La gioia, 'emozione-guida'

Come la luce che illumina la strada da percorrere, la gioia può diventare una 'emozione-guida'. C'è bisogno però di lasciarle lo spazio per esprimersi, dice Antonella Verdiani, che da questa puntata in poi ci spiega le fasi del processo pedagogico che conduce dalla gioia come emozione alla gioia come stato dell’essere.

La gioia, 'emozione-guida'
Che succede alla gioia in questo cammino? Possiamo chiedercelo arrivati a questo punto del nostro percorso sull'Educare alla Gioia. Come la luce che illumina la strada da percorrere, la gioia diventa una 'emozione-guida'. Sebbene effimera, l’emozione può aiutarci ad avanzare in questo processo educativo, a condizione tuttavia che le venga lasciato lo spazio necessario. In ciò risiede il primo compito dell’insegnante, dare spazio alle emozioni, un compito che potrà realizzare seguendo il filo della gioia in sé, riconoscendola tra le molteplici e multicolori espressioni del proprio capitale emotivo. Tuttavia, secondo la visione 'integrale' la gioia contiene anche la sofferenza: è "fondatrice", "autonoma", "paradossale", come afferma il filosofo Nicolas Go, capace di sorgere dal niente, anche nelle situazioni drammatiche. Di fatto: il gioioso non è essenzialmente l’esuberante né l’entusiasta, ma colui che non deroga alla gioia nella pena e nel dolore, compreso e soprattutto nel cuore stesso della barbarie. [1] Potremmo quindi adesso immaginare un percorso pedagogico ideale[2], che faccia della presenza della gioia–emozione il punto di partenza per arrivare alla gioia–stato dell’essere. Il momento centrale di questo processo è la relazione tra maestro e allievo - che, basata sul rispetto reciproco, si sviluppa in quattro fasi principali[3]: - Riconoscere - Risuonare - Rivelare - Risvegliare, risvegliarsi (la Gioia come consapevolezza) Nelle prossime puntate, analizzeremo una per una queste fasi. Intanto iniziamo a pensarle. Note 1. Nicolas Go, 'L’art de la joie. Essai sur la sagesse', Buchet Chastel, 2004. 2. Ciò che viene qui proposto può sembrare difficilmente realizzabile nelle classi sovrappopolate delle nostre scuole pubbliche perché si basa sulla creazione di una relazione quasi interpersonale tra maestro ed allievo. Tuttavia esso è un esempio di relazione possibile verso cui tendere, dato che si riferisce ad una postura, un approccio filosofico da adottare indipendentemente dal numero degli alunni. 3. Secondo le osservazioni della ricerca realizzata nelle classi d’Auroville dall’autrice stessa.

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