Trivellazioni petrolifere: quale futuro per l'Appennino meridionale?

In particolare in Campania, è sempre più forte l'interesse delle compagnie petrolifere alla trivellazione dell'Appennino meridionale, preziosa riserva d'acqua e biodiversità. Intanto in Val d’Agri, in Basilicata, ci si interroga sui rischi di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee dovuti alle attività petrolifere.

Trivellazioni petrolifere: quale futuro per l'Appennino meridionale?
È sempre più forte, in particolare in Campania, l'interesse delle compagnie petrolifere alla trivellazione dell'Appennino meridionale. Si moltiplicano infatti - partendo dalla provincia di Potenza, passando per il Cilento, il Vallo di Diano, i Picentini, l'Alta Irpinia, il Sannio, fino al Molise e oltre - i permessi di ricerca concessi dal Ministero dello Sviluppo Economico e sottoposti alle richieste di valutazione ambientale regionali. Nel frattempo in Val d’Agri, in Basilicata, ci si interroga sui rischi di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee dovuti alle attività petrolifere. Il 19 gennaio, presso l’Hotel dell’Arpa di Viggiano si terrà il Convegno scientifico “Tutela del Territorio, tra petrolio, acqua e sismicità” [1], con il patrocinio del Comune di Viggiano, promosso dall’Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE) ed organizzato da Albina Colella e Giampiero D’Ecclesiis. Interverranno Massimo Civita, Ordinario di Idrogeologia Applicata del Politecnico di Torino, tra i più accreditati esperti in Italia e nel mondo nel campo della Idrogeologia Applicata; Franco Ortolani, Ordinario di Geologia presso l’Università Federico II; Raffaele Romagnoli, Associato di Petroleum Engineering presso il Politecnico di Torino, con un punto di vista autorevole e indipendente sulle attività di coltivazione dei giacimenti; Ferdinando Laghi, vicepresidente dell’Associazione Medici per l’Ambiente e, infine, gli organizzatori Albina Colella, Ordinario di Geologia dell’Università della Basilicata e Giampiero d’Ecclesiis, idrogeologo lucano di riconosciuta esperienza. Nel pomeriggio, dopo gli interventi di alcune associazioni ambientaliste, si svolgerà una Tavola Rotonda sulle georisorse moderata dal prof. Romualdo Coviello, responsabile dello Sportello per lo Sviluppo del Comune di Viggiano, con interventi dell'Eni e di enti, politici e istituzioni oltre ai relatori del convegno. Nel frattempo si susseguono i permessi di ricerca in zone spesso di enorme pregio naturalistico. Il permesso di ricerca “Monte Cavallo” interessa la provincia di Potenza con 51 kmq e la provincia di Salerno con 161 kmq. Un territorio in parte ricadente nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, inserito nella rete delle Riserve del MAB (Man and biosphere) dell’Unesco. “Santa Croce”, della Sviluppo Risorse Naturali, copre un'area di 756,50 mkq in due regioni, tra cui Molise (Campobasso) e Campania (Benevento). “Case Capozzi”, della Delty energy compagnia inglese, interessa 424 kmq con 18 comuni nel beneventano (262 kmq), tra cui lo stesso capoluogo, e 4 in Irpinia (162 kmq). “Pietra Spaccata”, sempre della Delta Energy riguarda 18 comuni del Sannio per una superficie complessiva di 333 kmq. Infine vi è il “Progetto Nusco”, della COGEID in joint venture con l'Italmin Exploration, relativo a 45 comuni in provincia di Avellino e un comune nel Sannio in un'area di 698 kmq. Qui si attende il parere del Settore Tutela Ambiente della Regione Campania - che ha dato di recente il via libera alle prime fasi di ricerca per i permessi Case Capozzi e Pietra Spaccata - per la trivellazione del primo pozzo di esplorazione a Gesualdo. C'è, probabilmente, un giacimento di idrocarburi sotto le falde acquifere più importanti e imponenti del meridione. Un'area densa di Siti di Interesse Comunitario e Zone di Protezione Speciale, sede di importantissimi Parchi nazionali e regionali nelle aree naturalistiche più pregiate delle zone