Comunità ed ecovillaggi, una mappa per vivere altrimenti

Si può "vivere altrimenti" in Italia e nel mondo? Condividere esistenze e istanze quotidiane? E se sì, in che modo? Ce lo racconta Manuel Olivares autore di Comuni, Comunità, Ecovillaggi, che da oltre 10 anni studia il fenomeno sul campo.

Comunità ed ecovillaggi, una mappa per vivere altrimenti
Comuni, comunità, ecovillaggi è il mio terzo libro sulle comunità cosiddette "intenzionali" - che, diversamente dalle comunità spontanee, nascono dall’intenzione di condividere, a diversi livelli, proprietà, progetti, stili di vita e denaro - ed ecosostenibili. Di conseguenza, condensa in sé diversi anni di scoperte, visite, esperienze e peripezie. Ho dunque pensato che il modo migliore per iniziare questo articolo fosse citare un mio altro testo: Barbon sì ma in casa propria, in cui ho inserito una sintesi succinta delle mie prime avventure comunitarie. Tutto iniziò circa 15 anni fa... "a pochi chilometri da Edimburgo: un posto di campagna, con vecchie case in pietra da ristrutturare ed una donna-folletto ed un ragazzo sordo che teneva tutti svegli, la notte, con la TV a mille nella roulotte. C’erano poi un ex musicista dell’Incredible string band […] un anziano disertore, un maniaco-macrobiotico ed un apostata della City che emanava effluvi di Patchouli. E poi c’eravamo noi, volontari dello SCI, a dare una mano alla baracca in cambio di vitto e alloggio […]. Fu il mio battesimo con il mondo delle comuni". L’esperienza a Gowanbank, il 'posto di campagna', lasciò in me un’impronta profonda. Posso quasi dire che ri-scoprii un modo di vivere che mi aveva, pur subliminalmente, sempre attirato, che in qualche modo mi apparteneva anche se mi si stava disvelando in quei frangenti. Diversa acqua passò sotto i ponti. Incontrai presto gli insegnamenti del maestro indiano Osho Rajneesh che mi portarono in India in quella che, nel 1998, ancora si chiamava la Osho Commune International. Leggendo i libri di Osho, mi soffermai sulla sua visione di un mondo nuovo, per l’uomo nuovo che stava tentando di formare. Un mondo senza più stati, sotto la supervisione di un unico governo mondiale, dove le persone non vivessero più nelle città ma in tante comuni, collegate da rapporti di mutuo aiuto. Una visione che sconfinava nell’utopia, che poteva quasi rappresentare una rivisitazione, in chiave moderna e 'spirituale', delle prospettive di Owen o di Fourier (probabilmente i due più celebri socialisti utopisti e teorici comunitari). Finita l’università, nel ’99, ebbi finalmente modo di visitare le comuni degli elfi, sull’Appennino Tosco-Emiliano — “con splendide chiacchiere davanti a fuochi perennemente accesi, musica-sempre-musica, gocce di pioggia dai tetti rabberciati ed il desiderio, quasi lacerante, di non tornare più indietro” — e fu quello un altro cruciale passaggio del mio interesse per il mondo comunitario. Iniziai a lavorare per una casa editrice radicale, Malatempora. Pubblicai, nel 2002, il mio primo libro: Vegetariani come, dove, perché. Nel 2003 uscì Comuni, comunità, ecovillaggi in Italia che avrei poi definito “una mappa per animi inquieti e per un tesoro proibito. Una chiave rubata, per disertare le multiformi galere del mondo!”