Poligono di Quirra, un'indagine e un documentario abbattono il silenzio

Dopo anni di silenzio, in cui i casi di leucemie, cancri e deformità venivano attribuiti banalmente ai "rapporti fra consanguinei", l'indagine della procura sarda ha iniziato a far emergere verità agghiaccianti sul poligono militare di Quirra, che ha inquinato i territori circostanti con il torio, una sostanza ancor più radioattiva dell'uranio impoverito. Un documentario appena uscito contribuisce ad informare sulla vicenda.

Poligono di Quirra, un'indagine e un documentario abbattono il silenzio
Si inizia ad intravedere la luce, dopo tanti anni, a Perdasdefogu, piccolo comune sardo della provincia dell'Ogliastra che ha la sfortuna di ospitare il Poligono Sperimentale di Addestramento Interforze del Salto di Quirra. Merito dell’inchiesta della magistratura sarda e di un documentario da poco uscito presentato al Festival di Berlino, che hanno rotto un muro di silenzio durato anni, costato agli abitanti della zona oltre cento morti. L’indagine sul poligono di Quirra, condotta da Domenico Fiordalisi, capo della procura di Lanusei, è scattata all’inizio del 2011 in seguito alle numerose segnalazioni riguardo alla nascita di bestiame deforme nei pascoli attorno alla zona militare e al numero crescente di morti sospette per leucemie e linfomi di Hodgkin (malattia anche nota come Sindrome del Golfo) riscontrato sia fra i militari operativi nella base, sia fra i pastori che usufruivano dei pascoli adiacenti. Le Asl di Cagliari e Lanusei rivelarono allora che il 65% degli allevatori di Quirra era ammalato di leucemia e si riscontravano numerose malformazioni. Colpa, sostennero allora le Asl, dell’uranio impoverito utilizzato dai militari nelle esercitazioni. Partì allora una vera e propria guerra d’informazione fra chi cercava di far emergere la verità e chi aveva interessi nel soffocarla. I vertici militari dell’area e le autorità locali falsificarono perizie e sostennero che quei morti di cancro o quei nati con deformazioni fisiche erano il frutto di "rapporti tra consanguinei". Ma non era così, e la verità era vicina ad emergere. La svolta delle indagini avvenne nel settembre 2011, quando furono esaminati i corpi di 167 vittime considerate “morti sospette”: pastori, soldati, cercatori di funghi ed asparagi che si recavano abitualmente nell’area adiacente al poligono. All’interno delle ossa di un centinaio di essi trovato del torio 232, materiale ancor più radioattivo dell’uranio impoverito di cui si sospattava inizialmente. D’altronde nella zona (in cui pascolavano oltre 15mila fra pecore e mucche) erano stati sparati 1.200 missili Milan e altre migliaia di bombe fra il 1998 ed il 2010. Molte di esse contenenti appunto il torio. L’indagine ha anche fatto emergere l’esistenza di una enorme discarica di sostanze tossiche e svariati residuati bellici provenienti dagli arsenali dell'Italia intera, e probabilmente anche dall’estero visto che il poligono è utilizzato come centro di addestramento anche da molti eserciti stranieri. Così, sull’onda delle proteste e delle indagini, nel maggio 2012 una commissione d’inchiesta del Senato ha approvato la relazione redatta da Gian Piero Scanu sulla riconversione di Perdasdefogu-Salto di Quirra in polo di ricerca (assieme alla chiusura dei poligoni di Capo Teulada e Capo Frasca). Fra pochi mesi, il 17 luglio 2013, si terrà l’udienza definitiva del processo nel quale rischiano il carcere 20 persone. Sette di esse, ed è una notizia senza precedenti, sono generali dell’Aeronautica militare(di cui sei ex comandanti del poligono). Oltre ad essi due colonnelli, un maggiore, un tenente, alcuni medici, tecnici e ricercatori di società private e dell'Istituto di Scienze ambientali Sarfatti dell'università di Siena e il sindaco di Perdasdefogu. I reati ad essi imputati sono di "omissione dolosa aggravata di cautele contro infortuni e disastri" e falso ideologico per aver tenuto nascosta l’entità del disastro ambientale e sanitario causato dall’area militare. A stracciare anche gli ultimi drappi di oscurità sull’intera vicenda è arrivato infine un documentario di Massimo D’Anolfi e Marina Parenti presentato in anteprima mondiale all’ultimo Festival di Berlino. Qui sotto il trailer.

Commenti

mmmmmmmmmmh, bene quello che sta venendo fuori. ma occhio al procuratore. a memoria di 'storici' calabresi, egli non portò a compimento nessuna delle inchieste ambientali a lui assegnate, anzi... la più grande è la jolly rosso. l'inchiesta 'falimento' è l'arresto dei "noglobal" a cosenza sui fatti di genova e napoli.
ciccio, 03-04-2013 04:03

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