interne della Campania, veri e propri polmoni verdi, le ultime aree incontaminate ricche di sorgenti, fiumi, invasi di grande importanza come la Diga di Conza da cui l'Acquedotto Pugliese potabilizza 1000 litri al secondo. Senza contare il solo Massiccio carbonatico del Terminio Cervialto in Irpinia che fornisce più di 15.000 litri di acqua al secondo ad oltre 5 milioni di persone. Le trivelle a Gesualdo a febbraio? Il comune di Gesualdo, dove di recente è nato il Comitato no Trivellazioni in Alta Irpinia, già molto attivo e presente sul territorio, è baricentrico rispetto all'area interessata dalle ricerche. “Per il progetto Nusco - dichiara Eduard Natale referente del primo Comitato No petrolio in Alta Irpinia nato a giugno 2012 e che parteciperà al Convegno di Viggiano - la Regione deve pronunciarsi entro 90 giorni a partire dal 19 novembre, il termine ultimo che abbiamo avuto per presentare le osservazioni alla richiesta di Cogeid e Italmin. A febbraio, quindi, ne sapremo di più. Grazie all'aiuto del geologo Giuseppe Liotti, abbiamo definito alcune delle problematiche che possono sorgere dal punto di vista tecnico e che non vengono adeguatamente analizzate nel progetto di ricerca. In primis il pozzo esplorativo “Gesualdo-1”, sorge in un'area caratterizzata dalla presenza delle mefiti delle contigue terme di Villamaina. La mescolanza di gas formati con acque più superficiali crea le mefiti e gli elementi chimici di provenienza subcrostale che salgono in superficie sono il segno evidente delle fratture nel sottosuolo. In fase di trivellazione la possibilità di intercettare questi percorsi sotterranei può creare danni notevoli alla qualità dell'acqua termale. C'è inoltre una complessità nelle risposte del suolo alle vibrazioni sismiche che non consente di valutare adeguatamente gli effetti di una trivellazione per i differenti comportamenti dei terreni alle vibrazioni sismiche, basti pensare al fenomeno della liquefazione nella Piana del Dragone a Volturara nel sisma del 1980. Infine, vanno valutate le possibilità di rottura della tubazione che potrebbe avere effetti superficiali, legati alle risalite degli idrocarburi, non immediati ma ritardati nel tempo”. Il 24 gennaio a Torella convocati dal primo cittadino Lodise, dal sindaco di Nusco e in coordinamento con la Provincia di Avellino, con la partecipazione del Comitato e l'intervento di Franco Ortolani, si riuniranno i sindaci che firmeranno il documento per deliberare contro le trivellazioni. Finora hanno deliberato contro le esplorazioni petrolifere solo 6 comuni. La situazione in Val D'Agri In che modo le attività di esplorazione petrolifera possono inquinare le falde acquifere? “Per arrivare ai giacimenti petroliferi - afferma Albina Colella - le falde acquifere vengono attraversate dalle trivellazioni, visto che sono in genere a profondità inferiori rispetto ai giacimenti. La perforazione dei pozzi petroliferi procede contemporaneamente all’incamiciatura del foro con pareti di acciaio e cemento iniettato, in modo da superare gli strati acquiferi ed evitare che i fluidi di trivellazione ed estrazione risalgano all’esterno dell’incamiciatura e si diffondano nelle rocce permeabili che possono costituire le pareti del pozzo e che contengono acque in movimento (falde), così degradandone la qualità. Esistono, per l’attività di perforazione e le successive attività estrattive, regole internazionali e codici di buona pratica sanciti dalle diverse leggi nazionali e dall’OGP (Oil and Gas Producers), l’Associazione che riunisce i grandi produttori (ad esempio Shell, Exxon Mobil, BP, ENI). Se tali regole vengono, troppo spesso, aggirate o trascurate è per ragioni di interesse commerciale e per guadagnare tempo riferito all’impiego di complessi di attrezzature e sistemi operativi che, soprattutto per le operazioni in mare, hanno costi gestionali di diverse centinaia di migliaia di dollari al giorno. Le regole esistono ed il loro