La violenza del Cile contro gli abitanti dell'Isola di Pasqua

La notizia dell'incendio nel carcere San Miguel, a Santiago, che ha provocato la morte di 83 detenuti ha fatto ieri il giro del mondo. Ma noi vi raccontiamo un'altra storia cilena. Quella accaduta solo qualche giorno prima sull’Isola di Pasqua, dove all'alba del 3 dicembre, la polizia del Cile ha attuato una violenta operazione di sgombero delle famiglie di indigeni che si erano riprese i propri territori ancestrali.

La violenza del Cile contro gli abitanti dell'Isola di Pasqua
Il Cile si tinge ancora del sangue dei popoli indigeni. Mentre la questione dei Mapuche è tutt’altro che conclusa, nell’Isola di Pasqua una retata della polizia ha lasciato uno strascico di sette detenuti, quattro minorenni feriti, vari adulti colpiti da pallottole di acciaio (le fotografie mostrano numerosi dimostranti con ferite drammatiche al centro della fronte) e un ferito grave che rischia di perdere un occhio. I fatti
All’alba del 3 dicembre le forze speciali presenti sull’isola hanno iniziato un’azione di sgombero di un terreno occupato dalla famiglia Tuko Tuki nel centro civico della città di Hanga Roa. Al momento dello sgombero Claudio Tuki Hito, leader della famiglia, ha mostrato ai 45 poliziotti armati una notifica fatta allo Stato cileno dalla Commissione interamericana per i diritti umani nella quale si accertava il loro diritto di abitare le loro terre ancestrali, prima occupate dagli uffici della Segreteria di giustizia. Il documento non è valso a respingere la carica dei militari. Con l’incalzare delle azioni di polizia ai danni della famiglia altri rapanui hanno tentato di rispondere alle violenze con pietre e bastoni nel tentativo di riappropriarsi del terreno. Molti sono stati i feriti gravi tra cui Leviante Araki, Presidente del Parlamento di Rapa Nui, sbattuto a terra e strangolato in barba alla sua carica istituzionale. La violenza si è poi spostata nelle strade lungo le quali le forze speciali hanno iniziato a bruciare tutte le bandiere di Rapa Nui seguendo la stessa identica dinamica attuata in settembre quando con le stesse modalità avevano sgomberato l’Hotel Hanga Roa. La portavoce della famiglia Hito, Marisol Hito, sostiene che l’operazione di sgombero e le violenze conseguenti siano direttamente commissionate dal Ministero degli Interni tenuto da Rodrigo Hinzpeter; cosa peraltro confermata dalle ripetute denunce che i rapanui hanno inoltrato alla Commissione per i diritti umani della Camera dei Deputati (il Presidente stesso, Hugo Gutierrez ha additato come “fatto gravissimo” quello che è successo sull’isola). Marisol Hito denuncia anche il fatto che gli istigatori delle violenze non possono essere altri che le imprese private e un gruppo di autorità locali guidate da Petero Edmunds Paoa, Daniel Platovsky e Alberto Hotus. Si tratta di faccendieri e impresari che agiscono con ogni mezzo per recuperare le loro quote di potere e portare avanti il processo di privatizzazione dell’Isola di Pasqua a loro proprio beneficio. Le violenze dalla strada si sono poi spostate nelle caserme dei carabinieri ed ai prigionieri è stata impedita la protezione giuridica, la possibilità di essere assistiti per la cura delle ferite e soprattutto gli è stato impedito di essere visitati dai parenti. Sull’Isola di Pasqua gli abitanti sono convinti di aver subito un massacro vero e proprio, con un dispiegamento di forze evidentemente sproporzionato in termini di uomini e mezzi. Questo, a parere del portavoce della famiglia Tuko Tuki, Muta Hey Tuki, ricade totalmente tra le responsabilità del governo cileno che non ha alcuna intenzione di risolvere la questione ricorrendo al dialogo con le famiglie, ma semplicemente ritenendo più sbrigative le pratiche violente. Ciò sembra aver deteriorato sensibilmente le già difficili relazioni tra Rapa Nui e il Cile che, non contento della mattanza, nella serata del 3 dicembre ha inviato sull’isola due aerei della FACH (Fuerza Aerea de Chile) con a bordo un centinaio di effettivi in tenuta antisommossa e armati di mitragliette. Un inasprimento che non ha fatto altro che alimentare il clima di angustia e tensione già presente sull’isola proprio alla vigilia della conclusione di un tavolo di lavoro in cui il Governo dovrebbe, entro gennaio, devolvere la terra ai rapanui. Quando alle calcagna dei potenti premono spregiudicati affaristi che ricorrono alla violenza per aprire a se stessi nuove occasioni di lucro, la conseguenza è un popolo vessato e privato dei propri diritti, soprattutto quello di vivere sulla terra che gli appartiene.

Lascia un commento


Per lasciare un commento, registrati o effettua il login.