Contro lo smartphone. Seconda Parte. Antidemocratico

Condividiamo con i nostri lettori questa analisi di Cinzia Picchioni, pubblicata su Sereno Regis. Segue alla prima parte "Contro lo smartphone. Antigienico", che potete leggere sempre su Il Cambiamento.

Contro lo smartphone. Seconda Parte. Antidemocratico

Condividiamo con i nostri lettori questa analisi di Cinzia Picchioni, pubblicata su Sereno Regis.

«Riflessioni e citazioni scaturite dalla lettura del libro: Juan Carlos De Martin, Contro lo smartphone. Per una tecnologia più democratica, Add editore, Torino 2023, pp. 200, € 18,00

Meglio il pc
Non credevo di doverlo scrivere, ma è proprio così! Meglio il pc dello smartphone, se non altro per tenere ben separati i tempi di lavoro da quelli della vita: nei giorni lavorativi io spengo il pc (se lavoro a casa) verso le 18 e nel fine-settimana non lo accendo nemmeno, perché è uno strumento di lavoro e tale deve rimanere! Ricordate il galateo di una volta, quando non si telefonava a casa della gente se non in precisi giorni e orari? E il portalettere che tuttora non recapita la posta né di sabato né di domenica? Certo che se – invece – hai trasferito tutto sul telefonino… quante stupide telefonate ho ascoltato sulla spiaggia, in agosto: «No-no, non sono in ufficio, non so rispondere. Sono in vacanza…». Abbiamo – avete – abdicato all’intelligenza umana, avete rinunciato alla libertà… «ma è così comodo…», no? La risposta è sempre quella, rassegnata, da schiavi che accettano – e anzi alimentano – quella schiavitù. Che tristezza…

A proposito di schiavitù
Il libro compie un excursus piuttosto approfondito sulle libertà perdute – altroché acquisite! – con lo smartphone al posto del pc. Il capitolo è Chi controlla lo smartphone (da p. 129). Credete di essere voi a controllarlo? Credete che fornirlo a tutti sul pianeta libererà i popoli oppressi, o emarginati, o abitanti in zone «svantaggiate» o montane? Sbagliato. Le risposte giuste scorrono su oltre 40 pagine del libro, con lo scopo di spiegare chi controlla i sistemi operativi, chi ha accesso ai dati e ne gestisce i flussi, chi controlla persino i componenti dell’hardware. Parole come hackerabile, malware, sideloading diverranno familiari.

Lo smartphone, a differenza del pc, è tendenzialmente sempre connesso a internet e ha perso le 3 libertà fondamentali del pc:
.manipolare l’hardware
.cambiare il sistema operativo
.installare qualsiasi applicazione

La realtà è dunque questa
«Siamo sempre più obbligati a usare una macchina opaca e infedele, che crea dipendenza e problemi fisici e psicologici, capace di essere uno strumento di sorveglianza intrusivo e pervasivo. Avevamo il pc […] che permetteva al suo proprietario un controllo pressoché completo. Siamo ora […] allo smartphone […] discendente neo-liberista del pc […] su cui, però, il proprietario ha un controllo limitato, anzi, un personal computer che silenziosamente controlla, sorveglia, spia, manipola il suo proprietario», p. 170.

Il polmone d’acciaio
Che ricordi orribili a leggere queste 4 parole vero? Quelle sfortunate persone «attaccate a una macchina» per poter continuare a vivere… L’autore del libro non è un vecchio hippy squinternato – come qualcuno può dire di me, qualcuno che mi conosce e ha letto e legge ciò che scrivo.

L’autore è professore ordinario di ingegneria informatica al Politecnico di Torino (e qui candidato alla carica di Rettore); è associato all’Università di Harvard e membro del Consiglio scientifico della Treccani; è autore di oltre 150 pubblicazioni scientifiche; lo smartphone ce l’ha e lo usa.

Tuttavia, alla fine del suo libro, ci pone una domanda che definirei «morale», o «etica». Dopo aver descritto i difetti, i pericoli, il «contro» che è nel titolo, apprestandosi a consegnarci un Manifesto in 20 punti, affinché «Un altro smartphone sia possibile», chiede: «ci andrebbe bene che agli esseri umani venga richiesto di essere corredati di una macchina, qualunque essa sia, per poter lavorare, studiare, godere dei propri diritti, in una parola, per vivere?», p. 171.

Immaginando che la risposta di tutti sia «no», ma vedendo che tutti – o quasi – non si rendono conto che quella macchina «è, o rischia di essere, lo smartphone», l’autore ci dona un Intento, un Desiderio manifestato, un Manifesto, appunto, in 20 Voci che dall’ottava in avanti riguardano la macchina-smartphone e che sono tutte realizzabili dal punto di vista tecnico (quindi non romantiche utopie).

Il Manifesto
Scritto da chi lo smartphone lo usa, lo possiede e lo apprezza, il Manifesto che occupa le ultime pagine del libro mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo. Leggendolo – io che non uso, non possiedo e non apprezzo lo smartphone – ho imparato a non arrendermi, a non credere alla frase «non-se-ne-può-fare-a-meno», a non disperarmi quando incontro ostacoli che paiono insormontabili senza uno smartphone.

Negli ultimi capitoli si dichiara la necessità di lasciare le persone libere di utilizzare o non utilizzare lo smartphone «per rispetto della dignità umana, […] per aumentare la robustezza sistemica della nostra vita (che rischia di dipendere da una singola macchina anche per questioni di primaria importanza), riteniamo che sia importante assicurare alle persone la possibilità di svolgere qualsiasi attività anche in assenza di smartphone o di qualsiasi altro dispositivo [il corsivo è dell’Autore, NdR] deve […] essere sempre assicurata almeno un’alternativa […] Questa non necessità dello smartphone (o di qualsiasi altra macchina personale) deve diventare un diritto esplicitamente riconosciuto in tutte le interazioni con lo Stato e per tutte le attività essenziali svolte dalle persone anche in ambito privato», p. 172.

Qui la prima parte: "Contro lo smartphone. Antigienico"

 

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