. Per me era solo un inizio, una prima guida (che colmava una brutta lacuna, in Italia) del variegato mondo comunitario, di diversi tra coloro che avevano deciso di “vivere altrimenti”, mettendosi in gioco in una vita/visione di gruppo. Il libro ebbe un discreto successo, oggi è quasi introvabile. Ne seguì una collaborazione, piuttosto frustrante per la verità, con il mensile Terra Nuova. Visitai molte altre realtà comunitarie per scriverne articoli di presentazione o di approfondimento. Coltivavo l’ambizione di preparare presto una nuova guida, più completa ed aggiornata ma venivo regolarmente scoraggiato, smontato. Per fortuna la mia passione comunitaria non demordeva e dunque andavo avanti, come potevo, sino a quando, nel 2007, vide la luce, non senza difficoltà ed amarezze, il mio Comuni, comunità, ecovillaggi in Italia, in Europa, nel mondo (anche questo secondo titolo è oggi quasi introvabile) . Nel frattempo mi ero trasferito a vivere in India, avevo avuto un’esperienza di circa 2 mesi ad Auroville, considerata una delle più importanti esperienze comunitarie nel mondo. Dopo poco tempo dalla pubblicazione del secondo libro ebbi esperienze comunitarie anche in Thailandia e Sri Lanka. Trascorsi appena due anni, il testo era già da rifare, apparendomi inevitabilmente povero ed incompleto. Decisi dunque che valeva senz’altro la pena rimettermi al lavoro ma, questa volta, senza consentire a nessuno di svilire il mio entusiasmo e la mia operosità. Decisi dunque di fondare la mia casa editrice: Viverealtrimenti e di pubblicare in proprio. Nel 2010 vide dunque la luce il libro oggetto di questa presentazione. Comuni, comunità, ecovillaggi L’intento era quello di offrire una sintesi virtuosa dei due testi che lo avevano preceduto, oltre ad una presentazione aggiornata del mondo comunitario internazionale. Da Comuni, comunità, ecovillaggi in Italia ripresi, approfondendola, la panoramica storica, a partire dall’esperienza comunitaria degli esseni, dal secondo secolo avanti Cristo al primo secolo dell’era cristiana, attraversando i fermenti comunitari in ambito protestante, del socialismo utopistico, in ambito anarchico, controculturale e new-age fino ai moderni ecovillaggi, ovvero fino al momento in cui l’istanza ecologica, in ambito comunitario, date le tristi condizioni del nostro pianeta, è diventata predominante. Del secondo volume, Comuni, comunità, ecovillaggi in Italia in Europa, nel mondo, ho voluto riprendere lo sguardo internazionale, la maggiore attenzione a quanto accade, sempre in ambito comunitario, fuori del nostro paese. Il risultato è stato buono. Il libro, accanto ad un capitolo storico, offre una mappatura delle realtà comunitarie nel mondo, considerandole per continenti, non mancando di segnalare i riferimenti web necessari per quelle informazioni che, giocoforza, non riesce a fornire (è impossibile scrivere un libro completo sul fenomeno comunitario nel mondo; solo negli Stati Uniti ci sono circa 2000 comunità intenzionali ed ecovillaggi). Non mancano, del resto, riflessioni e considerazioni che si avvalgono di una formazione sociologica e di oltre 10 anni di studio ed esperienza sul campo. Pubblicato appena un anno e mezzo fa, il libro ha avuto, sino ad oggi, un ottimo riscontro. È distribuito da NDA e si trova esposto nei punti vendita di importanti comunità italiane (Damanhur, Il Forteto, Ananda, Lumen e ad Alcatraz dove sta prendendo forma un 'ecovillaggio solare'). Lineamenti per un nuovo, sfaccettato movimento transnazionale Immagino che a questo punto i lettori vorranno sapere qualcosa di più di questo 'mondo comunitario' cui si è fatto cenno in buona parte di quest’articolo. Vediamo di accontentarli. Come si può desumere da quanto già scritto, l’istanza di vivere in comunità intenzionali, che abbiano alla base chiari (di natura religiosa o spirituale, politico-utopica, sociale, economica ed ecologica) e non casuali intenti comuni, è piuttosto antica. Oggi, tuttavia, sembra proprio stia conoscendo una prudente fioritura, iniziando a fare capolino fuori dalla nicchia. Del resto, il ventunesimo secolo si sta rivelando un momento, oltre che particolarmente critico, di profonda disillusione collettiva. Nel secolarizzato Occidente non ci si