarà impossibile, mentre spunta uno sconcertante documento della Deutsche Bank.

La Grecia, il nuovo governo e  gli ordini della Deutsche Bank
“I greci ora dicano grazie”, commentava Angela Merkel nella serata del 17 giugno, non appena l'esito delle elezioni in Grecia iniziava a farsi un poco più chiaro. Più tardi, rincuorata dai risultati, sarebbe partita alla volta di Los Cabos per partecipare al summit del G20. Su chi e perché i greci dovrebbero ringraziare, resta il mistero. Le elezioni hanno infatti sancito la vittoria dell'Europa e la sonora sconfitta della Grecia. Non è certo un caso che i principali leader europei abbiano seguito la tornata elettorale ellenica con estremo interesse. Il loro cavallo, il partito di centro destra Nuova Democrazia, rischiava di perdere le elezioni in volata contro quella che nel giro di pochi giorni era diventata una delle maggiori forze politiche del paese: Syriza, il partito di sinistra radicale che proponeva di boicottare il piano di salvataggio proposto dal'Ue, e minacciava l'uscita dall'Euro. Invece Syriza si è fermata al 26 per cento – un risultato comunque stupefacente se si tiene conto dell'enorme dispiegamento di forze sull'altro fronte – mentre Nea Dimokratia ha superato il 30. “Siamo il primo partito – ha commentato a caldo Dora Bakoyannis, una dirigente dei conservatori -: è venuta l'ora di formare un governo di unità nazionale” pro-euro “per uscire dalla crisi”. Così è stato, stavolta senza bisogno di ulteriori consultazioni. Il nuovo governo, che ha prestato giuramento ieri, è formato da una coalizione che vede a fianco del partito di maggioranza conservatore lo storico partito socialdemocratico del Pasok – fino a pochi mesi fa prima forza politica del paese ed ora ridotto ad un misero 12 per cento, accusato di una linea eccessivamente morbida verso l'Europa – e il piccolo partito di centrosinistra Sinistra Democratica. Il nuovo primo ministro greco Antonis Samaras ha sostenuto, nel suo primo discorso ufficiale da premier, che i compiti principali e più urgenti del governo saranno riportare il Paese sulla strada dello sviluppo, ridurre il deficit e rinegoziare con l'Ue le dure misure di austerità che hanno aggravato la recessione. A parte le evidenti contraddizioni fra i tre obiettivi, è abbastanza chiaro che la troika non ha alcuna intenzione di rinegoziare alcunché. Le sue richieste alla Grecia sono fin troppo chiare. Ecco come le riassume il professor Yanis Varoufakis dell’Università di Atene: "Cercate di capire quello che stanno dicendo al popolo greco: dicono che la Grecia, per rimanere nella zona euro, deve: A. Continuare a prendere prestiti dal EFSF [il cosiddetto fondo salva-stati, ndr] al 4% (quindi aumentando il debito pubblico) per pagare la BCE (che trarrà un utile del 20% da questi pagamenti, come gentile concessione per aver già acquistato dalla Grecia obbligazioni a un tasso dal 20% al 30%); B. Ridurre la spesa pubblica di 12 miliardi di euro per “essersi permessa” di prendere dei prestiti per garantire alla BCE i profitti di queste operazioni "che hanno portato la Grecia alla bancarotta". Richieste del tutto irrazionali, che neppure un'ondata senza precedenti di privatizzazioni e deregolamentazioni né la distruzione totale dello stato sociale e dei diritti dei lavoratori potrebbero soddisfare. Tant'è che, conclude il professore, “Nemmeno il più malato di mente potrebbe far funzionare questo marchingegno!” Ma questo è. Poco importa se sarà impossibile rispettare le richieste. È sempre più evidente che alla troika importa semplicemente tenere in vita un paziente clinicamente morto, per poter continuare a nutrirsene. Un documento redatto dalla Deutsche Bank, firmato da uno dei suoi economisti di punta Dieter Bräuninger, e diretto alla troika svela quale è la reale strategia riguardo alla Grecia. Il documento è datato 11 ottobre 2011 ed è stato recentemente reso noto da un articolo del Fatto Quotidiano. Si tratta di un enorme piano di dismissione redatto sulla falsariga di quello preparato, fra il '90 e il '94, per la Germania dell'est, che affrontò la dismissione di circa 8000 imprese statali a vantaggio di molte imprese dell'Ovest. Secondo la Deutsche Bank i piani fin qui approvati dall'Europa per i greci sono fin troppo morbidi. Essi riguardano infatti “solo” il 22 per cento del pil, mentre “lo Stato controlla il 70% del Paese”. Ma i piani della banca tedesca, che si configura sempre più come principale entità oscura dietro al collasso dell'Europa e della moneta unica, non si limitano certo alla Grecia. L'elenco dei paesi citati nel rapporto è decisamente più ampio: Francia, Spagna, Portogallo, Irlanda. E Italia ovviamente. “Il rapporto stretto con gli 'attacchi' dei mercati internazionali si vede a occhio nudo”, nota giustamente il Fatto. Ogni paese menzionato ha una sezione dedicata all'interno del rapporto. Nel caso dell'Italia ecco cosa si legge: “lo stato nel suo complesso nel corso dell’ultimo decennio si è ritirato in modo significativo” da svariati settori, ma esistono ancora “potenziali entrate derivanti dalla vendita di partecipazioni in grandi aziende [...]; particolare attenzione meritano gli edifici pubblici, terreni e fabbricati. Il loro valore è stimato dalla Cassa Depositi e Prestiti per un totale di 421 miliardi. […] la loro vendita potrebbe essere effettuata relativamente con poco sforzo. […] Secondo i dati ufficiali, è di proprietà dello Stato (comprese le regioni, i comuni) un patrimonio complessivo di 571 miliardi, ossia quasi il 37% del Pil”. Verso la fine del rapporto si legge che un settore ritenuto utile è “in particolare l’approvvigionamento di acqua”. Un buon approccio alla questione potrebbe essere quello di sfruttare l'argomentazione delle “enormi perdite, fino al 30%, dell’acqua distribuita”. È strano, evidentemente nessuno ha comunicato alla Deutsche Bank e al signor Bräuninger che in Italia c'è stato un referendum di iniziativa popolare e che l'acqua è ora fuori dal mercato e su di essa non si possono fare profitti. Oppure si tratta di un errore di battitura. Ma forse l'errore è mio: nessuno ha comunicato agli italiani - e agli europei - che non vivono più in uno stato di diritto, tanto meno in uno stato democratico. LEGGI GLI ALTRI ARTICOLI SULLA CRISI GRECA

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