Lavorare troppo è un disturbo comportamentale?

Siamo abituati a pensare che chi lavora tanto sia una persona di sani principi e da ammirare. Si dice infatti “è un gran lavoratore” per indicare una persona di qualità, con grandi pregi, un bravo padre di famiglia (le madri in questo caso non vengono molto considerate anche se lavorano normalmente e complessivamente più di ogni bravo padre di famiglia). Ma...

Lavorare troppo è un disturbo comportamentale?

Spesso poi imprenditori o politici vari, per dimostrare che sono al servizio del paese o per giustificare le cifre spropositate che guadagnano, dicono di lavorare tantissimo. Così ci fanno partecipi di dichiarazioni in cui ci informano che lavorano 10, 12, 14, 15 ore al giorno fino ad arrivare ai livelli di follia conclamata delle 17 ore al giorno di Elon Musk di cui abbiamo parlato recentemente . E questi eroi della patria, ribadiscono che lavorano sette giorni su sette, altrimenti che lavoratori modello sarebbero? 

Ognuno è libero di fare come gli pare ma lavorare troppo è positivo come ce lo raccontano? Chi lavora tanto, quando ha tempo per gli altri o altro, al di fuori del lavoro? Ha una vita al di fuori del lavoro oppure no?

Considerando che magari si esagera nelle dichiarazioni e tenendoci su numeri “bassi”, immaginiamo che si lavori per 12 ore al giorno e, restando stretti, aggiungiamoci 3 ore per espletare alcune funzioni ineludibili quali mangiare, andare in bagno, lavarsi, farsi la barba, truccarsi, acconciarsi bene i capelli, vestirsi. Sapendo quanto è importante il look per le persone “importanti”, donne o uomini che siano, e visti gli abbigliamenti che vengono sfoggiati, la preparazione per il palcoscenico non può essere veloce e ha bisogno di attenzione e cura particolare.

In merito ai pasti, il lavoratore da Formula 1, fra colazione, pranzo e cena, probabilmente riuscirà a stare dentro a questi tempi, anche se, visto che in Italia mangiare è comunque importante, dubitiamo che si nutra di solo caffè, cibo liofilizzato e hamburger o pizza, il tutto da mangiare rigorosamente in piedi o correndo da una riunione all’altra, altrimenti non si sta nei tempi che abbiamo ipotizzato. Perciò, fra lavoro e funzioni ineludibili, fanno non meno di 15 ore e se si vuole dormire un minimo di sei o sette ore, vuol dire che non rimane praticamente tempo per stare con gli amici, il compagno o la compagna, i figli, i parenti o nella natura.

Quindi se questi aspetti non sono considerati o se lo sono solo spazi brevissimi all’interno della propria giornata, non si capisce per cosa si viva, se le cose più importanti non sono contemplate. Infatti a cosa serve lavorare e guadagnare così tanto se poi non si vive? Non molto tempo fa Cesare Romiti, ormai anziano ed ex megadirigente della Fiat  e di tante altre mega ditte, disse in una intervista che una cosa che gli dispiaceva è non aver visto crescere i figli e i nipoti proprio perché impegnato al lavoro dalla mattina presto fino alle undici o mezzanotte. Pronunciò delle parole agghiaccianti: ”Non mi ricordo nulla della nascita e crescita né dei figli, né dei nipoti, mi sono pentito di aver perso cose preziose”. E se queste esperienze non si vivono al momento, non è che poi si torna indietro nel tempo e le si rivive come un film registrato, le si sono perse per sempre. Nessun denaro, targhetta sulla porta, carriera, riconoscimento, grado sul petto, riporterà il prezioso che si è perso. E fino a quando non diventeremo interamente robot, vedere crescere i propri figli è una delle esperienze più belle che ci siano, incomparabile e impagabile con nessuna somma di denaro al mondo.

Guadagnare tanti soldi e lavorare come pazzi fa ritenere di essere migliori o superiori agli altri ma poi non si è migliori o superiori proprio a nessuno e alla fine si corre il concreto rischio un giorno in vecchiaia di chiedersi come s'è fatto a perdersi il meglio della vita, che non è certo rappresentato dai soldi e dal lavoro ma dalle relazioni con gli altri, gli amici, i propri cari e la natura. E infine se si va a verificare il lavoro che fanno tanti stakanovisti e producono solo danni, sarebbe veramente meglio che lavorassero di meno o cambiassero lavoro.

E’ interessante poi notare che queste persone che lavorano tantissimo hanno quattro cellulari per mano, sono iper tecnologici e, secondo i parametri odierni, con tutta questa tecnologia dovrebbe lavorare un paio di ore al giorno. Invece i super tecnologici sembrano smentire totalmente questa teoria e succede esattamente il contrario, più sei tecnologico e più lavori. Paragoniamo quindi ciò che fanno questi malati di lavoro con ciò che fa un contadino che segua i ritmi della natura e non quelli della chimica. Il contadino ha periodi in cui lavora tanto e altri in cui lavora meno. Non lavora 12 ore al giorno per tutto l’anno, sette giorni su sette.  Ci saranno giorni in cui lavorerà anche 12 ore al giorno ma altri in cui ne lavorerà sei o quattro o per niente, a seconda appunto delle stagioni e di quello che richiede la natura. Inoltre in un'ottica di ecovicinato in cui alcuni lavori si possono fare assieme agli altri e si condividono braccia, materiali, capacità, conoscenze, il lavoro complessivo diminuisce ancora di più.

Lavorare meno, meglio, possibilmente in collaborazione con altri, senza danneggiare il prossimo e la natura, questo è il vero paradigma del lavoro da applicare.

Una possibilità per intravedere cosa si vuole veramente dalla vita e per ottenere gli strumenti per prendere decisioni che possono portarci verso un cambiamento positivo?

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