aggiramento può nascere solo da incompetenza tecnica o da interesse commerciale riferito al parametro costi-tempo. Basti pensare al relativamente recente incidente del giacimento di Facondo, nel Golfo del Messico, che ha provocato una ondata di inquinamento costiero non ancora completamente risolta. Le irregolarità operative e le omissioni di procedure pur codificate nel mondo sono, ad esempio: a) difetti di impermeabilizzazione dei pozzi, b) non corretto impiego dei fanghi di perforazione che contengono bentonite e aggiuntivamente barite ed ematite ed hanno la funzione di lubrificare il movimento di aste e scalpello rotary e di intonacare le pareti profonde del pozzo, c) fessurazioni nelle camicie dei pozzi e d) eventuali sversamenti da pozzi e invasi dovuti a fenomeni meteorologici avversi. L’inquinamento delle acque superficiali e dei suoli può essere dovuto anche alla grande quantità di acque di produzione, cioè acque che coesistono con l’olio e il gas nel giacimento petrolifero, lì dove queste sono portate in superficie e non reiniettate in rocce adeguate nel sottosuolo. Si parla di grandi quantità, che a volte possono raggiungere rapporti acqua prodotta/olio anche superiori a 9, e queste acque, dunque, rappresentano la principale sostanza di scarto della trivellazione petrolifera. Le acque possono essere saline o contaminate da fluidi di perforazione, e quindi non utilizzabili per usi civili. Hanno grandi costi di smaltimento, che può avvenire in superficie, in mare, sul deserto, oppure con reiniezione nello stesso giacimento di provenienza. Le acque di produzione possono contenere alte concentrazioni di idrocarburi, IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici), cloruro di sodio, sali di ferro, sali insolubili (carbonato e solfato di calcio), metalli come manganese, ferro, bario, arsenico, piombo, cadmio, antimonio, zinco, poi lo zolfo e residui del decadimento delle sostanze radioattive naturali presenti nelle rocce della formazione ed altri scarti residui che rimangono dopo la separazione dell’olio e del gas naturale. Si tratta di elementi tossici per le specie viventi a causa della caratteristica del bioaccumulo negli organismi viventi di molti di questi. Gli scarti della trivellazione petrolifera includono, tra gli altri, anche fluidi idraulici, oli usati, sversamenti di carburante, frammenti delle rocce del sottosuolo trivellate, solventi, pitture, solidi sospesi e disciolti, additivi di fanghi di trivellazione come il bario e il cromato. Questi scarti petroliferi tossici, se non gestiti adeguatamente, possono essere rilasciati nell’ambiente causando grave inquinamento”. Ma quali sono i danni ambientali riscontrati in Val D'Agri in questi anni? “La Val D’Agri - dichiara Colella - è un’area di interesse nazionale per la sua alta vulnerabilità ambientale. In un'area popolata e con attività agricole di pregio coesistono uno dei più grandi giacimenti di idrocarburi d’Europa, un'area tra le più ricche di acque sotterranee e superficiali e tra quelle a più alta pericolosità sismica d’Italia e aree naturalistiche protette dall’Unione Europea, come il Lago del Pertusillo e il Parco Nazionale dell’Appennino lucano. Gli episodi di inquinamento, di aria, acqua, suolo e prodotti agricoli compatibili con l’attività petrolifera sono numerosi. Nell’invaso artificiale del Pertusillo, che fornisce acqua ad uso umano alla Puglia e alla Basilicata, ed è nei pressi del centro Oli di Viggiano e di pozzi di trivellazione petrolifera e di reiniezione, sono state trovate nelle acque e nei sedimenti concentrazioni di idrocarburi e di metalli pesanti superiori a i limiti di legge. A fronte di un limite di legge per gli idrocarburi di 0,1 microgrammi/litro nelle acque potabili (D.Lgs. 31/2001) e di 200 microgrammi/litro nelle acque di classe A2 (come quelle del Pertusillo), nelle acque dell’invaso sono stati trovati fino a 6.458 microgrammi/litro di idrocarburi. Stesse anomalie