infiamma più di fervore religioso ma nemmeno politico-utopico. Si tenta di sopravvivere, di non essere risucchiati dai gorghi del signoraggio, di un mercato che non ha più nulla della naturalezza delle origini. Non manca, in questo contesto, chi cede rovinosamente al pessimismo, chi pensa addirittura si debba rinunciare ai comforts, alla stessa complessità sociale raggiunta per ritornare ad un genuino stato di natura. L’attitudine filosofica è diventata ormai una risorsa rara, mancano dibattiti estesi su nuovi paradigmi, quelli che dovrebbero ispirare nuovi cambiamenti sociali. Ma in tutto questo, sempre più persone, pur silenziosamente, stanno sperimentando, in piccolo, modalità alternative di vivere. Per essere solidali nel bisogno, per essere meno dipendenti dal denaro, per fare una vita più umana e meno alienata, per riscoprire le semplici gioie del vivere naturale o per avere uno spazio in cui poter, liberamente, evolvere. Queste persone stanno trovando il modo di incontrarsi, di condividere percorsi esistenziali prima che beni materiali. Si stanno aggregando a qualcuna delle migliaia di comunità presenti sul pianeta (che possono contare da poche unità a poche migliaia di persone, per quanto si sia stabilito che la dimensione ottimale di una comunità oscilli tra le 50 e le 300 persone), come per creare l’intelaiatura di un mondo diverso. Volenti o nolenti queste persone, oggi, rappresentano, a mio parere, uno dei pochi movimenti significativi a livello internazionale. Un movimento ampio, eterogeneo, straordinariamente ricco, con forse un solo limite importante: una consapevolezza ancora insufficiente di se stesso. A livello internazionale esiste il GEN (Global Ecovillage Network) che, organizzativamente diviso per sezioni continentali, aggrega circa 13000 comunità ed ecovillaggi a livello planetario. In Italia esistono la RIVE (Rete Italiana Villaggi Ecologici) ed il CONACREIS (Coordinamento Nazionale dei Centri di Ricerca Etica Interiore e Spirituale) che, assieme alla Rete Bioregionale, aggregano buona parte delle esperienze comunitarie (ad esempio la Federazione di Comunità di Damanhur o la Confederazione dei Villaggi Elfici, per fare appena due esempi) nel paese. Negli Stati Uniti esiste una ricchissima rete di comunità intenzionali ed ecovillaggi che si esprime attraverso riviste (la più celebre delle quali è senz’altro Communities) ed il sito della Fellowship for Intentional Communities. Si potrebbe continuare a lungo ma credo sia sufficiente concludere questo articolo additando ancora il crescente mondo comunitario come una delle poche alternative concrete, realizzabili su piccola e su grande scala, ad alcune temibili degenerazioni del mondo ordinario. In questa prospettiva, non credo davvero le comunità intenzionali e gli ecovillaggi possano essere considerati solo un 'rifugio', piuttosto interessanti esperimenti sociali, laboratori di sperimentazione di diverse modalità organizzative, evolutive, pedagogiche, decisionali. Quel che credo sia importante è che nel mondo comunitario vengano contenute le tentazioni 'isolazioniste' (per questo credo siano molto importanti i networks comunitari) e che, all’estremo opposto, lo scetticismo di molti di coloro che si ritengono integrati nel mondo ordinario non abbia il sopravvento. Credo piuttosto sia importante mantenere alto il livello di comunicazione e di curiosità reciproca, di modo che, un giorno, auspicabilmente, possa essere accessibile a tutti la mappa per il 'tesoro proibito', la voglia, il senso di comunità e, dunque, la possibilità di sentirsi ovunque, nel villaggio globale, un po’ più a casa propria. Sarebbe solo un primo piccolo-grande risultato. 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