Contro lo smartphone. Prima Parte. Antigienico

Condividiamo con i nostri lettori questa analisi di Cinzia Picchioni, pubblicata su Sereno Regis. Il "protagonista"? Lo smartphone, che ormai è nelle tasche e nelle mani di chiunque, perché sembra (ma solo sembra!) che non se ne possa più fare a meno.

Contro lo smartphone. Prima Parte. Antigienico

Condividiamo con i nostri lettori questa analisi di Cinzia Picchioni, pubblicata su Sereno Regis

«Riflessioni e citazioni scaturite dalla lettura del libro di Juan Carlos De Martin, Contro lo smartphone. Per una tecnologia più democratica (add editore, Torino 2023).

E poi non vai in bagno nei treni?
So di persone che per nulla al mondo userebbero i bagni dei treni (né di qualunque bar) e che piuttosto trattengono la pipì fino a farsi scoppiare la vescica. Sappiate – o voi «maniaci» dell’igiene – che uno smartphone raccoglie e veicola «livelli inquietanti di batteri […] multipli di quelli [trovati su] un sedile per wc» (p. 116). Ci volevano degli studi e delle analisi?

Io l’ho sempre pensato – anche durante la pandemia: goccioline di saliva, non lavarsi le mani, passarselo per parlare, avvicinarlo al viso, toccarlo continuamente, portarlo con noi in bagno e poi nel letto… si fa così con la macchina che probabilmente anche in questo momento avete in tasca o vicino al viso e alla bocca! Batteri, virus, microbi si diffondono proprio compiendo le operazioni necessarie al funzionamento del nostro (vostro) smartphone. Io non voglio nemmeno guardare le foto sullo smartphone che con tanta leggerezza tutti mi avvicinano alla faccia o mi lasciano toccare per far scorrere le immagini… Invece niente: appena ci sediamo al bar, al ristorante, al tavolo in casa di amici mettiamo – mettete – lo sporchissimo oggetto sulla tovaglia, vicino alla tazza e al piatto e alle posate che poi si portano alla bocca!

Per fortuna qualcuno scrive già da tempo cose come queste, in una rubrica intitolata Con gli altri: «I telefonini sono parte integrante della nostra vita […] E questo va regolamentato: al ristorante o a casa di altri, deve rimanere nella borsa o nella tasca della giacca e va silenziato, mai sulla tavola. […] Stessa regola in chiesa, a teatro, a scuola, al cinema e in ospedale. Inoltre, se invitati a guardare una foto, non si devono far scorrere le immagini […]», «LiberEtà» 2023.

Tutto questo, ora lo sappiamo, anche per ragioni igieniche. Lo smartphone è sporco e può veicolare malattie e contaminazioni da Escherichia coli [Emily Martin, Your cell phone is 10 times dirtier than a toilet seat, ihpi.umich.edu, 23 agosto 2017].

Non solo sporco, ma anche pericoloso
Lo smartphone usato alla guida, per qualunque operazione (telefonare, scegliere una musica, visitare un sito, mandare messaggi eccetera) accresce del 66% il rischio di incidenti (800 morti in un anno negli Stati Uniti, dati del 2019: nytimes.com).

Non bisognerebbe nemmeno camminare, mentre si usa il cellulare (lo ripeto da anni), perché aumenta significativamente, anche in quel caso, il rischio di cadere o infortunarsi. Sì, anche in casa!

Altro che green-washing! Mind-washing!
Da 40 anni usiamo i pc senza che un «grande fratello» decida cosa possiamo installare e cosa no. Perché non è possibile per lo smartphone? O meglio: perché crediamo che non sia possibile, se lo è stato – e lo è – per il personal computer? Ci hanno fatto il lavaggio del cervello?

Perché il libro
È: «[…] una rassegna di quello che stiamo iniziando a capire in merito alle conseguenze dello smartphone», p. 111 «uno sforzo di comprensione portato avanti da molte discipline accademiche come sociologia, psicologia, antropologia, pedagogia, scienze politiche, diritto, scienze dell’informazione, medicina […]», ivi.

Sottotitolo importantissimo
Non è un libro contro, anzi direi quasi che è per. Il sottotitolo «aggiusta» il tiro recitando: Per una tecnologia più democratica. Che bello trovare la parola «democratica» associata a «tecnologia»… vuol forse dire che lo smartphone non è tanto democratico? Che la tecnologia può – deve – essere resa più democratica? In effetti le mie proteste sono state di quel genere per anni: non sto dicendo di non usare il cellulare (come ho deciso di fare io), dico solo di lasciare la scelta di farlo. Forse il libro andava intitolato Contro la dittatura dello smartphone?

È antidemocratico dismettere le cabine telefoniche, per esempio.

Ed è antidemocratico non poter compiere certe operazioni se non si indica un numero di cellulare ma un numero di telefono fisso.

È antidemocratico e pure poco utile non poter fare delle donazioni. Io ho smesso di compiere molte operazioni solidali perché semplicemente il sistema non mi lasciava proseguire se non immettendo un numero di cellulare! E il numero fisso risulta «non valido»). Non ho potuto aderire a operazioni come «Puliamo le spiagge», pur continuando a farlo autonomamente e da ben prima che diventasse «di moda»… eccetera. Gli esempi sarebbero troppi. 

Segue: Contro lo smartphone. Seconda Parte. Antidemocratico

 

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