per alcuni metalli pesanti, come il bario e il manganese (e ferro e alluminio), eccedenti i limiti previsti dalla legge. Le analisi dei sedimenti hanno confermato le stesse anomalie delle acque con concentrazioni però superiori. Nei sedimenti del Pertusillo sono stati trovati fino a 559 milligrammi/chilo di idrocarburi, mentre il limite di legge di riferimento è 60 milligrammi/chilo; fino a 53,9 milligrammi/chilo di bario; fino a 241 milligrammi /chilo di manganese. Nel 2012 sono stati identificati lungo i margini dell’invaso del Pertusillo e campionati anche liquami rossi contenenti alte concentrazioni di idrocarburi, bario, manganese, ferro, vanadio, boro e altri metalli pesanti, che fuoriuscivano dal sottosuolo, e cioè da microfalde ubicate lungo le sponde di piccoli fossi, poco a valle di pozzi petroliferi e del pozzo di reiniezione Costa Molina 2D. Si noti che nel novembre 2012 anche l’Acquedotto Pugliese ha trovato idrocarburi e bario nelle acque potabilizzate dell’invaso del Pertusillo. Nel 2011 l’ARPAB ha individuato la presenza di alte concentrazioni di elementi tossici e cancerogeni, come il benzene e il toluene, nelle acque sotterranee intorno al Centro Olio ENI di Viggiano”. Addirittura una pubblicazione scientifica internazionale ha documentato la presenza di idrocarburi nel miele della Val d’Agri. L’inquinamento sarebbe entrato nella stessa catena alimentare. Per quanto riguarda, invece, lo sviluppo economico della Val D'Agri, in questi anni non solo non ci sono impatti significativi, ma si continua ad emigrare e a chiudere imprese, come lamentano gli otto sindaci lucani che hanno di recente presentato le dimissioni protestando contro una situazione oramai insostenibile. 1. Il video del Convegno scientifico “Tutela del Territorio, tra petrolio, acqua e sismicità”

Commenti

Segnalo che per il progetto della Delta Energy denominato "Case Capozzi" localizzato tra Sannio e Irpinia, è stato pubblicato sul Burc del 14 gennaio scorso l'avviso di deposito della documentazione tendente ad ottenere il via libera dalle autorità regionali di valutazione ambientale campana. Gli enti interessati hanno dunque 45 giorni di tempo per presentare le proprie osservazioni alla Regione Campania. Ancora quindi non è stato dato parere favorevole come erronemamente indicato nell'articolo.
Peppe, 17-01-2013 03:17
Ringrazio Peppe per aver corretto la mia svista. In effetti ho assimilato i due permessi nella locuzione "che ha dato di recente il via libera alle prime fasi di ricerca per i permessi Case Capozzi e Pietra Spaccata", non distinguendo correttamente Case Capozzi a Pietra Spaccata - tutti e due della delta Energy. Per Pietra Spaccata la regione ha già concesso il via libera alla prima fase come si evince dal burc che metto in allegato e invito cortesemente la redazione a modificare la mia omissione, se possibile, eliminando Case Capozzi dall'inciso riportato. Per Case Capozzi c'è il burc in Allegato 2. Grazie Ne approfitto, inoltre, per segnalare i risultati del Convegno a Viggiano nel quale ci sono state importanti conclusioni come documentato da questo servizio di una web tv della Basilicata La sirtitide http://www.lasiritide.it/flash.php?number=1718 Allegato 1 Pietra Spaccata http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=5&ved=0CEkQFjAE&url=http%3A%2F%2Fburc.regione.campania.it%2FeBurcWeb%2FdirectServlet%3FDOCUMENT_ID%3D00048037%26ATTACH_ID%3D63167&ei=ei79UJTDOtHMsgaypYHoCg&usg=AFQjCNH8J_SKNcWUgFbXDJM69srmCZ47eg&sig2=XrkW8r-Ywiayc-zMmGb7tQ&bvm=bv.41248874,d.Yms Allegato 2 Case Capozzi http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=2&ved=0CDoQFjAB&url=http%3A%2F%2Fburc.regione.campania.it%2FeBurcWeb%2FdirectServlet%3FDOCUMENT_ID%3D48708%26ATTACH_ID%3D64111&ei=bzD9UKbzD-mD4ATXx4HABw&usg=AFQjCNF3DkgUU6etTnEjCqEv5lNL7634Sg&sig2=09Gq5wXZUoKaocFXC3LORg&bvm=bv.41248874,d.bGE
Virginiano, 21-01-2013 01:21

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