Transizione, decrescita e politica nelle campagne elettorali (Seconda parte)

Impoverimento delle risorse, cambiamento climatico, globalizzazione, fine della crescita economica, benessere e prosperità. Per ognuna di queste cinque sfide, cercheremo di riassumere quali sono le risposte principali in corso di elaborazione dal Movimento della Transizione/Decrescita.

Transizione, decrescita e politica nelle campagne elettorali (Seconda parte)
Questo articolo, che pubblichiamo in tre puntate, è tratto da 'Breve guida per i confronti elettorali di Transizione', 'A Draft Guide for Holding Transition Hustings' by Rob Hopkins, Peter Lipman, Ciaran Mundy Jules Peck, Alexis Rowell e Shaun Chamberlin (Transition Network 2010). La traduzione in italiano è di Erica Giuliani. La revisione e l' adattamento sono a cura di Dario Tamburrano. Parte I: strategie di confronto elettorale Parte II: quanto sono resilienti i vostri candidati politici? Cosa intendiamo per resilienza? Il movimento di Transizione/Decrescita ha l'obiettivo di rendere le comunità e le economie più resilienti, ma resilienti nei confronti di che cosa? Si possono elencare cinque sfide che richiedono un'attenta e razionale pianificazione al fine di aumentare la resilienza, intesa qui come la capacità di resistere a traumi provenienti dall'esterno. Per ognuna di queste cinque problematiche, cercheremo di riassumere quali sono le risposte principali in corso di elaborazione dal Movimento della Transizione/Decrescita. 1. Impoverimento delle risorse L'imminente picco della produzione convenzionale di petrolio è soltanto uno dei molti picchi di produzione analoghi. Ad esempio anche il fosforo, un componente essenziale dei fertilizzanti chimici, è vicino al suo picco produttivo. Il picco del petrolio renderà i prezzi del greggio estremamente instabili, cosa che, come ha dimostrato l'impennata dei prezzi nel 2008 (quando si sono raggiunti i 147$ al barile), avrà un impatto profondo sulla nostra economia che dal petrolio dipende. Stiamo passando da una fase nella quale il nostro successo economico e la nostra capacità personale sono direttamente legate a quanto petrolio consumiamo, ad una fase in cui questa nostra dipendenza si rivelerà essere di vulnerabilità cruciale. Resilienza pratica: le Iniziative di Transizione/Decrescita riconoscono che la riduzione delle emissioni di carbonio è necessaria, ma non sufficiente, e che è altrettanto prioritario costruire resilienza. Abbiamo bisogno di progettare e implementare sistemi che siano il più indipendenti possibile dai combustibili fossili, che non si basino su risorse minerarie limitate e che non attingano alle riserve naturali in maniera insostenibile. 2. Cambiamento climatico Probabilmente, la cosa più utile che è emersa del fallimento di Copenaghen è stata l'aver dimostrato chiaramente che non possiamo e non dobbiamo aspettare che i nostri governi facciano ciò che è necessario fare. Gli allagamenti, le siccità, gli eventi climatici estremi si vanno incrementando in tutto il mondo, i ghiacciai e le calotte polari si stanno fondendo più velocemente di quanto gli scienziati avessero previsto. La concentrazione attuale di CO2 nell'atmosfera è di 388 parti per milione (ppm) e aumenta di 2 ppm l'anno. Molti scienziati sono ora dell'opinione che è necessario tornare al di sotto di 350 ppm se vogliamo invertire la rotta del cambiamento climatico. Resilienza pratica: le Iniziative di Transizione/Decrescita affrontano la riduzione di anidride carbonica in tutti i suoi aspetti: non soltanto concentrandosi sull'energia, ma anche sul cibo, l'edilizia, l'istruzione, le cure sanitarie e così via, coinvolgendo la gente in questo processo con un approccio positivo e creativo. 3. Globalizzazione economica L'economia globalizzata, e l'impressionante aumento delle miglia percorse non solo dal cibo, ma da “virtualmente-qualunque-cosa-consumiamo-oggi”, sono possibili solamente grazie ai combustibili fossili a buon mercato. Senza di essi, gran parte di ciò che diamo per scontato non è più fattibile. Contemporaneamente, abbiamo sabotato e svalutato i sistemi di produzione e manifattura alimentare locale, che altrimenti ci avrebbero dato sostentamento. Il petrolio a basso prezzo e il libero mercato consentono alle multinazionali di stabilirsi ovunque il costo di produzione sia più basso, e gli investimenti globali seguono a ruota. Resilienza pratica: per le Iniziative di Transizione/Decrescita, costruire resilienza è un progetto guidato dalla comunità, incentrato sulla ricostruzione delle reti sociali e delle economie locali, sulla riappropriazione delle competenze e sul ripristino di altri sistemi vitali. In questo modo, le comunità sono in grado di autoorganizzarsi e di abbracciare l'”attivismo ottimista”. Questo processo di rilocalizzazione intenzionale non serve ad innalzare barriere, piuttosto a costruire dei salvavita all'interno della nostra economia, per rendere le comunità più resistenti, competenti, adattabili e resilienti. 4. La fine della crescita economica Il crescente malessere, non solo economico, contemporaneo è solo il sintomo di un problema sistemico ben più ampio che si identifica con il fallimento della crescita economica. Non si può crescere all'infinito su un pianeta limitato. Dal momento che il concetto di crescita illimitata è sia fisicamente impraticabile, oltre che ecologicamente disastroso, ripensare a quello che intendiamo per “prosperità” è un passaggio essenziale, e ci porterà a rivedere la stessa impostazione delle nostre economie. Resilienza pratica: le iniziative di Transizione/Decrescita progettano delle strategie per consentire alle economie locali di rafforzarsi, riducendo la dipendenza da risorse esterne limitate, e facendo circolare a livello locale il maggior numero di prodotti e servizi, ad esempio attraverso aziende energetiche locali, banche del tempo e valute locali. 5. Benessere e prosperità Fino a poco tempo fa, si poteva tracciare un grafico che mostrasse come la crescita economica avesse portato alla prosperità economica. Tuttavia, a quel grafico se ne sovrappongono altrettanti che mostrano l'aumento dell'indebitamento, dei giorni di lavoro persi per motivi di stress, del crimine e di altri trend poco desiderabili. La disponibilità di beni di consumo ci rende felici fino a un certo punto: dagli anni Sessanta, nonostante la ricchezza sia aumentata, non siamo diventati una società più felice. Questo è un riscontro costante in tutte le società industrializzate, se si escludono alcuni paesi come la Danimarca, in cui la distribuzione del reddito è molto più uniforme, i livelli di scolarizzazione sono più alti, il corpus sociale solido ed il sistema dei servizi sociali di alto livello. Recentemente Lord Turner, a capo della Commissione per il Cambiamento Climatico, ha affermato che “tutte le evidenze mostrano che, al di là dello standard di vita che la Gran Bretagna ha raggiunto, un'ulteriore crescita non si tradurrebbe automaticamente in maggior benessere e felicità”. Resilienza pratica: le iniziative di Transizione/Decrescita sostengono che vivere nel rispetto dei limiti energetici del pianeta non significa necessariamente vivere in miseria e nell'insoddisfazione. Infatti, lavorando ad un progetto che è divertente, creativo, giocoso, condiviso e positivo, sono in molti ad avvertire che la propria vita quotidiana si è arricchita. I partecipanti al Movimento di Transizione/Decrescita usano il termine “prosperità” per descrivere la situazione in cui le persone realizzano il loro potenziale di esseri umani, e farlo li rende felici. Non è un obiettivo per il futuro: è già adesso alla nostra portata. (Continua...)

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